Proprietà letteraria riservata
(c) 2009 RCS Libri S. p.A., Milano
ISBN 978-88-17-03230-8
Prima edizione: luglio 2009
www. rizzoli. eu
In copertina: fotografia Le Mont Saint Michel
(c) nagelestock. com Alamy;
fotografia dell'autore (c) Basso Cannarsa;
progetto grafico di Mucca Design.
Federico Moccia. Fin da giovanissimo ama molto leggere e si ripromette di scrivere un romanzo prima dei trent'anni. Ci riesce: è il 1992 e Tre metri sopra il cielo, prima rifiutato e poi pubblicato da un piccolo editore, sarà il caso editoriale del 2004. Nel 2006 pubblica il seguito, Ho voglia di te, e diventano due film evento che lanciano la moda del "lucchetto" Nel 2007 esce il libro Scusa ma ti chiamo amore, un successo clamoroso che poi diventa film campione d'incassi del 2008 diretto da Federico, con Raoul Bova e Michela Quattro- ciocche. È del 2008 Amore 14. I suoi libri sono tradotti in oltre quindici Paesi.
Ai miei amici. Sposati e non.
E a tutti quelli che ci stanno pensando.
La Corte Costituzionale riconosce illegittimo l'art. 559 del Codice penale, che prevedeva fino a un anno di reclusione per la moglie adultera ma non la stessa pena per il marito infedele.
Italia. 1968.
"È meglio essere infelicemente innamorati che essere infelicemente sposati. Alcuni fortunati riescono in tutte e due le faccende."
Guy de Maupassant
Sempre più coppie nel Sud degli Stati Uniti optano per la polizza matrimoniale, che garantisce il rimborso delle spese di allestimento e del rinfresco nel caso in cui uno dei due sposi non si presenti all'altare.
U.S.A.
Ti sposerò perché
mi sai comprendere
e nessuno lo sa fare come te
ti sposerò perché
ti piace ridere
e sei mezza matta proprio come me
ti sposerò perciò
ci puoi scommettere
quando un giorno quando io ti troverò
Eros Ramazzotti, Ti sposerò perché
Uno
"Ti amo."
Vorrebbe quasi pronunciarlo in silenzio, sussurrandolo. Invece Alex semplicemente sorride e la guarda. Dorme così, tra le lenzuola, abbandonata. Dolce, morbida, sensuale, con la bocca leggermente imbronciata, con quelle labbra dischiuse che sanno ancora d'amore. Il loro amore. Il loro grande amore. Si ferma, si irrigidisce. Un dubbio. Niki, ma ti è mai piaciuto qualcun altro? Alex rimane in silenzio perfino con i suoi pensieri, immobile, si allontana un po'"come a mettere più a fuoco. Sorride. Ma no, non è possibile. Ma cosa sto dicendo? A Niki piace un altro… È impossibile. Poi di nuovo qualche dubbio, qualche breve penombra, qualche spazio della sua vita dove lui non ha mai avuto accesso. E la sua fragile sicurezza si scioglie subito, come un gelato al mare nel giorno di Ferragosto in mano a qualcuno che ha deciso di stare a dieta.
Ormai è passato un anno da quando sono tornati da quel faro, dall'Isola Blu, dalla splendida isola degli innamorati.
E in un attimo è di nuovo laggiù.
Fine settembre.
"Alex, guarda… Guarda… Non ho paura!"
Niki è su degli scogli in alto, completamente nuda, quasi disegnata sul sole alle sue spalle, poi un sorriso in controluce. E un urlo.
"Mi buttooo!" E salta nel vuoto. E i suoi capelli scuri, lunghi, con qualche riflesso schiarito dal sole e dal mare, da tutti quei giorni passati sull'isola, rimangono leggermente più indietro e poi pluff! È in acqua. Mille bollicine blu intorno a lei che scompare nell'azzurro di quel mare. Alex sorride e scuote la testa divertito.
"Non ci credo, non ci credo…"
Poi si alza dallo scoglio più in basso dove leggeva il giornale e si tuffa anche lui. In un attimo affiora vicino a quelle bollicine e la vede riapparire che già sorride.
"Allora ti è piaciuto, eh? Tu non lo sapresti fare, non hai coraggio."
"Ma che dici?"
"E allora vai… dai, forza, buttati!"
"No, ora no… Ho di meglio da fare…"
E ridono divertiti e si abbracciano, nudi, con i piedi che si muovono veloci sott'acqua per rimanere a galla. E un bacio salato, lungo, morbido, quel sapore dolce d'amore. E i loro corpi caldi che si avvicinano e si uniscono in quell'acqua fresca. Soli. Soli in mezzo al mare. E un bacio e un altro e un altro ancora. Poi quella folata di vento. Il giornale vola via, abbandona lo scoglio, si alza, svolazza lontano, su, più su, come un aquilone senza filo che, furioso e ribelle, improvvisamente si apre e spiega le ali, ed è come se si moltiplicasse in altri identici giornali, puff, anche loro si aprono al vento e poi cadono giù, in picchiata su Alex e Niki.
"Nooo! Il mio giornale…"
"Alex, ma che t'importa! Cosa dovevi sapere?"
E allora si dividono e nuotano veloci e raccolgono pagine bagnate, una pubblicità, una cattiva notizia, conti economici, cronaca, politica, spettacolo. "Ecco, vedi… è il mio giornale…" Ma è un attimo. Poi Alex sorride. È vero, cosa dovevo sapere? Di cosa ho bisogno? Di nulla. Ho tutto. Ho lei.
Alex guarda Niki mentre fa un sospiro e si rigira nel letto come se avesse sentito tutti quei suoi ricordi. Poi Niki fa un sospiro più lungo e riprende a dormire come se nulla fosse. E allora Alex come d'incanto ritorna laggiù, davanti a quel fuoco acceso sulla spiaggia, quella stessa sera, mangiano il pesce fresco di giornata arrostendolo sopra del legno raccolto nella macchia lì vicino. Poi restare per ore di fronte a quelle fiamme che vanno via via spegnendosi, ascoltare il respiro del mare e fare il bagno di notte sotto la luna in quelle pozze che si sono formate dopo l'alta marea. Quell'acqua di mare, imprigionata durante la giornata di sole ora è calda.
"Ecco, vieni, dai, mettiamoci nella grotta segreta, anzi no, nella grotta riflessa oppure nella grotta arcobaleno…" Dare il nome a ogni angolo di spiaggia, dalle pozze naturali agli alberi, alle rocce, agli scogli. "Ma sì, quello è lo scoglio elefante!" Solo per la strana curva simile a un buffo orecchio. "E quello invece lo scoglio luna, e quello lo scoglio gatto… E quello lo riconosci?"
"No, cos'è?"
"È lo scoglio sesso…" E si avvicina dando un morso ad Alex.
"Ahia, ma Niki…"
"Che noioso che sei… Io pensavo che su quest'isola eravamo come in Laguna blu!"
"Veramente, io pensavo a Robinson Crusoe e al suo Venerdì…"
"Ah sì… Allora faccio sul serio il selvaggio!" E dà un altro morso ad Alex.
"Ahia, ma Niki…"
Perdere il senso del giorno e della notte, del tempo che scorre, dei non appuntamenti, mangiare e bere solo quando se ne sente davvero il bisogno, non avere un problema, una discussione, una gelosia.
"Ma questo è il paradiso…"
"Forse sì, e comunque ci si deve avvicinare molto…"
"Ehi…" Niki sorride. "Che fai?"
"Ho voglia…"
"Ma così andiamo all'inferno…"
"In paradiso, scusa ma se ti chiamo amore ho il lasciapassare…"
Niki fa delle bollicine con le labbra, come un leggero borbottio di una piccola bambina indecisa su cosa veramente dire, come se avesse bisogno comunque di essere un po'"considerata. E amata. Alex la guarda e sorride.
Ormai sono tornati a Roma da più di un anno. E ogni giorno è stato diverso, come se tutti e due avessero preso alla lettera quella canzone dei Subsonica. "Abitudine tra noi è un soggetto da evitare, tra le frasi di dolore e gioia, nei desideri, non ci si è concessa mai…
Poi Niki si è iscritta a Lettere, ha subito cominciato a studiare e ha già dato qualche esame. Alex invece ha ripreso a lavorare, ma il tempo passato sull'Isola Blu li ha come segnati, li ha resi magici, sicuri… Però Alex, dopo qualche giorno dal suo rientro, si è sentito strano nel ritornare alla solita, vecchia realtà. Allora ha deciso. Ha voluto lasciarsi tutto alle spalle, perché nessuna pagina di questa sua nuova vita potesse avere più il sapore del passato.
E così, quel giorno, quell'incredibile sorpresa.
"Alex, ma così sembriamo due pazzi…"
"Macché… Non ci devi pensare…"
"Ma come faccio a non pensarci?"
"Ecco, non ci pensare e basta. Siamo arrivati."
Alex scende dalla macchina e fa velocemente il giro.
"Aspetta che ti aiuto."
"E ti credo… Ti pare che scendo da sola così bendata! Magari scendo pure dalla parte sbagliata, poi attraverso la strada e…"
"Amore! Non lo dire neanche per scherzo… Comunque in quel caso non ti dimenticherei mai più."
"Cretino!"
Niki, sempre bendata, prova a colpirlo sulla spalla ma non vedendoci va a vuoto, poi ci riprova e stavolta lo prende in pieno sul collo.
"Ahia!"
"Ben ti sta…"
"Ma cosa?"
"Sì… Quando dici queste cattiverie."
Alex si massaggia la nuca sotto gli occhi sbalorditi del portiere. "Ma, amore, sei tu che l'hai detto…"
"Sì, ma tu dopo mi hai fatto quella battuta cretina!"
"Quale?"
"Lo sai benissimo… che non mi dimenticherai mai dopo che sono finita sotto una macchina…"
Alex la prende per mano e la conduce verso il portone.
"Hai capito cosa ho detto, Alex?"
Niki gli dà un pizzicotto.
"Ahia! Certo, amore…"
"Tu non mi devi dimenticare mai a prescindere…"
"Va bè, ma in quel modo comunque il ricordo si rafforza, ecco, se ora bendata vai sotto un motorino per esempio…"
"Cretino!" Niki prova a colpirlo di nuovo, ma questa volta Alex si abbassa veloce e si porta subito alle sue spalle per non prenderle più.
"Amore, stavo scherzando…"
Niki cerca di nuovo di pizzicarlo. "Anch'io!"
Alex tenta di sottrarsi alla sua mano, che però alla fine anche questa volta lo prende.
"Ahia!"
"Hai capito o no?" Niki ride e continua a provare a pizzicarlo mentre Alex la spinge in avanti con le mani sulle spalle e tenendosi sempre più indietro con il corpo.
"Buongiorno, signor Belli." Il portiere lo saluta divertito. Alex gli fa segno di stare zitto portandosi l'indice davanti alla bocca.
"Shhh!"
Niki si gira sempre bendata ma sospettosa.
"Chi era?"
"Un signore."
"Sì, lo so, l'ho sentito… e ti conosce! Ma dove siamo?"
"È una sorpresa! E sei anche bendata… Ti pare che ti dico dove siamo?! Ma scusa, eh… Ecco, fermati qui."
Alex la supera e apre il portone.
"Ferma, eh…"
"Sto ferma."
Niki sbuffa e incrocia le braccia sul petto, Alex entra e chiama l'ascensore, poi torna a riprenderla.
"Ecco, avanti, avanti così, attenta allo scalino, sempre dritta… Attenta!"
Niki si spaventa e fa un salto all'indietro.
"Che è?"
"Oh no, scusa, niente… Mi ero sbagliato!"
"Cretino! Mi hai fatto prendere un colpo, cretino!"
"Amore… Mi stai dicendo troppe parolacce… Mi tratti troppo male!"
"Ma se tu fai il cretino!"
Alex ride e sta per spingere il pulsante dell'ascensore, ma prima che le porte si chiudano entra anche un signore. Ha la faccia allegra, è cicciotto, sui sessant'anni. Rimane un attimo perplesso, guarda Alex divertito, poi Niki bendata, poi di nuovo Alex. Allora alza il sopracciglio e fa la faccia da uomo vissuto, ma molto vissuto.
"Andate, andate pure… da soli!"
Ed esce con il sorriso di chi sembra saperla lunga.
Alex scuote la testa e preme il pulsante. Le porte si chiudono. Niki è curiosa e leggermente agitata.
"Ma si può sapere cosa sta succedendo?"
"Niente, amore, niente, è tutto ok."
L'ascensore arriva al piano.
"Ecco, seguimi." Alex la prende per mano e la guida lungo il pianerottolo, apre la porta di corsa, fa entrare Niki e la chiude alle sue spalle.
"Ecco, vieni Niki… Vieni con me. Attenta, ecco, passa di qui."
La aiuta a superare un tavolino basso, un divano ancora col cellophane, un attaccapanni, un televisore imballato. Poi apre la porta di una grande stanza.
"Sei pronta? Ta ta…"
Alex le leva la benda dagli occhi.
"Non ci credo… Ma sono nella mia stanza!" Niki si guarda in giro.
"Come hai fatto a entrare in casa mia… Ma che sorpresa è? Erano i miei genitori quelli di prima? Ma avevano una voce… Non mi sembravano loro." Niki esce fuori dalla camera e le prende
quasi un colpo. C'è un salotto diverso, un corridoio diverso, altre stanze e poi dei bagni e una cucina completamente diversi. Poi torna nella sua camera.
"Ma com'è possibile?" E vede il suo stesso tavolo, gli stessi poster, le stesse tende, gli stessi peluche. "Tutte le mie cose… qui, in un'altra casa!"
"Sì, ho cambiato per te, vorrei che sentissi questa nuova casa come tua…" Poi l'abbraccia. "Ecco, e quando vuoi stare qui con me, hai proprio la tua stanza…" Alex si avvicina e le mostra sul suo telefonino tutte quelle foto della camera di Niki che ancora conserva.
"Ma come hai fatto?"
"Una foto ogni tanto…" Alex sorride e si rimette in tasca il cellulare.
"Più che altro non è stato facile ritrovare tutti i peluche… Ti piace? Non puoi dire di no… Hai scelto tutto tu!" Niki ride e Alex le si avvicina e l'abbraccia.
"La inauguriamo?" E le dà un bacio leggero, morbido, allegro. Poi si stacca e sorride e le bisbiglia piano, perso tra i suoi capelli, vicino all'orecchio: "Siamo in camera tua… Ma non c'è il pericolo che entrino i tuoi! È perfetta. Adrenalina… ma al sicuro". E finiscono su quel nuovo letto. Il suo letto, il loro letto. E in un attimo si perdono così in quella risata, in quel sospiro, in quel nuovo nido che sa subito d'amore.
Più tardi.
"Ah… Questi sarebbero i tuoi cassetti sotto il tavolo…" Alex si avvicina e li apre tutti e tre insieme, "qui invece sono finti, li ho fatti diventare un piccolo frigobar…" E tira fuori una bottiglia di champagne. "Chissà cosa c'era in quelli di casa tua… Ho provato ad aprirli ma erano sempre chiusi a chiave…"
Niki sorride. "Piccoli o grandi… segreti." E Alex la guarda, prima sorride, dopo si impensierisce. Ma poi un bacio e un altro e un altro ancora. E un po'"di champagne e un brindisi: "A questa nuova casa!". E quelle bollicine, quella risata e quello sguardo improvvisamente diverso… E la gelosia di colpo viene cancellata, puff, vola via così, con il sapore di tutto quell'amore.
Alex la prende per mano e le mostra il resto della casa, il salotto, la cucina, i bagni, le tante cose ancora da scegliere insieme. Entrano nella camera da letto. "Ma è veramente bellissima…" e Alex vede la sua agendina sul comodino. Si ricorda quello che ha scritto, le parole e tutte le sciocche, inutili prove fatte nel suo ufficio. Poi quella frase. "C'è un attimo nella vita nel quale si sa perfettamente che è quello il momento di saltare. Ora o mai più. Ora o nulla sarà più come prima. Ed è questo il momento." Saltare. Saltare. Poi d'un tratto la sua voce. Di nuovo ora, notte.
"Alex…"
Si gira verso di lei. "Eh? Sì, amore, dimmi…"
Niki ha gli occhi leggermente socchiusi.
"Ma che ore sono? Perché non dormi?"
"Sto pensando…"
"E smetti ogni tanto di lavorare, amore… Sei bravissimo…"
Niki si volta piano dall'altra parte scoprendo un po'"le gambe, accendendo in un attimo ogni suo desiderio. Alex sorride. No. La lascerò riposare.
"Dormi, tesoro. Ti amo…"
"Uhm uhm… Anch'io." Un ultimo sguardo a quella agendina. Ora o mai più. E allora Alex scivola sotto le lenzuola con un sorriso, come se tutto fosse già successo. E l'abbraccia da dietro. Anche Niki sorride. E lui la stringe un po'"più forte. Sì. È la cosa giusta.
Due
"Amore, io devo scappare… Vieni, dai, che è pronta la colazione."
Niki versa dalla caffettiera fumante un po'"di caffè nelle due grandi tazze perfettamente identiche. Arriva Alex. Si siede ancora assonnato di fronte a lei. Niki gli sorride.
"Buongiorno, eh… Dormito bene?"
"Un po'…"
"Mi sa che ti rinfili sotto le coperte…"
"Macché, anch'io tra un po'"devo uscire."
Niki finisce di versare il caffè e si risiede. "Ecco, qui c'è il latte caldo, qui quello freddo e qua dei biscotti al cioccolato che avevo preso l'altro giorno. Sono buonissimi, ma ho visto che non li avevi aperti."
Alex poggia il bricco sul bordo della tazza e si versa un po'"di latte. Niki avvicina la sua bocca e poi sorride quasi nascosta dietro la tazza. "Amore, te le ricordi queste?"
Alex prende la tazza, la rigira tra le mani. "Queste? Mai viste!"
"Ma, amore! Sono quelle che abbiamo preso nella nostra prima fuga a Parigi! Ti ricordi, te le ho comprate e tu mi hai detto: un giorno con queste tazze faremo colazione al nostro tavolo nella nostra casetta. Te lo ricordi?"
Alex beve un sorso di cappuccino e scuote la testa sorridendo.
"No…"
"Falso. Guarda che non fa niente. Non c'era mica un secondo fine dietro questo discorso." Alex quasi si strozza. Poi prende un biscotto al cioccolato, lo mette in bocca e comincia a masticarlo. "Uhm… Che buono…"
"Moltissimo… Bè, io scappo, oggi ho lezione e sarà pazzesca…" Niki prende la giacca dall'armadio e se la infila. "Ah, a proposito, stasera mi sa che non resto a dormire, vado a casa, poi studio, poi in palestra tardi e poi sto a cena con i miei. Mi sa che si stanno innervosendo con questo fatto che ogni tanto resto a dormire da "Olly"."
"Perché?"
"Perché l'hanno capito benissimo che sei sempre tu "Olly"."
"Ah… Certo."
Alex rimane con un biscotto mezzo spezzato in bocca.
Niki sorride e fa per andarsene. "Senti, non bere troppo caffè, che poi la sera non dormi… Non credi?" Lo guarda allusiva.
Alex fa finta di niente. "Sì, hai ragione. Ieri ho bevuto l'ultimo caffè troppo tardi in ufficio…"
Niki ci ripensa un attimo e si ferma.
"Senti, Alex… No no, niente."
Alex si alza e va verso di lei. "Che c'è, Niki, dimmi."
"No no, niente…" e fa per aprire la porta. Alex la richiude e ci si mette davanti.
"O me lo dici o ti faccio fare tardi alla lezione. Dai, cosa pensavi?"
"Io?"
"Eh sì… E chi sennò?"
Niki sorride. "Sono curiosa. Ma cosa pensavi stanotte quando mi guardavi nel sonno?"
"Ah…" Alex fa un sospiro e torna verso il tavolo. "E io chissà che mi credevo…" E si siede. Poi le sorride. "Pensavo a come sono fortunato. Pensavo: questa ragazza è veramente bella. E poi pensavo a questo nostro momento e che… Guarda, ho quasi paura a dirlo."
Niki si avvicina con gli occhi felici, lucidi, piena di entusiasmo. "Non aver paura, amore, ti prego, dillo."
Alex la guarda negli occhi. Allora fa un respiro enorme e alla fine si butta. "Ecco, io non sono mai stato così felice in tutta la mia vita."
"Amore, ma è una cosa bellissima." Niki lo stringe a sé, rapita, entusiasta. Alex la osserva tra le sue braccia senza farsi vedere. E un po'"arrabbiato con se stesso. Non è solo questo che le avrebbe voluto dire. Ma comunque sorride, non lo dà a vedere. Niki si stacca da lui.
"Bè, ora scappo, sennò faccio veramente tardi." Gli dà un bacio veloce sulle labbra. "Ci sentiamo dopo! Ti chiamo" ed esce lasciandolo così, con mezzo biscotto in mano e mezzo sorriso sulla faccia.
"Sì… Ciao, amore…" E per un attimo ripensa a quella frase che cantava Mina. "Adesso, ti prego o mai. Ora o mai più, sono sicura che m'ami anche tu."
Sorride e si mangia anche l'ultimo mezzo biscotto. Saltare ora o mai più. Ma non è vero. C'è ancora tempo. Finisce il cappuccino. Almeno un po', spero.
Tre
La hall dell'edificio è immensa. Tutto è dipinto di bianco e c'è molta luce diffusa. I pavimenti sono in resina e trasmettono una sensazione quasi lunare. Una grande scalinata a spirale abbraccia una delle pareti e sale su. Appese ovunque, gigantografie di campagne pubblicitarie di varie collezioni degli anni passati a testimoniare l'importanza e la solidità di quella casa di moda. Subito dopo le porte a vetri, due signorine belle e ben vestite accolgono chi entra. Sono sedute a due piccole scrivanie, ognuna con il portatile aperto davanti e il cordless vicino. Accanto alla reception un bancone bar offre un po'"di tutto per intrattenere gli ospiti che aspettano il loro appuntamento. Dall'altro lato ci sono un lungo tavolino basso in madreperla con sopra delle riviste di moda e alcuni quotidiani, e davanti un comodissimo, immenso divano bianco. Due donne sui quarantanni sono sedute in apparente attesa. Indossano tailleur attillati e stivali beige con tacco a spillo. Sono ben truccate e pettinate e una di loro ha una cartella da lavoro in pelle. Parlano in modo sofisticato e sembrano ignorare di proposito quello che succede intorno a loro. Poi una guarda l'orologio e scuote la testa. Evidentemente qualcuno le sta facendo aspettare troppo.
Di colpo la grande porta a vetri scorre e lascia entrare una bellissima ragazza di colore, vestita semplicemente con jeans, maglione e sneakers, seguita da altre donne con alcuni portabiti scaricati da un Suv parcheggiato davanti all'ingresso. La ragazza si siede sul divano accanto alle due signore, che subito la osservano, cercando di mostrare indifferenza. La salutano con freddezza e poi riprendono a parlare tra loro. Lei ricambia il saluto con un sorriso e controlla annoiata il suo cellulare. Intanto le altre donne che sono con lei continuano a scaricare vestiti imbustati. Probabilmente è una modella che deve sfilare per qualche cliente.
Olly sta camminando su e giù, nervosa. Cerca però di controllarsi. Ha scelto con cura ogni dettaglio dell'abbigliamento. Indossa
un bellissimo paio di pantaloni bianchi, una maglia e un giubbino attillato color lilla, con una grande cintura in vita. Ha con sé una cartellina dove tiene alcuni disegni e varie fotografie stampate su supporto rigido. E ovviamente il curriculum che aveva già spedito in precedenza, insieme alla richiesta di stage. Le batte forte il cuore. Non sa come andrà il colloquio. Chissà quante domande ricevono. Anche se lo stage purtroppo è pagato una miseria, farlo qui sarebbe una grande occasione. Poterci stare alcuni mesi, lavorare a qualche campagna, entrare nelle simpatie di qualcuno, potrebbe aprirle tante porte. Anche per un lavoro vero. Almeno così spera.
La ragazza di colore si alza dal divano. Una delle due signorine della reception le ha fatto cenno di avvicinarsi. Olly riesce a sentire cosa si dicono, la stanno aspettando al piano di sopra. Lei si volta, dice alle signore che sono con lei di seguirla. E inizia a salire la scala con movenze eleganti e inequivocabili.
Cavoli, pensa Olly, è davvero bellissima. Ma io? Quando tocca a me? E guarda l'orologio. Sono già le sei. Mi avevano detto alle cinque e mezza. Uffa. Iniziano a farmi male anche le scarpe. È da stamattina presto che le porto. Non sono abituata. Mi sono messa i tacchi troppo alti. Poi lancia un ultimo sguardo alla modella prima che sparisca in cima alla scala. Beata lei che ha le scarpe da ginnastica. Ma lei è già a posto. Già lavora.
Dopo qualche istante, una delle due signorine si affaccia. "Mi scusi, signora Crocetti…"
Olly si volta. "Sì?"
"Mi hanno appena avvertita che può salire. Egidio Lamberti la sta aspettando. Vada su e bussi alla prima porta a destra. Comunque c'è il nome sulla targhetta…" e le stampa un sorriso cortese ma trattenuto.
Olly ringrazia e inizia a salire. Egidio. Che razza di nome. Ma chi è, uno del Mille avanti Cristo? È un nome troppo antico. E mentre sale a metà scala inciampa nella cartellina che ha sbattuto su un gradino. Olly si volta per vedere se nella hall qualcuno ci ha fatto caso. Le due signore, ancora sedute sul divano, ovviamente sì. La stanno fissando. Olly si gira di nuovo in avanti. Si ricompone. No, non voglio sapere che faccia faranno o se rideranno di me. Non voglio che mi portino sfiga, quelle due tristone impettite. E a testa alta continua a salire. Arriva al piano superiore. Guarda a destra. Vede la porta e il cartellino. Egidio Lamberti. Bussa delicatamente. Nessuno risponde. Bussa di nuovo ma con un po'"più
di energia. Ancora nessuna risposta. Ci prova per la terza volta ma lo fa troppo forte. Si mette la mano sulla bocca come a dire ops, che esagerata. Finalmente una voce dall'interno.
"E meno male… Entri entri…"
Olly alza il sopracciglio. E meno male cosa? Mica è colpa mia se mi ha fatto aspettare più di mezz'ora. Io ero puntuale. Anzi, in anticipo. Che voce, poi, tutta nasale. Brutta sensazione. Poi abbassa piano la maniglia. "Si può?" Tiene la porta accostata per qualche secondo infilandoci solo la testa e sbircia dentro. Attende un cenno, qualcosa. Tipo un "prego". Ma nulla. Allora si fa coraggio, apre del tutto la porta ed entra, richiudendosela alle spalle.
Dietro un tavolo di cristallo molto grande, un uomo sulla quarantina, stempiato, con gli occhiali dalla montatura vistosissima, vestito con un maglioncino leggero rosa, una camicia rossa sotto e con un borsalino a quadri in testa, sta seduto e guarda il monitor di un Mac. Solo quarantanni. Il nome gli sta pure peggio, pensa Olly.
L'uomo non alza gli occhi. Le fa solo cenno di avvicinarsi.
Olly titubante fa qualche passo. "Salve, buongiorno, mi chiamo Olimpia…"
Non le dà nemmeno il tempo di dire il cognome. Sempre senza guardarla dice: "Sì sì, Crocetti… lo so. Gliel'ho dato io l'appuntamento. Lo saprò chi è, no? Si sieda, su. Olimpia, che nome…".
il cuore di Olly batte sempre più forte. Ma che vuole? Olimpia che nome? Il suo invece? Bruttissima sensazione. No, no, no. Non così. Recupera. Coraggio. Respira, dai, non è nulla. È solo uno un po'"arrabbiato, magari ha dormito poco, ha mangiato male, non ha fatto l'amore stanotte, o da chissà quanto non lo fa… ma è pur sempre un uomo… Ora me lo lavoro un po'. Olly cambia espressione e veste la sua faccia col miglior sorriso possibile. Accattivante. Aperto. Sereno. Intrigante. Il sorriso di Olly all'attacco.
"Bene. Sono qui per la richiesta di stage… Sarebbe un onore per me…"
"E ti credo che sarebbe un onore per lei… siamo una delle case di moda più importanti al mondo…" e continua a digitare sulla tastiera del portatile, sempre senza guardarla.
Olly deglutisce. Stramegabruttissima sensazione. No. Qui non si tratta di una giornata storta. Questo è proprio acido di suo. Sì. Uno di quei caratteri difficili e stressati, uno di quelli che lavora troppo e sta sempre sul pezzo e non si rilassa mai. Ma ce la posso fare. Ce la devo fare.
"Verissimo. Proprio per questo ho scelto voi…"
"No, lei non ha scelto noi. Noi non veniamo scelti. Noi scegliamo" e stavolta alza gli occhi dal monitor e la fissa. Così, diretto, senza appello. Olly sente le guance che arrossiscono. E anche la punta delle orecchie. Meno male che non si è legata i capelli, altrimenti ora si vedrebbe. Fa un altro respiro più lungo. Lo odio. Lo odio. Lo odio. Ma chi è? Ma chi si crede di essere?
"Giusto. Ovviamente. Dicevo solo che…"
"Lei non deve dire. Deve farmi vedere i suoi lavori e basta. Sono loro che parleranno per lei… Dai…" e fa un gesto sbrigativo con la mano. "È qui per questo, no? Vediamo cosa sa fare… e soprattutto quanto tempo ci farà perdere."
Olly inizia a innervosirsi per davvero. Ma tiene duro. A volte bisogna saper incassare per ottenere quel che si vuole. Inutile mettersi ora a ingaggiare un testa a testa. Certo però che è proprio stronzo… Fa un altro respiro. Prende la cartellina e la apre sul tavolo. Tira fuori i suoi lavori. Vari disegni realizzati con diverse tecniche, alcuni anche di abiti. E poi fotografie. A Niki. Diletta. Erica. A estranei per strada. Ritratti. Scorci. Paesaggi. Li sfila uno a uno e li mostra a Egidio. Lui li prende, li gira, li rigira, alcuni li scarta di lato con aria annoiata. Borbotta qualcosa tra sé. Olly fa fatica a sentirlo, si sforza e si allunga un po'"sul tavolo.
"Mmm… Banale… Scontato… Orrendo… Semipassabile…" Egidio spara una serie di aggettivi in fila e sottovoce, man mano che esamina i lavori. Olly si sente morire. I suoi lavori. Il frutto di tanta fatica e fantasia, di notti insonni, di intuizioni da cogliere al volo sperando di avere a portata di mano foglio e matita o la macchina fotografica, trattato così, con sufficienza, anzi con schifo, da un tizio che si chiama Egidio e si veste di rosso e di rosa. Come un geranio. Poi arriva all'ultimo. Una rielaborazione con Photoshop di una delle ultime campagne pubblicitarie di una casa di moda. Anzi, per essere precisi, della loro casa di moda. Egidio la guarda. La osserva. La scruta. E comincia di nuovo a borbottare qualcosa sottovoce.
Eh no. Stavolta no. Olly prova a intervenire. "Questa l'ho fatta così, per sentirmi già un po'"parte di voi…"
Egidio la guarda da sopra gli occhiali. La fissa intensamente. Olly si sente in imbarazzo e distoglie lo sguardo verso la parete a destra. E lo vede. Lì, in bella mostra, sopra un mobile di legno pregiato in stile moderno. Un grande e prezioso trofeo con sotto una targa. "A Egidio Lamberti, l'Eddy della moda e del gusto. British
Fashion Awards." Guarda ancora. Sulla parete sono appesi altri riconoscimenti. Mittelmoda. Premio Miglior giovane stilista del 1995. E ancora altri diplomi e targhe. E tutti riportano il suo nome. Non Egidio. Eddy. Già va meglio. Almeno per il nome.
Olly si gira di nuovo e lo guarda. Egidio- Eddy la sta ancora fissando con la sua rielaborazione di Photoshop in mano. "Cioè, mi spieghi… Vorrebbe dirmi che lei, per sentirsi più vicina a noi, ci ruba una pubblicità? E questo sarebbe il suo concetto di creatività?"
Olly è allibita. Non riesce a ribattere. Sente solo gli occhi che le si inumidiscono. Ma resiste. Ancora una volta. Ricaccia le lacrime giù e se la ricorda. Quella frase che scriveva sempre sul diario di scuola. Ogni anno. Ricopiandola sotto l'orario del ricevimento professori. "I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano." E senza accorgersene la dice a voce alta.
Egidio- Eddy la guarda. Poi guarda il lavoro. Poi di nuovo Olly. "Per ora lei non è nemmeno una che copia…"
Olly, gonfia di rabbia, sta per riprendere tutti i lavori e rimetterli nella cartellina. Ma poi, senza sapere bene perché, per l'ennesima volta fa un respiro profondo e si trattiene. Guarda Egidio- Eddy negli occhi. Non si era accorta di quanto li abbia azzurri. E spara la frase quasi senza respirare. In apnea. "Allora, sono stata scelta o no per fare questo stage?"
Lui ci pensa un po'"su. Torna a guardare il monitor del portatile. Digita qualcosa. "Tra le persone che ho visionato finora, lei è comunque la meno disastrosa. Ma solo perché sembra sveglia…" Poi alza gli occhi e la guarda. "E sembra avere carattere. I suoi lavori invece sono penosi. Posso assegnarla all'ufficio marketing, dato che le piacciono tanto le nostre campagne pubblicitarie… e ovviamente all'inizio porterà solo le famose fotocopie e il caffè. E rimetterà a posto qualche archivio indirizzi per spedire inviti e pubblicità. Ma non si senta denigrata per questo. Nessuno capisce mai, specie voi ragazzetti d'oggi, quanto si può imparare ascoltando e muovendosi apparentemente ai margini del centro della scena. Dove le cose accadono. Vediamo se è abbastanza umile da resistere… poi si vedrà… Ora si riprenda questi disegni da asilo nido e vada. Ci vediamo domattina alle otto e mezza." Solleva per un'ultima volta lo sguardo fissandola negli occhi. "Puntuale."
Puntuale. Come te, pensa Olly, mentre raccoglie disegni e foto e li risistema nella cartellina. Egidio- Eddy torna a concentrarsi al suo computer.
Olly si alza. "Allora a domani, buona serata." Lui non dice altro. Olly si chiude la porta alle spalle. Appena fuori ci si appoggia. Alza gli occhi al cielo. Poi li chiude e sbuffa.
"Dura, eh?" Olly riapre gli occhi di colpo. Un ragazzo alto circa quanto lei, moro, con degli occhi verdi intensissimi, un paio d'occhiali da vista con la montatura leggera e un'espressione divertita la sta guardando. "Lo so, Eddy sembra spietato. Anzi lo è. Ma se lo convinci è fatta."
"Dici? Non so… A parte che è la prima volta che un uomo non mi guarda neanche per un attimo! Cioè, te le fa pensare tutte, ho vent'anni e già sto invecchiando? Mi sto imbruttendo… Insomma ti deprime al volo! Mi ha stroncata!"
"No, quello non c'entra… lui è così. Eccentrico. Perfezionista. Spietato. Ma anche bravissimo, geniale e soprattutto capace di scoprire talenti come nessun altro qui dentro. Ma t'ha buttata fuori o no?"
"Ha detto che domani comincio a fare fotocopie. Un bell'inizio…"
"Ma scherzi! Un bell'inizio sì! Tu non hai idea di quanta gente vorrebbe essere al tuo posto."
"Accidenti… siamo messi bene in Italia se la gente aspira a fare fotocopie. Però se è l'unico modo per imparare qualcosa di moda e disegno qui, ci sto…"
Il ragazzo sorride. "Brava! Saggia e paziente. Comunque io mi chiamo…" e mentre allunga la mano per presentarsi, i fogli che teneva sotto il braccio gli cadono per terra, sparpagliandosi da tutte le parti. Alcuni volano anche giù per la grande scalinata. Olly ride. Il ragazzo è mortificato e diventa rosso. "Mi chiamo imbranato, ecco come…" e si accuccia a raccoglierli.
Olly si inginocchia per aiutarlo. "Sì, imbranato è il cognome… ma il nome?" e gli sorride.
Il ragazzo si sente sollevato. "Simone, mi chiamo Simone… lavoro qui da due anni. Sono all'ufficio marketing."
"No, non ci credo."
"Credici… sto lì."
"Anch'io. Da domani le fotocopie che hai da fare dalle a me. Eddy ha deciso che parto da lì perché i miei disegni fanno pena."
"Ma dai! Allora ok, ti riempirò di fogli!"
"Eh! Mi sembra che hai già iniziato…" e intanto continua a raccogliere.
Simone la guarda imbarazzato. "E vero, scusami… hai ragione. Faccio io, sei stata troppo gentile. Se devi andare vai…"
Olly raccoglie altri fogli, scende qualche gradino della scala e prende quelli finiti lì. Risale e glieli dà. Poi guarda l'orologio. Accidenti. Le sette. "Ok, vado."
Simone raduna tutte le sue carte e si rialza. "Certo, immagino. Avrai tante cose da fare, guarda che da domani di tempo libero te ne rimarrà poco! Approfittane stasera!"
Olly lo saluta e scende le scale. Quella frase le sa di sentenza. Comunque che buffo. Un po'"imbranato ma buffo. Simone la guarda sfilare via sui gradini, così, di schiena. Agile, snella, tirata. Bella. Sì, davvero bella. Ed è proprio contento di rivederla il giorno dopo a fare fotocopie. Olly aspetta che la porta a vetri si apra. Saluta le due signorine. Poi esce dall'edificio. Fa qualche passo, supera il grande cancello elettrico e sta per raggiungere il motorino quando lo vede. È in auto. La sua nuova Cinquecento bianca con le bande nere laterali. Sfanala veloce. Olly alza la mano e saluta, sorridendo. Gli corre incontro. Apre al volo lo sportello.
"Ma dai, Giampi! Che ci fai qua?" E gli stampa un bacio sulla bocca. "Sono felicissima! Non me l'aspettavo!"
"Amore, sapevo che era un giorno importante per te e sono venuto a prenderti! Lascia il motorino qua, poi ti riporto io" dice Giampi inserendo la prima.
"Ok, che bello! È una di quelle volte che sono proprio felice che esisti…"
Giampi la guarda fintamente dispiaciuto. "Ma perché, le altre volte no?"
"Anche… ma stavolta avevo proprio bisogno di un po'"d'amore!"
Giampi sorride di nuovo. Anche se quella parola gli va un po'"stretta, decide di non farglielo notare. "Allora… Com'è andata?"
"Un mezzo disastro… Ma ce la devo fare…" E Olly decide di raccontargli tutto mentre si dirigono verso il centro, lasciandosi alle spalle il grande edificio.
Quattro
Niki arriva di corsa all'università. Posteggia lo scooter fuori, mette il blocco alla ruota ed entra in mezzo a tanta gente dal cancelletto che porta lungo i viali. Procede spedita tra aiuole verdi, curate, tra i lievi zampilli delle fontane ai bordi della strada, fino ad arrivare alla scalinata della sua facoltà. Alcuni ragazzi sono seduti sui gradini. Tra questi riconosce quelli del suo corso. Marco e Sara, Luca e Barbara e la sua nuova amica Giulia.
"Ehi, ma che fate qui fuori? Non siete a lezione?"
Luca gira veloce le pagine della "Repubblica" che sembra aver già letto. "C'è stata l'occupazione dell'Onda…"
Per un attimo a Niki viene da ridere. Pensa a Diletta, Erica e soprattutto a Olly. Un'onda che viene "occupata" da… chissà chi! Non sia mai! Ma poi torna di nuovo seria. Sa bene che non si tratta di una di loro.
"Anche oggi! Che palle. C'era una lezione fichissima di Letterature comparate. Quando c'è qualcosa d'interessante…"
Poi all'improvviso quella voce. Alle sue spalle. Nuova, sconosciuta, che nasconde un sorriso… ""Tu, forma silenziosa, come l'eternità tormenti e spezzi la nostra ragione.""
Quelle parole le piacciono. Si volta sorridendo, e trova un ragazzo che non aveva mai visto. Alto, magro, con i capelli lunghi un po'"ricci. Un bel sorriso. Le gira intorno quasi annusandola, perdendosi tra i suoi capelli, senza avvicinarsi troppo però, senza toccarla, sfiorandola con il respiro. E con altre parole. ""Al mondo non c'è nulla di stabile. Il tumulto è la vostra sola musica.""
Niki alza il sopracciglio. "Non è tua." Lui sorride.
"Vero. Infatti è di Keats. Ma te la darò volentieri."
Luca abbraccia Barbara. "Non ci fare caso, Niki, lui è Guido… Ci conosciamo da quando siamo piccoli. È stato fuori perché il padre è diplomatico ed è tornato l'anno scorso…"
Guido lo interrompe. "Kenya, Giappone, Brasile… Argentina.
Arrivare lì dove si congiungono questi due paesi, lì, alle cascate dell'Iguazù. Dove si formano gli arcobaleni magici. Dove vengono a bere gli stanchi capibara e i giovani giaguari, dove vivono tranquilli gli animali della foresta."
Luca sorride. "E dove ci sono le donne di quelle tribù che vanno a farsi il bagno al tramonto. Ancora conservo quelle foto che mi hai mandato."
"Sei sporco nell'animo, quello era un servizio fotografico di candidi tramonti, della magica armonia tra uomini e animali."
"Boh, sarà… Io mi ricordo solo delle donne bellissime… e soprattutto molto nude."
"Perché hai voluto notare solo quelle…"
Barbara dà una spinta a Luca. "Scusa, eh… ma dove sarebbero queste foto? Io non le ho mai viste."
Lui la stringe sorridendo. "Buttate due anni fa… Poco prima di conoscerti…" E prova a baciarla. Ma Barbara gli si sfila da sotto. "Sì sì, appena vengo a casa tua cerco nei cassetti…"
Luca allarga le braccia, poi si poggia una mano al petto e l'altra alta verso il cielo. "Te lo giuro, tesoro… Le ho buttate! E comunque era lui che mi portava sulla strada della perdizione…"
Barbara gli dà un'altra spinta. "Hai capito, Niki, guardati da questo Guido, ama la poesia, il surf… Ma soprattutto le belle ragazze."
Guido allarga le braccia. "Non capisco perché mi dipingono così… Io mi sono iscritto a Lettere solo perché ho voglia di studiare. Sì… È vero, amo il surf, mi piacciono le onde perché, come diceva Eugene O'Neill, solo sul mare si è davvero liberi. E per quanto riguarda le belle ragazze… bè, certo…" si avvicina a Niki e le sorride, "uno le guarda…" riprende a girarle intorno squadrandola, "si accorge di come son vestite, si diverte apprezzando le loro scelte… Immagina… Ma una donna bella e basta a cosa può servire? A fare una bella figura con gli altri. Gli altri chi, poi… Non viviamo solo di apparenza. E la bellezza del suo animo invece? Quella riservata ai veri amici, ecco, di quella vorrei vivere…"
Guido allunga la mano verso Niki. "Diventiamo amici?"
Niki lo guarda, poi osserva la sua mano, poi di nuovo i suoi occhi. Però, pensa, sono belli. Ma opta per una soluzione diversa. "Mi dispiace… Ma per quest'anno ho conosciuto già troppa gente." Niki alza le spalle e si allontana.
Giulia scende dal muretto. "Aspetta, Niki, vengo con te…"
Guido si gira sbalordito verso Luca e Marco che ridono di lui.
"È andata male!"
"Grazie alla vostra pubblicità…"
"È una nostra amica…"
"Volevo che diventasse anche mia…"
"Sì certo, come no, una tua… preda!"
Guido scuote la testa.
"Non c'è niente da fare… Voi mi giudicate troppo male… Comunque questa Niki è stata chiara."
"Cioè?"
"Bè… a dirlo è quasi banale. Ma chi disprezza compra."
"Eh, ma questo non è Keats!" Barbara scende sorpresa dal muretto.
"No… ma lei ha lanciato una sfida! E come dice Tucidide: "Sicuramente i più coraggiosi sono coloro che hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta, così della gloria come del pericolo, e tuttavia l'affrontano"."
Marco ride. "Sì sì, a spericolato!"
Luca scuote la testa. "Se Niki fosse stata una cozza avrei voluto proprio vedere se affrontavi tutti questi pericoli…"
Cinque
Erica alza gli occhi dal libro per l'esame di Etnologia e Antropologia culturale. Cerca di ripetere mentalmente un passaggio secondo lei importante. A metà si arrende e guarda la pagina. Solleva di nuovo gli occhi e ci riprova. Niente. Non entra. Quand'è così è inutile insistere. Allora se ne va in cucina, mette l'acqua nel bollitore e aspetta che si scaldi. Prende la tisaniera, lo zucchero di canna e un cucchiaio e li mette sul tavolo. Poi cerca in dispensa la scatolona di latta dove tiene le tisane in filtro. La trova. La apre. Comincia a scegliere. Ne ha tantissime. Questa no. Questa l'ho bevuta ieri. Questa non sa di nulla. Ecco. Questa va bene. Ribes, vaniglia e ginseng. La toglie dalla carta e aspetta. Appena l'acqua bolle spegne il fornello, la versa nella tisaniera, infila la bustina e copre la tazza con il coperchio. Dopo i tre minuti di rito toglie il coperchio, aggiunge lo zucchero e si siede. Soffia un po'"per raffreddarla e beve un sorso. Buona. Si sente tanto il ribes. Dà un altro sorso gustando il miscuglio di aromi. Poi guarda la tazza. Bianca con sopra disegnata una piccola fantasia di fiori arancioni. Marca Thun. Ricorda ancora bene la sera in cui Giò gliela regalò. Era prima di Natale, tre anni fa. Lui sapeva bene quanto Erica adorasse le tisane e tutti gli accessori per prepararle. E arrivò con quella grande scatola di cartone con dentro tisaniera, filtro e coperchio, più una miscela di tè bianco, malva e karkadè. Si sentiva il profumo anche se era ancora chiusa. A Erica piacque molto quel regalo. Semplice ma pensato, scelto appositamente, ricercato. Come dovrebbe essere ogni sorpresa fatta col cuore. Da allora l'ha sempre usata. E per miracolo non l'ha mai rotta, come invece le succede di solito con le tazze. Giò. Il suo Giò. Che strano. L'ho lasciato, sì, ma in fondo non riesco a staccarmene. Le Onde mi prendono in giro per questo. Dicono che lo sto solo usando perché non so tagliare i cordoni ombelicali. Che me lo trascino dietro come uno zerbino. Ma non è vero. Io voglio bene a Giò. È una persona stupenda. Avrò diritto di tenermelo come amico, no? E
poi se a lui va bene così… Potrebbe dirmi basta e invece non lo fa. E in fondo che c'è di strano? Ci sentiamo, ci beviamo qualche birra la sera, ci mandiamo sms, e- mail, chattiamo su Facebook, facciamo dei giri, andiamo al cinema, ai concerti. Basta. Non facciamo certo sesso. Siamo solo amici. Anzi, più che amici, proprio perché abbiamo già sperimentato cosa vuol dire stare insieme, con tutte le complicazioni del caso e ora ci prendiamo solo il meglio. Che c'è di strano? Solo perché non tutti sono così maturi da saper trasformare un rapporto d'amore in amicizia? Io sono contenta di non aver perso Giò. Erica dà un altro sorso alla tisana. Poi che c'entra, lo so che magari ci rimane male se sa che esco con questo o con quell'altro. Ma io mica mi ci fidanzo. E poi non gli racconto certo tutto. E nemmeno alle Onde. T'immagini ad esempio se Diletta sapesse con quanti ragazzi sono uscita da quando non sto più con Giò? Mi direbbe che sono solo una superficiale. Che mi sto giocando la reputazione. La reputazione poi. Tutto dipende sempre da come si fanno le cose. Non è vero. Facile parlare per loro. Niki sta con Alex. Olly si è innamorata di Giampi. Diletta ha Filippo. Si sono legate. Fermate. Hanno deciso che basta così, che non hanno bisogno di conoscere nessun altro. Ma come fanno a sapere che è giusto? Io invece voglio capire. Sperimentare. Voglio conoscere persone. Fare confronti. Solo così un giorno potrò sapere se ho incontrato l'uomo che fa per me. Lo riconoscerò proprio per questo. Grazie a tutti quelli che ho incontrato. E poi sono storielle così. Non faccio mica male a nessuno. Mi comporto come gli uomini, no? Loro non vengono criticati se flirtano con tante ragazze. È la solita vecchia storia. Le donne sono delle poco di buono, gli uomini dei miti. E poi non faceva così anche Olly? E restava simpatica a tutti per questo. Bene. Ora tocca a me. È la mia vita. La vivo come mi pare. E poi le uniche ragazze con cui vado davvero d'accordo sono le Onde. Le altre sono solo conoscenze. Con gli uomini invece è tutto più semplice. Sono diretti, sinceri, simpatici. Con loro non ci sono problemi di competizione, non mi devo preoccupare di gelosie per conquistare qualcuno. Siamo alla pari. Io e loro. E tante volte sono migliori di noi donne. Davvero. Anche con Francesco ad esempio è così. Mi piace, è simpatico, gentile, ci sto bene, ma mica è il mio ragazzo. E penso che lui l'abbia capito. E gli sta bene. E poi penso che se mi comporto sinceramente e spontaneamente non può essere sbagliato. Il cuore ha sempre ragione. Lo dicono le canzoni, i libri, i film. Lo dice anche il mio libro di etnologia, in fondo.
Erica beve l'ultimo sorso di tisana. Poi prende la tazza, la sciacqua, la mette a sgocciolare e fa lo stesso col cucchiaino. Lascia il bollitore lì, con ancora un po'"d'acqua ormai solo tiepida. Sistema la zuccheriera al suo posto. Tutto fatto. Sta per tornare in camera sua a ripetere, quando suonano al citofono. E ora chi è? Erica guarda l'orologio. Sono le cinque. Non aspetto nessuno. Passa accanto alla sua stanza. Guarda dentro. Meno male. Non se n'è accorto. Francesco sta ancora dormendo sul letto. Non ha sentito. Erica arriva fino al portoncino. Prende in mano il citofono.
"Chi è?" cercando di non urlare troppo.
"Ciao, stellina, che combini?"
Erica si ritrae un attimo. Non è possibile. E che ci fa qui?
"Antonio, sei tu?"
"E certo, chi vuoi che sia. Ma perché parli piano, non capisco niente col traffico qui dietro… Senti, ti va di venire al Baretto a Trastevere? Stasera c'è il dj- set durante l'aperitivo."
Erica rimane un attimo in silenzio. Poi risponde. "Guarda, non posso, non sto molto bene, preferisco rimanere a casa. Facciamo un'altra volta. Ok?"
"Ah… va bè. Peccato. Allora mi fai salire che ti saluto?"
Erica sbuffa un po'. "No, guarda, mi sono già messa il pigiama, davvero. Ci vediamo domattina in facoltà, dai!"
Antonio rimane un attimo in silenzio. Poi fa una piccola smorfia. "Ok, come vuoi."
E si allontana un po'"scocciato, sistemandosi meglio i pantaloni a vita bassa da cui sbuca un elastico Richmond. Ci teneva davvero a prendersi un aperitivo con lei. Da quando la conosce c'è uscito solo qualche volta ma vorrebbe approfondire. Solo che lei sembra sempre così sfuggente…
Erica si allontana dal citofono e torna in camera. Francesco sta ancora dormendo. Lei salta sul letto. "Oh, ma allora… dormi sempre!" e lo scuote un po'.
Francesco apre un occhio e la guarda di sottecchi. Poi si gira su un fianco. "Oh, ma ti svegli? Come fai a dormire con una donna così bella accanto?!"
Francesco si solleva leggermente. "Ora… insomma… una bella donna…"
Erica gli tira un colpo sulla spalla.
"Ahia! è vero…" Francesco sembra essersi svegliato. "Ora che ti guardo meglio, sì, scusa, sei bellissima… anzi di più. Ti ho forse incontrato in sogno?"
"Sì sì, bravo… te la sei cavata… La prossima volta ti scaravento fuori dalla porta nudo come sei…"
Erica scende dal letto e si rimette davanti al libro. "Mi risenti questo capitolo per vedere se lo so?"
Francesco sbuffa. "No, dai, non mi va… dammi l'iPod che mi ascolto un po'"di musica… e sogno ancora di te…"
Erica sorride. Bè, almeno sa come districarsi con i complimenti. Si allunga sulla scrivania, afferra il lettore e lo lancia a Francesco. Poi guarda il libro. Va bè, ripeterò da sola. Voglio fare una bella figura col prof Giannotti all'esame della prossima settimana. Deve rimanere a bocca aperta. Non che a quell'esame ci tenga particolarmente… è che è proprio troppo fico quel prof! Mi piace un casino. E fare un bell'esame è di sicuro il miglior modo per colpirlo.
Sei
Cristina sta rimettendo a posto alcuni cassetti del mobile della camera da letto. Trova alcune magliette di Flavio piegate. Le prende. Le guarda. Prova tenerezza e rabbia nei confronti di suo marito. Le stringe, le annusa. Ricorda quando le ha comprate, quando gliele ha viste addosso. Ogni momento. Da quanti anni sono sposati ormai? Otto. Hanno superato quella che chiamano la crisi del settimo anno. Ma quelle sono solo dicerie. Leggende metropolitane. Dare un numero all'amore, un'età alla crisi. A che serve? Sciocchi cinismi umani. E improvvisamente ripensa al giorno in cui ha comprato quella particolare maglietta, a quando lui se l'è messa per la prima volta. Poi, nel riporla di nuovo nel cassetto, nota, un po'"nascosta più sotto, una busta. Si stranisce. È di color avorio, stile pergamena. Lì per lì non le rammenta nulla. Poi la apre. Un tuffo al cuore. Riconosce la grafia. Precisa. Asciutta. Appena inclinata sulla destra. Legge la data scritta sulla destra. 2000. Il primo anno del nuovo millennio. 14 febbraio. San Valentino. E comincia a leggerla.
Amore. La parola di San Valentino. La parola di questo giorno appena iniziato. Amore. Il tuo secondo nome. Sono seduto al tavolo in cucina. Tu starai certamente dormendo. È notte. Domattina ti lascerò questa lettera sotto la porta. T'immagino mentre stai per uscire di casa ancora assonnata e la vedi. I tuoi bellissimi occhi che s'illuminano. Tu che ti accucci, la prendi, la apri. E cominci a leggere. E, spero, a sorridere. Una lettera, una piccola lettera che cerca di contenere una grande storia, la nostra. Il mio grazie a te per come mi fai sentire. Sarà impossibile farcela in due fogli ma io ci provo. Perché non posso farne a meno.
Dicono che non si possa parlare d'amore ma solo viverlo. È vero. Ci credo. Se io conosco l'amore è solo perché tu me l'hai fatto vivere e respirare. L'ho imparato con te. E poi ho capito che in realtà non s'impara niente. Si vive e basta, insieme, vicini, complici. L'amore sei tu. L'amore sono io quando sono con te. Felice. Sereno. Migliore. Ricordo ancora la prima volta che ti ho vista. Bellissima. In mezzo alla pista in quella piccola discoteca in Trastevere. Ballavi ridendo, ti muovevi morbida accanto alla tua amica. Avevi un vestitino azzurro con le spalline sottili che dondolava con te. I capelli scuri ricci sciolti sulle spalle, tenevi gli occhi chiusi e seguivi il ritmo. Io ti notai e di colpo non riuscii più a smettere di guardarti. I miei amici volevano continuare il giro e li lasciai perdere. Corsi al bancone del bar, presi da bere per due e scivolando in mezzo alla gente tenendo i bicchieri in alto, sopra la testa perché nessuno li urtasse, mi avvicinai a te, alle spalle, mentre continuavi a ballare. La tua amica se ne accorse, ti fece un cenno col mento e tu ti girasti. E da vicino eri ancora più bella. Ti sorrisi e ti porsi uno dei bicchieri. Tu all'inizio facesti la faccia seria, poi una specie di smorfia e poi un sorriso. Prendesti il bicchiere e brindammo così, due sconosciuti in mezzo a una pista da ballo. E poi parlammo. Non eri solo bella ma anche simpatica. E conoscendoti ho scoperto altre tue mille qualità. Sono fortunato. Molto. E se ripenso a tutto quello che abbiamo fatto insieme sorrido di felicità. La nostra minivacanza a Londra, quando prendemmo l'aereo il venerdì sera e rientrammo la domenica. I giri pazzi per Soho, la cena, fare l'amore in quel parco col rischio di essere scoperti. E ridere. E cercare di parlare bene inglese. E fare gaffe. E poi ancora quella volta che andammo a Stromboli, tenersi per mano camminando per quelle stradine strette, accanto a case bianche e basse, bellissime, piene di piante e fiori. E la scalata al vulcano. E le cene di pesce sulle terrazze dei ristorantini. E ridere di te a cavalcioni su quell'asinello che non ti ascoltava quando volevi che andasse a sinistra, e tu con la faccia buffa, un po'"disperata, di chi si arrende. E poi ancora le nostre serate romane, passeggiare fino a notte fonda senza annoiarsi mai, avere mille cose da dire, raccontare. E poi baciarsi all'improvviso e sentire le tue labbra così morbide appena coperte di lucidalabbra al sapore di frutta, come piace a te. Ogni serata, anche la più semplice, con te diventa speciale. Basta un niente. Non importa dove, a me sembra sempre una festa. E anche quando bisticciamo, poche volte in verità, in fondo mi diverti. Perché dura poco e poi facciamo sempre pace.
Ho mille ricordi splendidi di te. Più il tempo passa, più m'innamoro. Più di quanto credevo possibile. Ti amo quando sorridi. Ti amo quando ti commuovi. Ti amo mentre mangi. Ti amo il
sabato sera quando andiamo al pub. Ti amo il lunedì mattina quando hai ancora sonno. Ti amo quando canti a squarciagola ai concerti. Ti amo al mattino quando abbiamo dormito insieme e non trovi le ciabatte per andare in bagno. Ti amo sotto la doccia. Ti amo al mare. Ti amo la notte. Ti amo al tramonto. Ti amo a mezzogiorno. Ti amo adesso mentre stai leggendo la mia lettera, il mio augurio di San Valentino e magari stai dicendo che sono un po'"matto. Ed è vero. E ora preparati. Esci. Vivi la tua giornata. Goditi il mio pensiero che cerca di rubarti un nuovo sorriso per vederti splendere nella tua bellezza. Auguri, amore… Tra un'ora passo a prenderti. Le sorprese non sono finite!
Dagli occhi di Cristina spuntano due lacrime, rimangono sospese per qualche secondo e poi scivolano sulle guance. Com'era dolce. Com'era tutto diverso. Quanta voglia di sorprendere, di stare insieme, di amarsi. Eravamo speciali. Pensavamo di essere gli unici l'uno per l'altra. Noi. E poi gli altri. Il mondo. E ora? Dov'è finito tutto questo? Dove si è perso? Perché mi sento così? E continua a piangere leggendo la bellezza di quelle parole scritte da Flavio tanti anni prima. Pensando alla loro lunga storia, alla prima volta che lo vide. A quanto le piacque. Era bellissimo. E le sembra impossibile che ora sia tutto così cambiato.
Sette
Il sole cade di taglio sulle rampe del Pincio. Qualche turista in abiti multicolori guarda ammirato piazza del Popolo, additando
via via un particolare, uno scorcio o magari la nuova meta da raggiungere. Una coppia di giapponesi manovra una piccolissima digitale studiando diverse inquadrature e alla fine fa una risatina stridula una volta trovata quella migliore.
"Attenta, gli passi davanti."
"E che mi frega, scusa."
Diletta cammina di colpo un po'"più impettita e con un sorrisetto
beffardo entra perfettamente in mezzo, tra l'obiettivo e il bersaglio
prescelto da immortalare. Il giapponese sorridendo si ferma.
Aspetta. Diletta passa, ricambiando il sorriso. Il giapponese ci
riprova ma è costretto a fermarsi di nuovo.
"Diletta…"
"Oh, mica è colpa mia se mi sono dimenticata di dirti una cosa" e torna indietro, esattamente al punto di partenza, mentre il giapponese inizia a innervosirsi. "Ti volevo dire che…" e gli stampa un bacio in bocca.
Filippo ride. "Certo che sei scema… ma non potevi aspettare, scusa?"
"No. Come si dice: chi ha tempo non aspetti tempo. E chi ha umore non aspetti più!"
"Sto con un genio! Una copywriter!" e Filippo la pizzicotta un po'"sulle guance.
"Ahia! No, qui di copy ne abbiamo già uno bravo! A proposito
devo confermare a Niki…" e prende il cellulare dalla tasca del giubbotto. Lo apre e inizia a digitare veloce un sms.
"Che confermi?"
"La cena, no? Te l'ho detto che stasera sto da Niki… Anzi, dopo ci vediamo per fare la spesa!"
"Capirai! E chi cucina?"
"Tanto non sei stato invitato…"
"Ma non voglio neanche che il mio amore venga avvelenato! Mi ricordo l'ultima volta, sei stata con il mal di pancia tutto il giorno dopo!"
"Avevo preso freddo!"
"Sì, sempre a difendere le tue Onde tu!"
"E certo, tu me le vuoi affossare per rubare il loro posto nel mio cuore… ma già hai tutto lo spazio… Che vuoi diventare, un crudele tiranno?"
Filippo ride e prova a morderla. "Sì, voglio mangiare tutta te, tutta mia, solo mia…"
E continuano a scherzare, camminando nel verde, guardando la gente che passa, qualche mamma che legge una rivista mentre i figli giocano accanto alla panchina o un po'"più in là, quel tanto per non essere proprio sotto il controllo diretto e poter magari sporcarsi i pantaloni facendo una bella parata a tuffo nell'erba. Una coppia di anziani che passeggia vicina sta parlando. Lei sorride, lui l'abbraccia leggermente.
Diletta si gira di colpo.
"Oh, ma tu mica mi molli quando divento così…"
"Dipende."
"Da che, scusa?"
"Se tu non hai mollato prima me!"
Nel mentre il cellulare di Diletta vibra, facendo un leggero suono come di monetina che cade.
"Oh, ti perdi i soldi!"
"Macché! E la mia suoneria per i messaggi, sembra che cadano dei centesimi, è forte, la gente ci casca sempre. Anche tu!" Diletta apre la busta e legge veloce. "Perfetto. Confermato. Tra un'ora a piazza dei Giuochi Istmici… Sai che faccio? Io porto il gelato buono di San Crispino… Non lo hanno mai assaggiato, loro sono ancora molto legate al cioccolato di Alaska… Che dici?"
E Filippo quasi senza ascoltarla comincia a canticchiare. "Gelato al cioccolato dolce un po'"salato, tu, gelato al cioccolato…" e fa il gesto di mordere Diletta, che ride.
E se ne vanno dal Pincio abbracciati, sereni, senza sapere quale nuovo incredibile cambiamento avverrà presto nelle loro semplici vite.
Otto
Ufficio di Alex. Tutto come sempre. Il solito caos mascherato da calma e controllo.
Leonardo entra nella sua stanza con un pacchetto e lo poggia sulla scrivania.
"Buongiorno, questo è per te…"
Alex alza un sopracciglio. "Non è la mia festa. Non credo ci siano particolari scadenze, non mi sembra di essermi dimenticato qualcosa e non credo assolutamente che tu debba chiedermi a breve un favore particolare… vero?"
"Malfidato." Leonardo si siede sul bordo della scrivania di Alex. "Non potrebbe essere che sono ancora particolarmente felice del tuo ritorno e che mi fa molto piacere averti di nuovo qui?"
"C'è stato già l'aumento a testimoniare tutto questo…"
Leonardo sorride. "Non era abbastanza, o meglio… è molto. Ma questo è un mio piacere personale…"
Alex alza anche l'altro sopracciglio. "Comunque questo improvviso gesto d'affetto non mi convince" e intanto scarta il regalo. E rimane stupito. "Un computer minuscolo e una telecamera?"
Leonardo è entusiasta. "Ti piacciono? Sono i due ultimi ritrovati della tecnologia, si possono girare film in alta definizione e montarli col computer, scegliere le musiche da iTunes e mettere dissolvenze ed effetti direttamente dalle memorie. Ha incorporato un software sofisticatissimo… insomma, se tu volessi potresti girare un film e proiettarlo un attimo dopo, proprio come fa Spielberg."
Alex è perplesso. "Grazie… Ma questo forse vuol dire che "entreremo anche nella produzione cinematografica?"
"No." Leonardo scende dalla scrivania e va verso la porta. "Questo vuol dire semplicemente che sono molto felice che sei tornato e se devi farti uno di quei tuoi film: l'isola, il faro, insomma tutta quella storia che mi hai raccontato… con quegli aggeggi lì
puoi farlo tranquillamenti da qui, senza sparire di nuovo." Leonardo esce dalla stanza e un secondo dopo entra senza bussare
Alessia, la fldatissima segretaria assistente di Alex.
"Allora che succede? Te ne ha parlato?"
"Di che cosa?"
"Immagino del nuovo lavoro…"
"No. Era talmente felice che io fossi tornato che mi voleva solo dare un regalo… Questo!" E mostra la telecamera e il computer sottilissimo.
"Forte!" Alessia lo prende in mano. "E l'ultimo ritrovato della Apple, il MacBook Air, leggerissimo, sai che ha un sistema dentro per cui ci si può montare…"
"Direttamente un film…"
"Ah, lo sai… Praticamente potresti essere il nuovo Tarantino."
"A me ha detto Spielberg."
"è antico."
Proprio in quel momento entra Andrea Soldini, il bravissimo grafico pubblicitario.
"Ragazzi, guardate qua… Ho una notizia incredibile." E si avvicina con fare furtivo. Alex e Alessia lo guardano. Andrea Soldini tira fuori dalla tasca dei pantaloni un foglio piegato.
"Ho trovato questa e- mail…"
Alex gli sorride. "Non ti smentisci mai, eh…"
"Mai."
E per un attimo Alex ripensa a quella volta… un'altra e- mail, un'altra verità. Una storia ormai lontana.
Alex apre il foglio che gli passa Andrea Soldini e lo scorre velocemente. ""Alla società Osvaldo Festa"…" Guarda Andrea Soldini e Alessia. "Siamo noi… "Dopo i vostri grandi successi internazionali abbiamo deciso di accordarvi la possibilità di partecipare alla gara per il nuovo spot della nostra macchina in uscita…"" Alex legge velocemente altre righe fino a fermarsi alla notizia più importante ""… che prevede la produzione di un filmato"!"
Alex abbassa la lettera. "Ecco perché computer e telecamera… Sono felice di averti qui… Mi vuol far lavorare il doppio e basta…"
Andrea Soldini alza le spalle. "Però magari lo ha fatto senza pensarci."
"Lui? Ne dubito."
Alessia sorride allegra. "Bè, sarà un'altra bellissima sfida."
Soldini è d'accordo. "Giusto! E senza quel presuntuoso di Marcello. Dai, Alex, sarà una passeggiata!"
Tutti e due vanno verso l'uscita, poi Alessia si ferma sulla porta. "Sai una cosa, Alex? Sono proprio contenta che sei tornato."
"Sì Anch'io…" dice Soldini ed escono sorridendo dall'ufficio chiudendosi la porta alle spalle. Alex guarda la telecamera, poi il computer, poi la porta chiusa. E improvvisamente tutto gli appare tremendamente chiaro. Qui mi stanno fregando. Poi ci pensa meglio. Però in realtà nessuno di loro mi ha spinto o ha fatto chissà cosa perché io tornassi a lavorare… Sono qui perché ho scelto da solo di esserci. Sì, insomma, sto lavorando come prima, anzi più di prima, ma solo per mia scelta. E ora, com'è normale che sia, sta per partire una nuova bellissima sfida. E così ad Alex non resta che quell'ultima drammatica considerazione. Mi sono fregato da solo.
Nove
Tardo pomeriggio. Un bel sole inatteso contro ogni previsione di Giuliacci che aveva messo un po'"di nuvole birichine a coprirlo. E invece no. In quattro zone diverse della città quattro ragazze stanno salendo sulle loro auto e sui loro motorini. Ognuna si è preparata vestendosi in modo comodo, allegro, giusto per passare qualche ora in assoluta libertà. Sneakers, jeans, magliette, giubbini, trench e via, verso l'amicizia.
Niki accende il suo SH50. Infila il casco e si sistema. Parte a razzo come sempre, scansando per miracolo una bicicletta che sta passando di lì. Crescendo è più difficile. Nuovi impegni, altre conoscenze, ritmi diversi. E a volte sembra di essersi perse, di non aver dato la giusta importanza ai rapporti. Gli sms non arrivano più al ritmo di una volta, le uscite serali sono un po'"ridotte, ci si promette di vedersi e poi per un motivo o per l'altro sì rimanda. Sembra così lontano il periodo del liceo in cui i pomeriggi erano lunghissimi e si poteva stare insieme senza limite. Come una seconda famiglia. Bisogna crederci. Impegnarsi. Difendere i rapporti. Rinnovarli. Cercare di attraversare il tempo senza perdersi. Eppure siamo qui. Ancora qui. Le Onde. Pronte a mollare tutto per qualche ora e correrci incontro. Che bello. Ho proprio voglia di passeggiare, ridere di nulla, mangiarmi con loro un buon gelato comprato da Alaska. Sì. Niki sorride. È proprio vero.
Olly inserisce un nuovo cd nel lettore della Smart. Il Best of di Gianna Nannini. Grazie. E grazie sì. Grazie a noi. A come siamo. Al fatto che nonostante tutto siamo sempre qui, come quando facevamo le sfilate finte a piazza dei Giuochi Istmici. Come quando fingevamo di dormire a casa mia e invece andavamo alle feste. Come il giorno che comprammo il moleskine per scrivere ciascuna i suoi pensieri e poi leggerli insieme bevendo un tè. E il giorno che lo sotterrammo. E poi la volta che scegliemmo il nostro nome, le Onde, facendo una marea di ipotesi assurde usando le iniziali dei nostri nomi, sedute da Alaska. Sì.
Che buffo, me lo ricordo ancora. Olimpia… Erica… Niki… Diletta… OlErNiDi… NiErODi… DiNiErO… già! Diniero! Les Diniero, paghi dues prendi quattros! Che risate. E poi ancora N. E.D. O. Il fratello scemo del pesce Nemo! E piano piano altre buffe invenzioni fino ad arrivare al nome vero, l'unico possibile. O. N.D. E. Sì. Onde grandi, forti, onde che cercano una riva sicura per poi ripartire subito. Onde di un mare che esiste ancora. Alla faccia di chi dice che l'amicizia nata alle superiori non può durare nel tempo.
Erica inciampa sullo scalino del marciapiede. E te pareva. Oh, ma sempre qui cado, eh? È una vita che mi succede. Una vita. E di colpo, pensando a dove sta andando, ricorda tante cose. Il viaggio a Londra. Quello in Grecia. L'ospedale. Quando Diletta ebbe l'incidente. Che paura quei giorni. E se non ce l'avesse fatta? Impossibile. Mare orfano di un'onda. No. Non lo avremmo permesso. E poi il concerto di nascosto, la fuga al mare per gettare il sale prima della maturità. E l'amore. E quel computer che trovai. Quel ragazzo scrittore. Pensare che fosse un amore. E com'ero felice di raccontarlo a loro. Loro che ci sono sempre, anche se più grandi e un po'"diverse. Le mie amiche. Poi Erica sale sulla sua Lancia Y bicolore e parte, grattando la marcia.
Diletta si guarda riflessa sul vetro dell'auto. Ha i capelli un po'"esplosi oggi, dev'essere il nuovo balsamo. Lo diceva la pubblicità che dava volume. Non mentivano. Si aggiusta la molletta a forma di cuore sistemata a sinistra, sopra l'orecchio, e via, sale sulla sua Matiz rossa. Accende la radio. Scorre le stazioni e, dopo qualche fruscio, alcuni notiziari flash e dei programmi su economia e società, ferma il dito, smette di premere. No. Non voglio queste. E prende una custodia multipla dalla tasca dello sportello. Apre la cerniera e inizia a sfogliare i cd. Uno, due, tre… Eccolo. A volte sembra che le canzoni lo sappiano che hai bisogno di loro e allora si fanno trovare. Diletta prende il cd e lo infila. Oh. La compilation che ci regalammo a settembre, dopo le vacanze prima dell'università. Ognuna scelse delle canzoni e poi le masterizzammo in quattro copie. Forse la paura di perdersi. Traccia uno. Giorgia. Che amica sei. Diletta guida e continua a cantare. E un po'"anche si commuove a pensare ai tanti momenti insieme. Sì. "Che amica sei, non tradirmi mai, gli amori vanno, tu resterai." Vero. Anche se il mio amore è meglio che non se ne vada. Sennò, Filippo, ti spezzo le braccine! "Che amica sei, chiama quando vuoi se hai bisogno di ridere. Passa il tempo volando, noi aspetteremo qui tra un segreto e l'altro…" Sì, aspetteremo e ci saremo. "Fidati di me, io mi fiderò di te e stare ore a parlare e raccontarsi di noi, io ti sto vicina, non sarai sola mai…" No. E spero davvero che non lascerete mai sola nemmeno me. "Che amica sei, non cambiare mai, se chiedo una mano so che ci sei…" E Diletta sfila nel traffico e canta a voce sempre più alta. E quasi arrivata. Ed è puntuale. Semaforo rosso. Diletta dondola la testa dolcemente, seguendo la musica. Poi di colpo si gira. Non ci posso credere.
"Erica!" Diletta butta giù il finestrino. E la richiama. "Erica!"
Erica non se ne accorge. Scatta il verde e riparte. Diletta scuote la testa. È proprio cieca. E si è infilata pure nella corsia sbagliata! Che teppista. Diletta le si mette dietro e la segue. Tanto devono andare nello stesso posto. Diletta inizia a sfanalarle e suonarle, ridendo.
"Oh, ma chi è che rompe! Ma che vuole questo?" Erica sta per fare un gestaccio, quando guarda nello specchietto retrovisore. Mette a fuoco. Riconosce la massa di riccioli chiari. Macché, è lei? Ma è matta! E comincia a salutare con la mano facendole le linguacce. Si rincorrono un po'"fino ad arrivare al posto fissato. Parcheggiano miracolosamente. Scendono e corrono una verso l'altra, abbracciandosi e saltando come pazze.
"Oh, ma sembra che non ci vediamo da una vita!"
"Ma che c'entra! Ti voglio bene!" e continuano a saltare appiccicate, come due calciatori dopo un goal importante.
Dopo qualche istante sbucano anche Niki e Olly. "Oh, ma che fate! Che, vi siete fidanzate?!" e senza pensarci troppo si lanciano anche loro in quell'abbraccio folle, intenso, allegro, lì, in mezzo al parcheggio e alla gente che passa senza capire cosa abbiano quelle quattro ragazze che fanno una specie di girotondo gridando. "Dai, basta… dobbiamo andare a fare la spesa!"
"Come sei noiosa…"
"Sì sì… guardate che io non cucino, eh!"
"Ok, allora prendiamo le pizze!"
"Porto un gelato buono e nuovissimo, lo prendo da San Crispino, ok?"
"Aspettate… Aspettate… E come mai, Niki, hai deciso di risparmiarci? Ci dai la grazia?"
"Cioè?"
"Non cucini, quindi non ci avveleni!"
"Cretine!"
E continuano a scherzare in mezzo alla strada, spingendosi e ridendo, così, senza età, padrone del mondo, come solo in certi momenti di felicità si può essere.
Dieci
Sera. Alex torna a casa. Entra di fretta e comincia a preparare la borsa. Apre l'armadio. "Ma porca miseria, chissà dove mi ha messo i pantaloncini la signora delle pulizie…" Sbatte due o tre cassetti. "Ah, ecco la maglietta…" Proprio in quel momento squilla il telefonino. Guarda il display. È Pietro. E ora che succede? Non mi dire che lo devo andare a prendere anche questa volta. Apre il telefonino. "Già lo so…"
"Che cosa? Come hai potuto saperlo? Non ci credo che già lo sai, ma come hai fatto?"
Alex sbuffa. "Perché è sempre la stessa storia. Vuoi essere passato a prendere."
"No. Peggio. Non si gioca."
"Cosa? E io che mi sono scapicollato a casa per venire a giocare a calciotto e ora non si gioca? No, spiegami subito, deve essere successo qualcosa di incredibile perché salti la nostra partita…!"
"Infatti… Camilla ha lasciato Enrico."
"Passo subito a prenderti."
Poco dopo. Alex e Pietro sono in macchina. "Ma come è successo?"
"Niente, non so niente, mi chiudeva il telefono, non riusciva a parlare. Secondo me in certi momenti addirittura singhiozzava."
"Pure! Ma come la fai esagerata."
"Ti giuro, perché dovrei dirti una cazzata?"
Drin, suona di nuovo il telefonino di Alex.
"È Niki."
"Non le dire niente. Dille che andiamo lo stesso a giocare…"
"Ma saremmo già dovuti essere sul campo, sono le otto e dieci."
"E allora dille che stasera giochiamo più tardi."
"Ma perché?"
"Poi ti spiego."
Alex scuote la testa, poi apre il telefonino. "Amore…"
"Ehi, ciao! Pensavo fossi già in campo…"
Alex guarda male Pietro che curioso scuote la testa come a dire: che c'è?
"Ehm, no… giochiamo un po'"più tardi perché Pietro come al solito ha sbagliato a prenotare il campo…"
"Sul serio? Non è che mi stai dicendo una bugia?"
"Io? Ma perché dovrei, amore? Che ragione avrei di dirti una bugia?"
Alex di nuovo guarda male Pietro e scuote la testa.
"Boh, non so, così… lo sento… Comunque ti volevo dire che sto andando da Olly. Ci vediamo tutte lì ma ho il telefonino scarico, casomai ti chiamo più tardi quando torno a casa."
"Ma non lo puoi caricare adesso? O portarti dietro il caricatore?"
"No… Sono già fuori e ha fatto adesso il bip che segnala la batteria scarica…"
"Ah… Bè, allora lo puoi caricare a casa di Olly…"
"Nessuna di loro ha il caricabatterie come il mio… Amore, ma di cosa ti preoccupi? Tu starai giocando a pallone…"
"Ah già… Che sciocco… a dopo."
"Certo! Dedicami un goal se segni, come i grandi campioni, eh…"
"Certo!"
"Ecco, invece di fare il pupone per me fai il pupino!"
Alex chiude il telefono e fa a Pietro un sorriso falso. "Complimenti. Riesci sempre a mettermi nei casini anche quando non ce n'è assolutamente bisogno…"
"Cioè?"
"Crede che stiamo andando a giocare a pallone e invece non lo stiamo facendo."
"E allora dov'è il problema?"
"Che le ho mentito."
"Perché, ora tu non le hai mai mentito…"
"No."
Pietro lo fissa poco convinto. Alza il sopracciglio incredulo. Alex si sente osservato, controlla la strada poi guarda Pietro, poi di nuovo la strada, poi Pietro. Poi alla fine cede. "Va bene… tranne quella volta che non le ho detto che era tornata a casa Elena…"
"Hai detto niente! E le hai mentito anche sul fatto che ti ci eri rimesso…"
"Sì sì, va bene! Ma è stato più di un anno fa."
"E allora?"
"No, "e allora" lo dico io! Mi stai facendo un interrogatorio? Eh… Fatto sta che stasera, a distanza di un anno, le sto mentendo di nuovo e per di più senza una valida ragione."
"No, una ragione c'è."
"E quale?"
"Ecco, metti caso che Niki domani incontra Susanna e le dice che noi non abbiamo giocato."
"Eh… E che c'è di male?"
"C'è, perché io stasera faccio molto tardi perché ho detto a Susanna che cominciavamo a giocare alle undici…"
"Alle undici?"
"Eh sì, le ho detto che tu ti eri dimenticato di prendere il campo e ci hanno dato l'ultimo disponibile per giocare…"
"Pure!"
Alex scuote la testa e continua a guidare. Pietro l'abbraccia. "Grazie… sono fiero di avere un amico come te…"
Alex gli sorride. "Come vorrei poter dire la stessa cosa."
"Ah…" Pietro toglie l'abbraccio e si ricompone. "Sul serio?"
"No…" E Alex naturalmente ride e scuote di nuovo la testa.
Undici
Enrico è seduto sulla poltrona del salotto. Tiene tra le braccia la piccola Ingrid che sta dormendo.
"Cioè, voi capite, mi ha telefonato… Mi ha telefonato in ufficio e mi ha detto semplicemente questo: "La signorina Dora si ferma fino alle sette poi se ne va, vedi di esserci per quell'ora sennò Ingrid rimane da sola"…"
Enrico guarda Ingrid che dorme. La dondola un po', poi le tocca con un dito il bavaglio che ha sotto il mento sistemandoglielo meglio.
"Avete capito?"
Alex, Pietro e Flavio sono di fronte a lui seduti sul divano. Tutti e tre hanno la bocca aperta. Enrico li guarda scuotere la testa. Alex sembra quello più incuriosito.
"E poi?"
"E poi sono tornato qui appena in tempo, la signorina Dora se ne stava per andare."
"Sì, ma Camilla… Cioè, Camilla dov'è?"
Enrico li guarda sereno. Poi controlla l'orologio. "È in volo. Tra quattro ore circa arriva alle Maldive. Se non casca prima l'aereo, cosa che io tanto mi augurerei!"
"Alle Maldive? E con chi?"
"Con l'avvocato Beretti, distinto signore del mio circolo che le ho presentato io."
"Tu? E perché?"
"Camilla ha voluto fare in questa nuova casa dei lavori, gli operai hanno sbagliato alcuni attacchi nel bagno e hanno provocato drammatiche perdite d'acqua. E così con l'avvocato Beretti abbiamo fatto causa all'impresa…"
"Morale?"
"Morale, Beretti ha perso la causa con la ditta e io invece ho perso mia moglie che se n'è andata con lui…"
Flavio si alza dal divano. Solo ora Pietro se ne accorge.
"Ma sei vestito da calcio…"
"Eh, forse non te lo ricordi, ma dovevamo giocare, no?"
"Ah già!"
"Ero già in ritardo… Mi sono cambiato per non far aspettare gli altri in campo. Sarebbe stato tutto normale se avessimo giocato… poi c'è stato questo piccolo contrattempo…"
"Chiamalo piccolo contrattempo!"
Enrico alza le spalle.
"Va bè, ma tanto avremmo perso."
"Io non ne sono sicuro… Secondo me oggi era la giornata buona che vincevamo."
"E certo." Enrico li guarda e allarga le braccia. "Così mi sento pure in colpa per questa mancata vittoria."
"Oh, ricordatevi che si giocava alle undici."
Flavio guarda Pietro senza capire, improvvisamente sembra felice: "Ah, ma allora si gioca?".
Alex scuote la testa. "Lascia perdere, non si gioca…"
Pietro invece annuisce. "Si gioca, si gioca."
Flavio non ci capisce più niente. "Ma insomma, si gioca o no? Mi spieghi, Pietro?"
"Allora, guardate, è semplicissimo: non si gioca ma si gioca… Ok?"
"Bè, non è del tutto chiaro…"
Pietro si siede e allarga le braccia.
"Ok. Allora, ragazzi, voglio spiegarvi come ho capito che stanno le cose. Il vero problema è la fedeltà."
Flavio lo guarda curioso. "Cioè?"
Pietro continua sorridendo. "È inutile cercare la fedeltà… La fedeltà non è di questo mondo… O meglio di questa era. Oscar Wilde diceva che la fedeltà è per la vita sentimentale ciò che la coerenza è per la vita intellettuale: semplicemente la confessione di un fallimento. Quindi io alle undici entro, invece che in campo… sotto le lenzuola di una donna felicemente sposata con un marito che però gioca… fuori casa!"
Flavio si dirige verso la cucina. "Mi dispiace, ma non sono di quest'idea… Posso prendermi una cosa da bere?"
"Certo, in frigo c'è Coca, birra e anche dei succhi."
Flavio parla più forte dalla cucina. "La fedeltà si ha naturalmente quando un rapporto funziona. Si vede che ora le cose per te non vanno più bene… Qualcuno vuole qualcosa?"
"Shhh!" Enrico controlla che Ingrid stia sempre dormendo. "Flavio… potresti non urlare?"
Flavio torna in salotto con una birra. Questa volta parla a bassa voce. "Ma stiamo affrontando dei temi esistenziali!"
Alex fa segno con la mano come a dire: capirai. "E certo, come no… Se è lecito andare a letto o meno con una donna sposata quando il marito è fuori casa…"
Flavio stappa la birra. "Ho capito, ma tu Ingrid non potresti metterla nella culla a prescindere dalle problematiche di Pietro?"
"Ah già…" Enrico porta la bambina nella sua camera da letto.
"Non riesce proprio a staccarsene, eh?"
Pietro scuote la testa. "No. Pensa se fuggiva con la bambina… Si era già suicidato."
Enrico ritorna in salotto. Flavio ora è seduto sul divano e con calma cerca di tranquillizzarlo. "Tu comunque non te la devi prendere per Camilla, devi pensare che fino a ieri era andato tutto benissimo… Purtroppo qualcosa all'improvviso si è rotto."
"Sì, un tubo del bagno…"
"E un rapporto d'amore…" Flavio finisce di bere ed è come se gli venisse in mente qualcosa. "Ma scusa, quell'investigatore non aveva trovato nulla due anni fa… giusto?"
Enrico guarda Alex. Alex guarda Flavio. Flavio guarda Pietro. Enrico è sgomento. "Cioè, sono senza parole… Ma Alex… lo hai detto a tutti?"
Alex fissa Pietro. In realtà lo aveva detto solo a lui. Stavolta l'ha fatta grossa, l'ha messo davvero nei casini, deve mentire, per la seconda volta.
"Enrico, scusami… Era un peso troppo grande per me da portare da solo…"
Pietro capisce di aver sbagliato e cerca subito di recuperare. "Ok, lo sappiamo da sempre, Enrico, che tu avevi cercato un investigatore perché non ti fidavi di Camilla, ma non devi prenderla male. Siamo un gruppo e dobbiamo affrontare le cose come gruppo. Oggi tocca a te, ma domani potrebbe toccare a me o a lui o a lui."
Flavio e Alex si toccano subito cercando di allontanare la jella. Pietro se ne accorge.
"È inutile, non c'è gesto scaramantico che possa allontanare la sfiga: quando tocca… tocca!" Alex forse una colpa ce l'ha. Avrebbe dovuto dare tutte e due le cartellette dell'investigatore a Enrico! Ma ormai è andata così.
Pietro batte sulla spalla di Enrico. "Noi dobbiamo dare per scontato che quella volta l'investigatore abbia lavorato bene… Ma quello che a volte non si vuole accettare è che l'amore finisce e basta."
"Ma grazie! Grazie, sul serio, grazie!" Enrico si alza scocciato. "Ti ringrazio, sei proprio quello che ci vuole in questi momenti, sei l'aspirina per il mal di testa, lo sciroppo per la tosse…"
"Sì, il preservativo per la prostituta! Ma la volete finire di illudervi?" Pietro guarda i suoi tre amici scuotendo la testa. "Come potete credere ancora nelle favole? Oggi più che mai con i telefonini, le chat, gli sms, le donne tradiscono, si distraggono, flirtano, sognano, fanno le romanticone con un altro, insomma amano tradire né più né meno degli uomini. Altrimenti non si spiegherebbe il mio incredibile successo, compresa questa serata." Guarda l'orologio. "Anzi, non mi fate fare tardi, eh!"
Pietro si accorge che gli altri lo guardano male. "Ok, allora mettiamola così… la donna dopo un po'"si stufa esattamente come l'uomo, non è vera la storia che per fare sesso deve essere per forza innamorata, ve la siete inventata voi, anzi noi tutti, noi uomini, perché ci faceva piacere credere che una venisse con noi solo per amore! Ma non è così! Le piace esattamente quanto piace a noi, se non di più. E tutta quella storia del parlare e parlare per convincerle… Non è vera! Come dice Woody Allen, fare sesso è meglio che parlare… parlare è la sofferenza necessaria per arrivare al sesso. E ce n'è un'altra troppo forte di Balzac: "E più facile essere amante che marito, per la ragione che è più difficile avere spirito tutti i giorni che dire cose carine di tanto in tanto". Ed è verissimo! Io lo vedo con Susanna, a volte non mi va molto, invece nel fare l'amante io do il meglio di me!"
Flavio interviene. "Scusa, Pietro, ma io non sono assolutamente d'accordo. E allora il piacere di costruire insieme, la voglia dell'esclusività dove li metti? Io faccio delle cose per mia moglie, e a volte con fatica, perché lei si senta realizzata, felice, soddisfatta!"
"Ma de che! Sì, in parte può essere anche felice, ma alla fine è solo abitudine, la donna comune ha paura della novità! Sai quante mogli ho conosciuto che solo perché ci andavo a letto volevano improvvisamente lasciare il marito, si sentivano delle specie di eroine a dare una svolta alla loro vita… Ma poi appena capivano che comunque io non avrei mai iniziato una storia con loro, per timore della stessa noia del ménage che mi avevano più volte raccontato, sono subito ritornate dal marito stranamente più innamorate di prima. E, tutte le volte, hanno deciso di ripartirci subito in vacanza! Quindi per alcune di loro sono stato anche terapeutico! Ma dai, ragazzi, a volte l'amore è proprio ridicolo…"
Enrico lo guarda sorpreso. "Quindi vorresti dire che Camilla,
sì insomma, visto che si è comportata così, le stai facendo dei complimenti, è una donna coraggiosa, una temeraria!"
"Senti, adesso non mi va di parlare dei vostri casini. Non si può generalizzare. Le donne vi fanno credere che sono lì, fedeli, vi danno sicurezza…" Poi guardando Alex alza il sopracciglio. "Magari vi dicono che hanno il telefonino scarico perché non vi possono dire semplicemente: stasera ho voglia di vedere un altro… Perché non c'è apertura nella coppia, siamo tornati a prima del '68! Tutti tradiscono e tutti fanno finta di niente."
Alex lo guarda scocciato. "Guarda che Niki ce lo aveva sul serio scarico il telefonino…"
"Ah, sì e come fai a esserne così sicuro?"
"Perché me lo ha detto lei…"
"Bella risposta."
"E soprattutto perché se avesse voglia di uscire con qualcun altro me lo direbbe!"
"Questa mi piace ancora di più… Ho sempre amato la fantascienza…Victor Hugo diceva una grande verità… "Una donna che ha un amante è un angelo, una donna che ha due amanti è un mostro, una donna che ha tre amanti è una donna." Sapete quante mogli o ragazze fidanzate hanno avuto storie con me? Le corteggio, faccio rivivere loro l'entusiasmo delle prime uscite, delle sorprese del letto… E quelle per un attimo pensano di lasciare il marito, oppure lo lasciano anche per un po', ma solo con la mente, eh… ma poi ci ritornano, sono fifone, proprio come noi e anche per quel "lato lì" sono esattamente uguali! Le donne sono uomini con le tette… ma senza palle."
"Senti, sei pessimo. Ma allora perché ti sei sposato?"
"Perché a una donna a un certo punto devi dare quella tranquillità… che serve anche a noi poi, eh… "La famiglia è l'associazione istituita dalla natura per provvedere alle necessità dell'uomo" diceva Aristotele. E Susanna era la persona giusta per fare questo passo. Ma in qualsiasi matrimonio è così, sia lei che tu non vi accontentate più, non bastano i figli, non basta la casa… "Fare il marito è un lavoro a giornata piena. Perciò tanti mariti non riescono. Non riescono a metterci tutta la loro attenzione" diceva Arnold Bennet. E aveva ragione, porca miseria! Tutti vogliamo innamorarci, vogliamo l'amore… e lo cerchiamo dove capita! Lo sogniamo, lo rincorriamo!"
Alex scuote la testa. "Ma che sei, un Wikiquote vivente? Spari citazioni a raffica…"
Pietro fa una faccia solenne e poi… "E certo, mi sono preparato sul tema per stupire le mie dolci prede, loro amano le citazioni, che ti credi… E questa invece la uso quando qualcuno mi attacca, senti eh… "Subito dopo il creatore di una buona frase viene, in ordine di merito, il primo che la cita." Ralph Waldo Emerson."
Alex scuote la testa. "Sei irrecuperabile. Comunque io non sono e non sarò mai d'accordo con te. I miei si sono sposati e sono da sempre felici."
"Eccezione che conferma la regola."
"Anche quelli di Niki."
"Troppo presto per esserne del tutto certi, hanno la nostra età… E noi come vedi…" indica con gli occhi Enrico ma senza farsi notare, "stiamo tutti crollando…"
Proprio in quel momento suona il telefonino di Alex. "È Niki…" Apre il cellulare. "Amore! Non ce l'hai scarico, allora?" Alex guarda soddisfatto Pietro e gli fa un gestaccio.
"No, sono riuscita a caricarlo perché ho visto che anche l'attacco di quello di Olly va bene… Siamo a casa sua! Avete già finito di giocare?"
"Ehm." Alex si alza dal divano e va verso la camera da letto.
Pietro lo guarda e sospira rivolto agli altri.
"Vedete, mi sa che anche lui ha qualche problema." Alex al sicuro dalle orecchie degli altri continua: "Sì, abbiamo smesso perché uno si è fatto male…".
"Sul serio? E chi?"
"No, non lo conosci, uno dell'altra squadra… Ah, e poi siamo venuti da Enrico perché non giocava…"
"Ah, sta poco bene?"
"Peggio…"
"Cioè?"
"La moglie l'ha lasciato."
"Ah." Niki rimane in silenzio.
"Niki?"
"Sì?"
"Purtroppo può accadere."
"Oh, certo, figurati… però uno ha fatto una promessa di fronte a Dio e vorrebbe che tutto andasse per il meglio… Invece…"
Alex è teso, curioso.
"Invece?"
"Niente… Non siamo capaci di realizzare un sogno."
"Sì, Niki, ma non la prendere male."
"No, è che mi dispiace. Vedo l'incapacità di una persona nel portare fino in fondo qualcosa."
"Magari volevano tutti e due ma poi qualcosa cambia…"
"E noi cambieremo?"
"Spero di no."
"Lo spero anch'io…" Poi fa una voce più allegra. "E comunque non abbiamo fatto nessuna promessa, no? No. Bè, ora torno dalle mie amiche."
"Ok, ci sentiamo più tardi." Alex guarda il telefono chiuso e rimane per un attimo interdetto. Quella frase. Non abbiamo fatto nessuna promessa. Che c'entrava? Perché l'ha detto? E poi l'ha detto con una voce allegra. Ma che voleva dire: meno male che non abbiamo fatto nessuna promessa? Lo avvolge una leggera morsa allo stomaco. Boh. Poi si rimette il cellulare in tasca e torna in salotto.
"Tutto bene?" chiede Pietro sorridente e particolarmente curioso.
"Sì… tutto benissimo."
Enrico li guarda sbalordito. "Vi ringrazio per il vostro interesse e calore. Ho sempre saputo che potevo contare su di voi."
Pietro muove le mani in maniera esagerata. "Sì, va bè, ora non ci farai credere che questa cosa ti è arrivata tra capo e collo all'improvviso, a ciel sereno… Lei non era contenta, si lamentava, non era soddisfatta."
Enrico lo guarda perplesso. Anche Alex e Flavio.
"Scusa, e tu che ne sai?"
"Bè" Pietro si guarda in giro leggermente preso in contropiede, "certe cose si capiscono… Si leggeva sulla sua faccia, ecco, certo, ci vuole una certa sensibilità. E a me quella non manca di certo. Ora scusate ma devo andare a trombare questa donna che è sola in casa." Poi guarda l'orologio. "Sì… I figli staranno dormendo e lui avrà già fatto la telefonatina rassicurante da fuori. Ciao, ragazzi, ci sentiamo domani."
Ed esce sbattendo la porta dietro le spalle.
"Non gli manca la sensibilità, eh… Una bestia, ecco cos'è!"
"Bè" Flavio alza le spalle, "comunque ha ragione, vive alla grande, se ne frega e se la diverte come se avesse diciott'anni."
Alex rimane sorpreso. "Strano che la pensi così, non consideri il fatto che ha una moglie e soprattutto due figli! Se decidi di averli, fai automaticamente un'altra scelta di vita e non puoi essere così irresponsabile…" Proprio in quel momento Enrico prende una foto dal tavolino. C'è Camilla con in braccio Ingrid appena
nata. "E questa, eh? Questa che cos'è allora? Un fotomontaggio? Una mamma con una figlia!" E con rabbia scaglia la fotografia contro il muro mandandola in mille pezzi.
"Calma, Enrico…" Alex cerca di tranquillizzarlo. "Conosco una che ha fatto un figlio e l'ha lasciato qui a Roma con il padre perché aveva voglia di provare una nuova vita ed è volata in America… Un'altra l'ha lasciato sempre al padre e se n'è andata a vivere a Londra e un'altra ha fatto la stessa cosa e adesso lavora a Parigi"
"Ho capito, quindi Camilla, che ha lasciato Ingrid a me e se ne va alle Maldive "solo" una settimana in vacanza con un altro, è quasi normale."
"Magari ci ripensa."
"Magari torna."
"Sì, magari magari… Io so solo che devo trovare una nuova babysitter…"
"E Dora?"
"Non so come, ma ce l'aveva trovata l'avvocato Beretti…"
"E allora?"
"Per solidarietà se ne è andata anche lei…"
Flavio è allibito. "Ma per solidarietà con chi? Mi sembrano tutti pazzi oggi…"
"Fatto sta che ho già messo un annuncio, devo fare un provino a qualche babysitter!"
"E che è, X Factor?"
"Sì… Magari!"
"Bè, potresti vedere chi le canta meglio la ninna nanna!"
"Beati voi che avete sempre voglia di scherzare…"
Enrico si butta nuovamente sul divano a gambe allargate e getta la testa indietro. Flavio e Alex lo guardano. Poi si scambiano un'occhiata. Flavio alza le spalle. In effetti è davvero difficile trovare qualcosa di giusto da dire a un amico che soffre per amore. Sta lì, nella sua sofferenza, in mezzo a mille domande inutili e tu hai in tasca solo le tue risposte, personali, relative, per nulla adatte alla vita di un altro. Poi Alex si siede vicino a lui. "Era solo per fartela vedere da un lato migliore…"
"è che non c'è un lato migliore…"
"Sai cosa diceva Friedrich Christoph Oetinger? "Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso cambiare, e la saggezza di saper distinguere le une dalle altre.""
"Sembri Pietro con tutte quelle sue citazioni per giustificare la voglia di sesso…"
"C'è solo una differenza, questa è utile e serve solo a farti riflettere sulla situazione nella quale ti trovi."
"Ma chi era questo Friedric Cris Tinger? Non l'ho mai sentito…"
"Friedrich Christoph Oetinger. Un padre spirituale."
"Ho capito. Grazie del consiglio, Alex, praticamente mi stai dicendo che devo farmi prete!"
"Se è per questo, quella frase la dicono anche nel film L'erba di Grace, dove persone di tutte le età si fanno un sacco di canne… Quindi mettiamola così, ci sono moltissime cose in questo mondo, l'unico vero problema è l'uso che ne facciamo."
Enrico sorride. "Sai, a volte le parole mi piacciono un sacco… Ma poi mi fermo e penso: cavoli, quanto mi manca Camilla. E allora tutti i pensieri stanno a zero, anche tutte quelle belle frasi di quel tuo padre spirituale… A me ne viene in mente solo una di Vasco: "Il mal di pancia ce l'ho io, mica te"."
Alex sorride. Già, il dolore appartiene a chi lo prova e non c'è parola che basti a spiegarlo né a far stare meglio chi soffre. Non posso proprio dargli torto.
Dodici
Olly vede Niki strana.
"Ehi, che c'hai?"
"Perché?"
"C'hai una faccia…"
"No, niente. Enrico s'è lasciato con la moglie."
Erica sta preparando un frullato per tutte: fragole, banane, pesche e latte. Spegne il frullatore. Ci pensa un attimo. "Qual è Enrico? Ah sì… No, non mi piace…"
"Erica!"
"Sentite ragazze io sto attraversando un momento un po'"così…"
"È una vita che attraversi un momento un po'"così!"
"Ma che dici! Mi ero messa con quello Stefano, credevo che fosse uno scrittore e invece faceva solo il lettore per una casa editrice…"
"Ho capito, ma era più importante il suo lavoro o come ti faceva sentire e cosa rappresentava per te?"
"Non so, era come se in qualche modo mi avesse mentito!"
"Ma se ti sei fatta un film da sola con quel computer che avevi trovato e pretendevi che chi c'era dall'altra parte fosse il tuo principe azzurro per forza!"
"Ma che dici! Ma neanche un lettore di libri rosa!"
"E comunque dopo Stefano il lettore hai avuto Sergio il pittore, Giancarlo il dottore e Francesco il giocatore… Possibile che nessuno di questi andasse bene e durasse più di un mese?"
Erica sbuffa. Riaccende il frullatore. Poi alza la voce per superare il rumore. "Ok. Stavo sperimentando. C'è qualcosa di male? In fondo se una ha una storia sola, cosa vuoi che capisca dell'amore? Che poi oh, finché lo fa Olly va tutto bene e se lo faccio io no…"
"Ma che c'entro io!" Olly salta sul divano, prende un cuscino e lo tira a Erica. Continua a gridare. "E poi io mica me li prendo
che finiscono tutti in — ore! Dai, dicci chi è questo! Osvaldo il domatore?! Giustino il saldatore?! O Saverio il manovratore?!"
Niki sorride. "No, è Saverio il frullatore! Ma spegni "sto coso! "
"Brave… Bene… prendete per il culo, prendete. Si chiama Giovanni e fa il dentista."
"Bè, se non altro può servire…"
"Secondo me sotto sotto sei ancora innamorata di Giò."
"Ma che dici?"
"Tu dici sempre "ma che dici"!" Olly fa in falsetto l'imitazione di Erica. "Ma secondo me" le fa l'occhiolino, "io sotto sotto dico proprio la verità!"
"Anche secondo me. Tu non sei mai riuscita a superare il fatto che il ragazzo dei "Tre metri sopra il cielo", la tua prima storia importante, non abbia saputo durare nel tempo… Rassegnati, è naturale, si cresce, si cambia."
"Infatti, cara Olly, mi sa che tu cresci troppo in fretta, il tuo Mauro l'idraulico è durato solo tre settimane."
"Incompatibilità culturale."
"Già. E ora stai con Giampi, sei gelosissima e state sempre a litigare."
"Incompatibilità caratteriale."
"Secondo me sei incompatibile e basta."
"Ma che dici! Questa volta lo dico io e ci sta proprio bene! Io sono cambiata, prima avevo un ragazzo ogni settimana, ora sto con Giampi da ben sei mesi. Erica stava sempre con Giò e ora sta con uno ogni settimana."
"Due…"
"Capirai!" Diletta sorride. "Prima che mi portiate sfiga potreste non nominare la mia situazione? È serena e tranquilla e procede a vele spiegate, verso un felice cammino…"
"Sempre che non si scivoli!"
"Ahia, ecco la portasfiga!"
"Ma scusa, noi tutte siamo state a letto almeno con un altro uomo oltre a quello con cui stiamo ora. Se non di più…"
Erica alza le spalle. "Va bè, ora non sottilizziamo."
"Il mio primo non ce l'aveva proprio sottile…"
"Olly! Che bora!"
"Oh, quando ce vò ce vò"
Niki scuote la testa. "Va bè, io volevo fare un discorso serio. Cioè, Diletta spiegami una cosa, tu stai con Filippo e starai magari
tutta la vita con lui, solo con lui, non proverai sessualmente altri uomini all'infuori di lui?"
Diletta alza le spalle. "Pensa che anche mia madre ha fatto la stessa cosa con mio padre…"
Olly scuote la testa. "Ho capito, è una malattia ereditaria.1"
Diletta non è d'accordo. "O un pregio trasmissibile! Perché lo leggi come una cosa negativa?"
"Ma perché senza paragone non si può amare in maniera assoluta. L'ha detto anche Erica prima. Questa è filosofia pura!"
"Sì, del mercato." Diletta si siede sul divano. "E comunque è troppo presto per dire qualcosa, magari cambieremo tutte di nuovo nei prossimi anni."
Erica arriva portando un vassoio con quattro bicchieroni di frullato.
"Ecco, addolcitevi, serpi. Comunque nei vostri discorsi non state tenendo nella giusta considerazione Niki! Lei è un evento, un miracolo italiano… Cioè, a parte la fuga sull'isola da cui è tornata, Alex non si è rimesso con Elena e non solo… Lui e Niki durano!"
"Ecco uno di quei casi in cui una donna dovrebbe avere le palle…"
"Perché?"
"Per toccarsi e allontanare la sfiga!"
Tutte e tre ridono, mentre Erica beve il suo frullato. "Io che li guardo da fuori li vedo come una coppia felice, anzi strafelice, e tutte quelle con una certa differenza d'età come Melanie Griffith e Antonio Banderas, Joan Collins e Percy Gibson… Demi Moore e Ashton Kutcher, Gwyneth Paltrow e Chris Martin… devo dire che sono durate, anzi… Si sono anche sposate!"
"A proposito!" Olly, Diletta ed Erica a questo punto guardano Niki tutte curiose.
"A proposito cosa?"
"No, dico… A proposito… È mai uscito il discorso?"
Niki le guarda un attimo. "Cosa volete sapere?!"
"Se è presto per litigare per chi tra di noi ti farà da testimone!"
Niki alza un sopracciglio. "Abbiamo parlato di bambini, ma non di matrimonio."
"Come mai?"
"Che ne so? È uscito così. Sai, quando parli e dici una cosa, ecco… Ne vorremmo quattro, due maschi e due femmine!"
"Pure! Ma voi siete pazzi…"
Erica ride. "Quattro… Mi sembra un numero insostenibile. Io
mi dimenticherei persino i nomi. La sera solo a chiamarli per mettersi a tavola, la cena diventerebbe fredda!"
"Ma scusate, quando uno sogna almeno sogna in grande, no? C'è sempre tempo per ridimensionarsi. Comunque appena ho notizie ve le dico. Ah, a proposito, oggi all'università ho conosciuto uno niente male…"
"Niki!"
"Cioè, in effetti non l'ho conosciuto perché gli ho detto che quest'anno avevo già conosciuto troppa gente."
"Ah ah! Troppo forte questa! Sei un genio, Niki!"
"Macché… l'ho rubata da quel bellissimo film, Sciarada, con Audrey Hepburn e Cary Grant."
"Ah, peccato, mi sembrava proprio da te!"
"È vero, ora che ci penso me la potevo rivendere…"
"Ma te la puoi rivendere lo stesso!"
"Ma no…" Diletta sorride. "Magari il film lo conoscono tutti o si ricordano quella battuta."
"Lui però non se l'è ricordata."
Olly diventa seria. "Ma scusa, Niki, per uno che neanche hai voluto conoscere metti in discussione il tuo splendido rapporto con Alex e l'allegro progetto di ben quattro bambini?"
"Ma che, siete matte? Io lo volevo proporre a voi. Se tu, Olly, ti scocci di essere gelosa di Giampi, se tu, Diletta, vuoi giustamente provare qualcosa al di fuori del tuo "amore assoluto" e se soprattutto, Erica, come al solito dopo una settimana…"
"Due!"
"Va bè, dopo due settimane ti molli con il neoarrivato dentista… Ecco là che avete già pronto l'uomo di scorta!"
"Già… C'è chi ha il ruotino. Noi abbiamo l'omino di scorta!"
"Guardate che non è niente male."
"Lo vedi che ti piace!"
"Lo dico per voi!"
"Sì sì, come no…" E continuano così a ridere e scherzare, bevendo quel frullato buono, appena fatto, guardandosi negli occhi, senza alcun dubbio o minima penombra.
"Però sapete cosa vi dico… Ci ho ripensato. Non avete apprezzato il mio gesto… E quindi il mio omino di scorta non ve lo presto! Mi piace troppo!" E le Onde tutte insieme si buttano sul divano.
"Aiuto… Siete pazze… Scherzavo…"
"No no, tu dici sul serio!"
E ci sono frasi dette con leggerezza che sono più vere di quel che sembra. Le Onde continuano a giocare, si spingono, si tirano cuscini, si placcano come a rugby, bevendo il frullato prima che si rovesci dappertutto, sui vestiti, sul divano. Amiche. Da sempre. Come sempre. L'amicizia è un filo sottile e indistruttibile che attraversa la vita e tutti i suoi cambiamenti.
Tredici
Alex e Flavio escono da casa di Enrico. Flavio si è cambiato, è di nuovo in jeans e si sta mettendo a posto il golf.
"Poveraccio, Enrico… Mi dispiace proprio, ancora mi ricordo il suo matrimonio, era l'uomo più felice del mondo. Quanto tempo fa è stato?"
"Sei anni, neanche è arrivato alla crisi del settimo, ma è durato fin troppo. Ci sono alcuni che resistono un anno, sei mesi… Per non parlare della gente dello spettacolo. Ti ricordi quella storia di anni fa, quell'attrice… com'è che si chiamava? Ah, sì, Claudia Pandolfi. Ecco, lei ha battuto tutti, si è sposata e si è separata dopo settantacinque giorni…"
"Ma c'è anche quel mito di Paul Newman che è stato sempre sposato con la stessa donna, felici e innamorati. È famosa la sua frase… "Perché andare in giro a mangiare un hamburger quando a casa ho una sana e buona bistecca che mi aspetta?""
"Vallo a spiegare a Pietro… Quello si accontenta anche di un hot dog freddo, pur di mangiare fuori!"
Flavio si ferma nel cortile e apre la borsa dello sport.
"Che fai?"
"Niente…" Prende la maglietta, l'accappatoio, apre la pompa dell'acqua e ce ne butta un po'"sopra.
"Ma sono puliti…"
"Appunto, vai a spiegare a Cristina perché non abbiamo giocato."
"Ragazzi, voi siete paranoici…"
"La prudenza non è mai troppa… E poi il più pulito c'ha la rogna."
"Cioè?"
"Che le nostre mogli non crederebbero mai al fatto che non abbiamo giocato per consolare Enrico… Quindi, è meglio che abbiamo giocato!"
Alex si incammina verso la macchina. "Sono veramente senza
parole…" Flavio lo raggiunge un attimo dopo. "Allora ti posso dire una cosa, Alex? L'ho imparato con l'esperienza. Loro non devono mai avere neanche un minimo dubbio, sennò è finita. Devi dare certezza."
"Anche se ormai ti sei sposato?"
"E certo! Soprattutto adesso! Vedi come lo dici? Anche se "ormai" ti sei sposato… È come se finisse qualcosa, non ci fosse più tensione… Invece è lì che comincia tutto!"
"Ma no, io lo dicevo nel senso che se addirittura hai deciso di sposarti con lei vuol dire che hai trovato la donna giusta, che è lei quella che cercavi. Non ci può essere più tensione… ma armonia, complicità, fiducia… Insomma, una squadra vincente. E per sempre dovrebbe essere così!"
"Ecco, hai detto la frase giusta!" Flavio entra nella sua macchina. "Dovrebbe essere così… Ma lo è? Prima ti ha chiamato Niki e il telefonino funzionava. Ma ora? Ora funziona o è spento? Hai fiducia in lei? È veramente a casa delle sue amiche? E con loro? O fai come me che non ho mai avuto un dubbio su Cristina e vivo senza gelosia, e lei credo che apprezzi questa mia fiducia illimitata… oppure entro dieci minuti proverai a chiamare Niki. E non solo per sentirla. Questo lo sai solo tu." Flavio fa un incredibile sorriso. E chiude lo sportello. Accende la macchina; tira giù il finestrino. "Solo tu. Tu e basta. Fiducia o gelosia… questo è il dilemma!" E parte lasciandolo così, da solo, in mezzo alla strada. Alex non aspetta altro che Flavio giri l'angolo. Prende subito il cellulare dalla tasca e compone il numero. Rimane un attimo in silenzio, con il fiato sospeso e il cuore anche, preoccupato che il telefonino di Niki possa essere spento. Poi finalmente il segnale.
"Tuuu… Tuuu…" Alex sorride. È libero. È acceso. E ora? Ora risponderà… vero?
Quattordici
Niki, a casa di Olly, continua a ridere e scherzare con le amiche.
"E dai, prima mi avete quasi rovesciato il frullato addosso! Ahia… e dai!"
"E che vuoi che sia, tanto è freddo, ti fa bene alle gambe!"
"No, me le macchia!"
"E chi ti deve vedere… Solo Alex, giusto?"
"Non so…"
"Ah, sì?" e le risaltano addosso e iniziano a farle il solletico.
"No, vi prego, il solletico no, mi sento male. Ho mangiato. Aiuto basta, vi vomito addosso! Vi giuro che lo faccio…"
"Allora dicci subito il nome di questo bono che hai conosciuto!"
Niki ride e si dibatte sotto le loro mani, che continuano a farle il solletico. "Aiuto, ahia, basta, vi giuro, non me lo ricordo…"
Poi riesce a sfuggire da sotto, scivola sul tappeto e scappa via finendo vicino alla sua borsa.
Proprio in quel momento sente il telefonino che aveva messo con il vibra. È Alex che sta provando a richiamare. Uno, due, tre squilli. Niki cerca il cellulare nella borsa, lo trova e all'ultimo risponde.
"Finalmente! Ma che succede? Perché non rispondevi?" Alex è palesemente agitato. Niki guarda le amiche e in un attimo le viene in mente l'idea.
"Ah, ciao… Come stai… Che sorpresa!" Poi copre il microfono con la mano e si rivolge alle amiche. "E lui, è lui. Non ci posso credere!" Salta sul posto con un'incredibile felicità.
"Neanche noi" sussurra Olly avvicinandosi. Tutte le sono subito intorno, si schiacciano contro di lei, attaccate con l'orecchio al telefonino pur di ascoltare la voce e soprattutto quello che potrà dire il nuovo arrivato.
Alex guarda interdetto il telefono. "Ma come che sorpresa, ci siamo sentiti poco fa!"
Niki capisce che stanno per riconoscerlo e si sottrae improvvisamente al gruppo. "Bè, ma per me è sempre una sorpresa sentirti… Sai che oggi eri veramente carino?"
"Oggi? Quando ci siamo visti? Ma se ti ho salutato che stavo ancora in pigiama…"
"Appunto, stavi benissimo così… con quel pigiama…"
Alex è sempre più interdetto. "Niki… Ma che, hai bevuto?" Un attimo dopo Niki non ce la fa più a tenere a distanza le Onde, che alla fine riescono a immobilizzarla. Niki cerca di non mollare il telefonino, lo copre con la mano. "No, dai, ferme, è mio, è mio…"
Alex sente tutto quel trambusto.
"Ma cosa è tuo? Niki?"
Olly le strappa il Nokia mentre Alex cerca di capire qualcosa.
"Pronto, pronto, Niki? Ma che succede?"
Olly ascolta al telefono.
"No, ferma, ridammelo… Ridammelo!" Niki si dibatte tenuta da Erica e Diletta, cercando di riprendersi il cellulare mentre Olly lo riconosce al volo. "Ciao, Alex!"
"Chi è? Olly?"
"Ma sì, certo! Sono io… Come stai?"
"Benissimo, ma che fine ha fatto Niki?" Olly la guarda prigioniera delle altre Onde.
"È dovuta correre in bagno. Era un'ora che le scappava la pipì… Abbiamo bevuto frullati, tisane, sai com'è… Ah, eccola, è tornata, te la ripasso."
Le Onde la liberano. "Pronto?" Alex è sempre più interdetto in mezzo alla strada. "Niki, ma che c'è, che succede?"
"Te l'ha detto Olly, no? Dovevo fare la pipì, non ce la facevo proprio più!"
"Ma scusa… Non potevi portarmi in bagno con te?"
"A fare la pipì? Ma sono al telefonino! Porco! Questo può fare anche la videochiamata e lo sai… Mi volevi spiare, eh!"
"Io? Voi siete tutte pazze. Bè, io sto andando a casa. Ci sentiamo dopo?"
"Ok, quando arrivo a casa ti faccio uno squillo…" Niki attacca.
Erica la guarda sorpresa. "Ehi, ma quante volte vi sentite?"
"Tante… Tantissime, tutte quelle che ci va."
"Peggio di come stavo io con Giò."
"E spero solo che vada meglio! Senza offesa, eh!"
"Ah, ci avrei scommesso che non era quello lì."
Olly alza le spalle divertita. "Pure io."
"Ma che dite… Se avete voluto ascoltare la sua voce al telefono è perché non ne eravate sicure. Quanto siete false…"
Diletta si siede sul divano. "Io ero certa che fosse Alex."
"Perché?"
"Sensazioni… Tu non potresti mai di punto in bianco lasciarlo e iniziare a sentire un altro."
Niki fa la preziosa. "Non è detto… Si cambia, l'avete detto anche voi. E poi mai dire mai. Certo, però pure tu, Olly, potevi inventarti qualcosa di meglio, la storia della pipì non reggeva!"
"Ma lui ci ha creduto…"
"Ci ha voluto credere…"
"Erica! "
"Io penso che a volte gli uomini sappiano perfettamente come stanno le cose, è che fanno finta, non vogliono accettare la realtà. Guarda Giò: lui pensa che da quando ci siamo lasciati io ho sentito qualcuno, ma non ho mai avuto una storia…"
"Pensa se sapesse la verità."
"Secondo me non ci crederebbe!"
"Sì… Pure secondo me…"
"Secondo me lo scioccheresti così tanto che diventerebbe gay."
"Olly!"
"Ma certo! Se un uomo scoprisse la sua donna così cambiata, inizierebbe a rifiutare tutto il genere! E poi io non ho niente contro i gay, anzi…"
"Cioè?"
"Questa sera vi ho invitate per festeggiare! Sono stata presa per uno stage da uno stilista! E quelli sono tutti gay!"
"Forte!"
"Che sono gay?"
"No, lo stage!"
"Sì, sono felicissima…"
"Bellissimo! Complimenti…"
Olly corre in cucina, prende una torta bianca e rosa fatta di fiocchetti con scritto sopra "Stagista… Senza rischi!" con tanto di punto esclamativo. E la mette al centro del grande tavolo del salottino.
Tutte si avvicinano. "Che vuol dire?"
"Che non rischio una "lewinskata"… Te l'ho detto! Il mio capo è gay!"
"Olly, sei troppo forte!"
"Sono troppo felice! Almeno prendo qualche soldo e non devo contare solo su mia madre…"
"Ma se hai questa casa lo devi soprattutto a lei!"
"Certo! E chi se la poteva permettere sennò…"
"Prendi noi tre, stiamo a casa dai nostri genitori, bamboccione a vita…"
"No, un metodo c'è." Olly passa la prima fetta.
La prende Erica. "Sì, certo, ci facciamo adottare da tua madre che ci finanzia."
"Oppure vi sposate."
"Triste!"
"Sposarsi?"
Niki prende la seconda fetta. "No, farlo solo per uscire di casa…"
"Guarda che un sacco di gente l'ha fatto per quello…" Diletta prende l'ultima.
"Ok, ma deve rimanere un sogno… Se anche quello diventa un semplice passaggio, allora che gusto c'è?"
"Sì, hai ragione." E stavolta sono tutte d'accordo, almeno su questo. E mangiano quella torta fatta di panna e di leggeri fiocchi rosa di zucchero, sorridendo, pensando in silenzio, esclamando ogni tanto: "Uhm… Buona!".
"Sì… Un altro chilo… Tutto qua."
Con l'allegria negli occhi, il futuro incerto, ma con tanta dolcezza in bocca e tutte con quel piccolo grande sogno nel cuore. Una casa propria, dove sentirsi libere e al sicuro. Da arredare, costruire, inventare. Un modo per sentirsi ancora più grandi.
Quindici
Notte cittadina. Notte di persone che stanno per addormentarsi e altre che non ci riescono. Notte di pensieri leggeri che cullano il sonno. Notte di paure e incertezze che lo fanno sparire. "Notte dei pensieri e degli amori per aprire queste braccia verso mondi nuovi" come canta Michele Zarrillo.
Poco più tardi Niki, divertita e soddisfatta, entra nel letto e manda un sms ad Alex.
"Ciao amore, sono tornata a casa e sto andando a letto. Mi manchi."
Alex sorride leggendo, poi risponde. "Anche tu… Sempre. Sei il mio sole notturno, la mia luna di giorno, il mio più bel sorriso. Ti amo.
E tutto sembra sereno. Una leggera brezza notturna, qualche nuvola che sembra scivolare su quel grande tappeto blu. Eppure non è una notte tranquilla.
Più lontano. In un'altra casa. Qualcuno non ne vuol sapere di dormire.
Enrico cammina su e giù nel salotto, poi entra piano nella camera della bambina, preoccupato la guarda nella penombra, un viso piccolo nascosto da un lenzuolo, un respiro leggero, così leggero che Enrico si deve avvicinare per poterlo sentire. E lo respira tutto, fino in fondo, con le sue delicate fragranze, con quel sapore di neonato, quella freschezza, quell'incanto dato dalle mani così piccole, incerte, aperte, schiuse sul piccolo cuscino, sul suo personalissimo nuovo mondo e poi, dolcemente, di nuovo richiuse, ma che esprimono sempre una serenità incredibile. Enrico fa un respiro più lungo e poi esce lasciando un piccolo spiraglio. Forte di nuovo, ricaricato da quella creazione sua, solo sua, il miracolo della vita. E solo per un attimo la sua mente corre lontana attraverso mari, monti, paesi stranieri, fiumi, laghi e ancora terra per arrivare lì, su quella spiaggia. E immagina Camilla che cammina alla luce del sole su quella sabbia, sul lungomare, con un pareo
legato in vita, ridendo, scherzando, chiacchierando con chi le sta accanto. Ma vede solo lei e nulla più, il suo sorriso, la sua risata, i suoi bei denti bianchi, la sua pelle già leggermente abbronzata, e quasi le si avvicina, la sfiora, la ama ancora per un'ultima volta. È come se fosse Denzel Washington in Déjà vu con quella bellissima donna di colore. Poi Enrico la vede entrare nel bungalow e lui resta fuori. Lì, da solo, abbandonato, intruso, fuori luogo, non voluto, di troppo. Mentre qualcun altro sorridendo si infila al posto suo e chiude la porta. E così rimane a guardare da lontano, a immaginare, e soffre ricordando la voglia, la passione, il sapore dei suoi baci, l'eccitazione nello spogliarla, i suoi completi eleganti, il suo modo di muovere i capelli, di sfilarsi le calze, di distendersi sul letto, di accarezzarsi… E quella sofferenza diventa enorme e si trasforma in rabbia, e in silenzio sente i suoi occhi umidi e un vuoto enorme dentro. Soffre ma, prima che scenda una lacrima, si avvicina al computer. E la calma ritorna lentamente, in modo soffuso, come quella luce che illumina lo schermo. Un respiro lungo. Un altro. E un altro ancora. E il dolore piano piano si allontana. Un pensiero leggero che fugge via come un gabbiano che vola basso sulle onde maldiviane. E un'amara certezza: cresci, sperimenti, impari, pensi di sapere come funziona, pensi d'aver trovato la chiave giusta per capire e affrontare tutto. E poi, quando meno te l'aspetti, quando l'equilibrio sembra perfetto, quando pensi d'aver dato tutte le risposte o perlomeno la maggior parte, ecco un nuovo quiz. E non sai cosa rispondere. Impreparato. Capisci solo che l'amore non ti appartiene, è quel magico momento che due persone decidono contemporaneamente di vivere, contemporaneamente di assaporare fino in fondo, sognando, cantando nell'anima, sentendosi leggere, uniche. Senza possibilità di ragionarci più di tanto. Così finché tutte e due vorranno. Finché uno dei due non volerà via. E non ci sarà modo, né fatti, né parole che potranno ricondurre l'altro a ragione. Perché nell'amore ragione non c'è… Enrico è lì, da solo, a guardare chi non c'è più. Resta solo quel gabbiano da ammirare. Sfiora l'acqua, le onde, ed è come se scrivesse "fine" planando sul mare.
Enrico fa un ultimo sospiro, apre Google, digita quella parola e poi clicca su "cerca". E sul monitor improvvisamente compare l'unica vera soluzione possibile di quel momento: babysitter.
Olly finisce di pulire i piatti dove hanno mangiato il dolce le sue amiche Onde. Li mette dentro il lavandino e comincia a far scorrere l'acqua. Raccoglie i quattro cucchiaini e li lascia in un bicchiere, poi torna in salotto a prendere ciò che è rimasto della torta. Che buffo, l'hanno mangiata tagliandola proprio a metà. La scritta così è cambiata. Sarà uno scherzo del destino o il disperato tentativo delle Onde di stare un po'"a dieta? Fatto sta che quel "senza" è sparito e Olly mette la torta nel frigo con uno strano presentimento, quasi una minaccia, un pericolo suggerito dalle lettere che spuntano in mezzo a tutta quella dolcezza lasciando un pensiero amaro: "Stagista… rischi!".
Ore due di notte. Pietro esce furtivo dal portone. Cerca di nascondere il viso, come un ladro che ha appena rubato in un appartamento. Ma in realtà sono in due ad aver fatto il colpo, è come se entrambi avessero ammesso di non essere in grado di vivere semplicemente con quello che hanno. Vogliono di più, vogliono qualcosa di diverso. Vogliono quel che non hanno e se lo rubano a vicenda.
Pietro entra in macchina, l'accende e parte a tutta velocità nella notte. Ora sembra quasi soddisfatto, fa un sospiro lungo, anche questa è andata, pensa tra sé, come uno strano campionato, un ridicolo torneo dove la stessa persona sarà prima e ultima visto che il torneo è solo suo e nessun altro concorrente gareggia.
Erica rientra piano piano a casa, in punta di piedi. Guarda in salotto. Porca miseria, questa non ci voleva. Oh, sempre la stessa storia. Papà si è addormentato di nuovo davanti alla tv. Gli passa davanti cercando di fare meno rumore possibile e va verso la camera da letto. Lo supera, poi ci ripensa e torna indietro.
Non c'è niente da fare, non ci riesce. Malgrado il rischio, la curiosità è troppo forte. Si avvicina all'agenda sul tavolino, proprio nell'angolo vicino al divano sul quale il padre dorme. Vediamo chi mi ha chiamato. Quasi lo sussurra tra sé e sé. Per Erica: Silvio, Giorgio, Dario. Che palle… Nessuno di quelli che mi interessano.
Crrr. II rumore forte le fa fare un salto. Il padre ha avuto come un improvviso russare, un brontolio notturno, insomma le ha fatto prendere un colpo. Erica alza il braccio al cielo come per mandarlo a quel paese. Poi sorride, ascolta il suo cuore con la mano poggiata sul petto e sente che batte all'impazzata. Allora scuote la testa e si dirige verso la camera da letto. Non può spegnere la tv perché l'ultima volta che l'ha fatto suo padre si è svegliato di colpo, gli ha preso quasi un coccolone, è saltato giù dal divano.
L'improvviso silenzio della tv spenta era stato come un rumore assurdo per uno che se la dormiva beatamente in quel frastuono.
Erica chiude la porta del salotto, ora cammina più veloce nel corridoio, tanto sua mamma ha il sonno pesante, arriva nella sua camera e si spoglia a tempo di record. Maglia, scarpe, pantaloncini, cintura. Ormai è un asso. Riuscirebbe a togliersi qualsiasi cosa al buio, anche se fosse piena di bottoni. Lancia tutto. sulla poltrona. La mira però non è delle migliori senza la luce e la maglia finisce per terra. Se ne accorgerà domattina. L'importante è rimettere ogni cosa a posto prima che qualcuno entri in camera. Va subito in bagno, si lava i denti, si spazzola un po'"i capelli, poi una sciacquata veloce alla faccia e si infila il pigiama.
Prima di entrare a letto prende il telefonino. Deve metterlo in carica. Nessun messaggio. Nessuna bustina lampeggiante. Nessuna novità. Uffa. Scrive velocemente: "Ci sei?". E lo manda a Giò. Aspetta un minuto. Due. Infine alza le spalle. Non fa niente, starà già dormendo. Poi Erica sorride. Magari mi starà sognando. E con quell'ultimo pensiero, pieno di fiducia, si infila sotto le lenzuola e si addormenta felice. Senza pensare che quando non ami più una persona non la devi tenere legata a te solo perché ti dà sicurezza o ti fa sentire comunque importante. La tua indipendenza ha il costo della libertà e la libertà può essere totale solo quando c'è onestà nei confronti di te stessa e di chi ti ha amato.
Alex si rigira agitato nel letto. È leggermente sudato. Sta avendo un incubo. Si sveglia di soprassalto. Guarda subito l'orologio. Le sei e quaranta. Beve un bicchier d'acqua e per la prima volta da tanto tempo si ricorda del sogno appena fatto. Di solito li dimentica. Stavolta invece si ricorda ogni particolare. Sta in un tribunale. Tutti gli avvocati portano delle parrucche bianche, le toghe lunghe con il mantello, il cappello nero. Poi di colpo si gira e gli avvocati della difesa non sono altro che i suoi amici Pietro, Enrico e Flavio, mentre dall'altra parte, quella dell'accusa, ci sono le loro mogli, Susanna, Camilla e Cristina. Hanno la faccia bianca di cipria. La giuria è formata dalle amiche di Niki, Olly, Erica, Diletta, con i loro fidanzati, il padre e la madre di Niki, e i suoi! E poi improvvisamente quella voce: "Tutti in piedi, entra il giudice". E al centro della sala, dietro un grande tavolo in legno con quella poltrona enorme in pelle, prende posto lei, il giudice: Niki. È bellissima, ma più donna, come adulta, cresciuta. E serena. Batte forte il martello sul tavolo.
"Silenzio. L'imputato è ritenuto… colpevole." E Alex è come impietrito, sbigottito, e si gira, guarda dietro, intorno a sé, ma tutti annuiscono e lui invece cerca spiegazioni.
"Ma come? Perché? Che ho fatto…"
"Cosa non hai fatto…" Pietro gli sorride annuendo, poi gli fa l'occhiolino. "A bello, per noi sei innocente." E lì si è svegliato.
Alex cammina per casa, ormai sono le sette e venti. Pensa e ripensa ma non ne viene a capo. Allora si avvicina al computer. Ma oggi che riunioni abbiamo? Apre la pagina degli appuntamenti. Ah sì, il briefing delle dodici, ma non è poi così importante, e nel pomeriggio il controllo di quei disegni… In quell'istante, come per magia, si accorge che Niki non ha chiuso la sua pagina di Face- book. È un attimo, un momento che sembra un'eternità, un silenzio fatato quasi sospeso prima di prendere la decisione. Sì, sono curioso. Voglio sapere. E allora, improvvisamente debole, avido, meschino, clicca e, pluff, gli si apre un mondo. Una serie di ragazzi mai sentiti e conosciuti e tutti i loro messaggi in bacheca.
"A bella! Che fai, esci? Quando ci vediamo, ma lo sai che sei proprio carina? Ma davvero sei fidanzata o è solo una copertura?" Giorgio, Giovanni, Francesco, Alfio. I nomi più assurdi, i commenti più assurdi, le foto ancora più assurde. Dei tipi con gli occhiali a specchio, la catena d'oro, la canottiera bianca, i jeans calati, il giubbotto di pelle, le cinture con la fibbia enorme, i muscoli pompatissimi. Altri coi capelli lunghi scalati, col ciuffo sugli occhi, magri, con le camicie attillate stile rocker. Qualcuno più intellettuale, con gli occhialini e la faccia anonima. Ma chi è tutta questa gente, chi sono, cosa vogliono e, soprattutto, che ci fanno nello spazio di Niki? Questi sono peggio dei tronisti di Maria! Questi fanno paura, questi non corteggiano, mordono. E Alex sbianca, rivede se stesso all'interno di quell'aula con i suoi avvocati amici e nemici che continuano come prima ad annuire. E improvvisamente capisce il sogno. Colpevole! Sì, colpevole di essertela fatta scappare.
Sedici
Alex fa colazione, barba, doccia, si veste e in un attimo è in macchina. Non può essere… tu, a trentasette anni suonati, che torni a fare questo… No, non può essere. Ma poi un'eco lontana, una frase già sentita. "Ma Alex, l'amore non ha età…" È vero, sorride, è proprio così. Poi sorride un po'"di meno. E vero, non ha età. Nel bene. E nel male.
Il campanello suona. Enrico guarda l'orologio. Bene. Sono arrivate. Va ad aprire. Sul pianerottolo una fila di ragazze sta aspettando. Tanti look e stili diversi. Una bionda con tante treccine e una salopette in jeans. Un'altra col cappello con la tesa blu e un vestitino a fiori. Un'altra ancora sta leggendo un libro e ha le cuffiette alle orecchie. Enrico fa velocemente un conto. Saranno una decina. Bene. Il suo annuncio è stato letto.
La prima ragazza della fila, quella che ha suonato, lo saluta.
"Salve, è qui?"
"Buongiorno! Sì…" risponde Enrico guardandola. Indossa un paio di jeans a due colori, modello skinny, a vita alta, e una maglietta leggera a maniche lunghe, nera e completamente trasparente, con sotto un reggiseno.
"Bene…" lei gli sorride masticando una gomma. "Sono pronta."
"Prego… entri."
La ragazza gli sfila accanto e si ferma in mezzo al salotto. "Dove mi metto?"
Enrico saluta le ragazze sul pianerottolo dicendo che le chiamerà subito dopo e chiude la porta. "Bè, va benissimo lì, al tavolino, almeno stiamo più comodi."
"Ma a me da seduta mica mi riesce…"
Enrico la guarda. E fa la faccia un po'"strana. "In che senso, scusami… Comunque se preferisci in piedi, ok, parliamo in piedi."
La ragazza lo guarda. E sorride. "Bene. Allora, mi chiamo Rachele. Ho vent'anni e canto da quando ne avevo sei."
Enrico l'ascolta. E si gratta un po'"la fronte. "Ah, sì, bene… a Ingrid piacciono le canzoncine."
Rachele lo guarda. "Ingrid? Chi è, un'altra esaminatrice?"
Enrico ride. "Bè, in effetti dovrebbe essere lei a scegliere ma non può… meglio se lo faccio io."
"Ah, ecco… comunque mi piace prevalentemente il pop. E so tutte le canzoni di Elisa e Gianna Nannini a memoria."
Enrico la guarda più attentamente. Questa la butta sul repertorio musicale. Si vede che i bimbi li intrattiene così. "Ok, hai molta esperienza coi bambini?"
"Dici nei cori?"
Enrico alza il sopracciglio. "No, cioè, dico coi bambini. Te la cavi?"
Rachele fa la faccia interdetta. "Ma mi spieghi quale tipo di spettacolo devi fare?"
"Spettacolo?" Enrico la guarda stupito.
"Sì, il provino. Per che spettacolo ci stai selezionando?"
"Qui l'unico spettacolo è mia figlia Ingrid…"
"Tua figlia? Ingrid? Ma scusa…"
"Ma tu Rachele perché sei qui?"
"Come perché! Per il provino di cantante!"
Enrico la guarda. Poi scoppia a ridere. "Di cantante? Guarda che io cerco una babysitter!"
Rachele prende di colpo la sua borsa. La apre. Tira fuori un giornale. "No… ho sbagliato. Che palle!"
"Anche se una babysitter che canta non era una cattiva idea!" dice Enrico.
"Va bè… cavolo però…"
Enrico la vede dispiaciuta. "Dai, ce la farai… sarà per la prossima" e fa il gesto di accompagnarla alla porta. La apre e, mentre sta per uscire, Rachele si volta. "Ma che, per caso conosci qualcuno che cerca una cantante?"
Enrico la guarda e scuote la testa. Rachele si allontana facendo una smorfia. "Va bè."
"Ciao. Chi è la prossima?"
"Io! "
Una ragazza coi capelli corti e rossi si fionda in salotto. Enrico richiude la porta.
"Buonasera, mi chiamo Katiuscia e mi sono permessa di preparare una cosetta…" Tira fuori dallo zainetto due fogli piegati. Li stende. Li guarda con aria seria. Si schiarisce la voce. "Dunque ho
pensato che il ruolo migliore fosse quello di Scarlett Johansson in Il diario di una tata, no? Quando fa Annie Braddock, la giovane laureata che non trova mai lavoro e poi diventa la babysitter di Grayer che ha una mamma straricca e in carriera… Questo è il pezzo di quando sono insieme lei e il bambino, posso farlo qui, in piedi…" Katiuscia parla velocemente e ora sta per recitare qualcosa. Enrico la ferma.
"No no, aspetta aspetta… ma che fai? Mica devi recitare per dimostrarmi se sei adatta o no."
"Come no… e come fai a capire sennò?"
"T'intervisto semplicemente… che orari puoi fare? Perché ho bisogno di qualcuno che stia con Ingrid quasi fino alle sette di sera… insomma, una certa elasticità."
"Ma scusa… Questo non è un provino per il ruolo di babysitter in un film?"
Enrico non ci crede. Ma che gente è venuta? Non ce n'è una che ci pigli. "No, senti, scusa, io sto cercando semplicemente una vera babysitter per mia figlia…"
"Cavolo, ma potevi scriverlo, no?"
"E l'ho scritto infatti! Sul giornale!"
"No, dovevi spiegare bene!"
Non ci posso credere. Enrico decide di tagliare corto. "Ok ok. Dai, fa niente…"
"E farà niente per te, mi sono preparata tutta ieri sera per la parte." Katiuscia prende lo zaino, si sistema e fa per andarsene. "Non si prende in giro la gente così." Ed esce sbattendosi la porta alle spalle. Enrico la segue. Riapre la porta e la vede sparire tutta arrabbiata. Enrico allarga le braccia. "Dai, chi c'è ora…" e una dopo l'altra visiona tutte le ragazze. Parla. Chiede. Almeno queste hanno capito. Delle babysitter vere! Alcune sembrano convincerlo, altre meno, va a prendere Ingrid, fa dei tentativi di socializzazione tra la bambina e le aspiranti babysitter, pensa, valuta, fa ancora domande. A ognuna dice: ti farò sapere. E quando accompagna l'ultima alla porta e lei lo saluta allontanandosi e ringraziando, Enrico nota che sul pianerottolo sta passando una ragazza. Ha in mano due borse della spesa di quelle in stoffa verde e uno zainetto sulle spalle. Sta ascoltando della musica con le cuffiette.
"Ah, bene, forza, sei l'ultima, entra dai, prego…" e le fa gesto col braccio per accoglierla in casa.
La ragazza, bionda, coi capelli lisci e un piccolo cerchietto azzurro che li tiene indietro, pantaloni bianchi e un maglioncino sfumato sul blu, nota il cenno ma non sente. Lo guarda un po'"stupita. Si ferma, appoggia le borse per terra e si sfila uno degli auricolari.
"Dici a me?"
"E a chi, certo, no? Sei l'ultima per oggi… Dai, vieni."
Lei fa una piccola smorfia. Poi si toglie anche l'altra cuffia. Controlla l'orologio. Fissa per un istante davanti a sé come se volesse scorgere qualcosa o qualcuno in fondo al pianerottolo. "Ma veramente io…"
"Io che? C'è ancora tempo anche se è un po'"tardi. Devo scappare in ufficio sennò mi tocca intervistarti domani. Entra, tanto facciamo subito."
La ragazza è sempre più sorpresa dalla situazione. Ma che vuole questo? Certo che ha la faccia simpatica, sembra carino. M'incuriosisce troppo. In fondo però nemmeno lo conosco. Non dovrei star qui a perdere tempo. Alla fine vince la curiosità. Abbozza un sorriso. Prende da terra le due borse della spesa.
"Hai fatto la spesa?"
"Sì, perché?"
"No, no, niente…"
Enrico scuote la testa, poi ci ripensa. Ma è vero, ha ragione lei, che male c'è? Anzi, è una ragazza pure più pratica delle altre, va a fare un colloquio e comunque utilizza bene il tempo.
"Prego, accomodati…" Enrico le fa strada in casa.
La ragazza lo segue ancora un po'"titubante. Entra, si guarda intorno. Vede una serie di cose in disordine lanciate sul divano, pantofole sottosopra e un poster appeso alla parete. Una foto. Ritrae un ragazzo che abbraccia un neonato con magliettina rosa e ciuccio. Una bambina, allora. Riconosce nel ragazzo della foto il tipo che l'ha appena fatta entrare.
"Ecco, siediti pure qui. Dunque, come ti chiami?"
La ragazza appoggia di nuovo le borse per terra e si siede. "Anna…"
"Piacere, io come già sai sono Enrico… papà Enrico…" e poi ride un po'"imbarazzato.
Anna lo guarda. Veramente non lo so che ti chiami Enrico. Né che sei papà. Continua a non capire ma ormai la situazione le sembra buffa e continua a stare al gioco.
"Quanti anni hai?"
"Ventisette, sto cercando di finire l'università. Studio Psicologia."
"Psicologia? Perfetto! E quanto tempo libero hai al giorno?"
"Mah… non lavoro, quindi al di là di qualche lezione che seguo in facoltà, poche ormai in verità, sono sempre a casa…"
"Ah, bene, quindi sarebbe perfetto… E dove abiti? Lontano?"
Anna continua a non capire. "Veramente al piano di sopra… Infatti prima…"
"No, non ci credo. Qua sopra? Non ti avevo mai vista. Quindi ti sei fermata al colloquio prima di rientrare. Benissimo! Così sarebbe molto comodo in effetti…"
"Sì, mi ci sono trasferita da poco. La casa me l'ha lasciata mia zia. Forse l'hai anche vista, era una signora alta coi capelli rossi… E il mio ragazzo è venuto a viverci da qualche settimana." Perché gli sto dando tutte queste spiegazioni?
"Ah, comunque mi sembri perfetta. Studi e quindi hai orari più elastici. Abiti qua sopra. Sì, sei perfetta. Quando inizi?"
"Ma cosa?"
"Come cosa, la babysitter per mia figlia. Sei qui per questo, no?"
"Veramente no. Sono qui perché mi hai fatto entrare tu insistendo. Io stavo solo passando per salire a casa mia. Non prendo mai l'ascensore. Almeno mi muovo un po'…"
Enrico la fissa. "Cioè… quindi non stai cercando un lavoro? Non sei qui per il colloquio?"
"Eh no, te l'ho detto, è stata una coincidenza, stavo solo passando di qui."
"Ah…" Enrico sembra deluso. Guarda fuori dalla portafinestra che dà sul terrazzo. "Mi pareva troppo facile…"
Anna se ne accorge e sorride. "Comunque sei fortunato…"
"Come no. L'unica che m'era sembrata in gamba dopo tutto un pomeriggio di discorsi è capitata qui per caso e non cerca un lavoro. Fortunatissimo. Domani mi tocca ricominciare da capo."
"Certo che sei un pessimista cronico. Non credi al destino? Alle coincidenze? Prima ti ho detto che non ho un lavoro… mica che non lo sto cercando. E il tuo sembra perfetto. A saperlo, che bastava scendere le scale…"
Enrico la guarda e si illumina. "Benissimo! Da domattina sei qua." E non pensa nemmeno ad andare di là a prendere di nuovo Ingrid. E già sicuro che andranno d'accordo.
Anna sorride. Si alza. Raccoglie le due borse. "Benissimo… e attento a non scambiare per l'idraulico qualche altro inquilino che passa per caso sul pianerottolo!" e si avvia alla porta. Enrico si alza di scatto, la segue, poi la supera e le apre. Anna gli sfila davanti. "A domattina allora!" e si allontana. Enrico la guarda sparire dietro l'angolo. Sì. Mi sembra simpatica. E poi è anche molto carina. Ma questo a Ingrid non interessa…
Diciassette
Alex si ferma e posteggia a pochi metri dal portone di Niki. Guarda l'orologio. Sono le nove e mezza. Mi aveva detto che aveva lezione alle dieci, dovrebbe uscire adesso. E proprio in quel momento il portone si apre. Ed esce… Niki. Sembra più grande, più donna. E certo… È Simona, la madre! Oddio, pensa se mi beccasse ora. Alex! Proprio tu! Ma come, noi pensavamo che tu fossi quello grande della coppia. Quello maturo e affidabile. E invece… che fai? Fai le poste a mia figlia?! E perché, si comporta male? C'è qualcosa che ti fa dubitare di lei? Ok, ha qualche nuova amicizia, è anche normale, una nuova scuola, l'università… Ma non è nulla di importante.
Alex scivola piano piano giù sul sedile, quasi scompare sotto il volante, si nasconde, vergognandosi di quell'assurda idea. E subito cerca qualche elemento in sua difesa. Ma scusi, signora… Amore è anche gelosia. "La gelosia… più la scacci e più l'avrai… E qui il serpente, è arrivato, è qui seduto in mezzo a noi, lui ti mangia il cuore come fosse un pomodoro, così diventi pazzo tu, e come un toro e come un toro purtroppo non ragioni…" Ma che faccio, canto Celentano? No! Ecco! La devo mettere molto più semplice. Signora, sono qui… per amore! Proprio in quel momento guarda di nuovo Simona, la mamma di Niki, e vede che sale in macchina, si gira, apre il finestrino e saluta la ragazza che sta uscendo in motorino. Sì. È lei. Niki! Alex accende il motore e parte, si nasconde il viso incrociando Simona che va nella direzione opposta. Poi gira l'angolo e continua la sua corsa dietro a quel motorino. Non ci credo. Come nei migliori film. "Segua quella macchina." Ride da solo Alex. "Anzi quel motorino…" E per un attimo gli viene quasi voglia di lasciar perdere tutto, di sorridere e prenderla con tranquillità, ma sì, è giusto che abbia la sua indipendenza, la sua libertà, i suoi contatti, i suoi messaggi, deve essere una scelta il nostro stare insieme, oltre tutto e tutti, non un obbligo. Anzi meglio se ci sono dei corteggiatori, almeno fa il confronto e se resta con me vuol dire
che sono meglio di quelli. Troppo facile vincere se si gioca da soli. Ma sì, quasi quasi arrivo prima in ufficio e così mi avvantaggio pure su quest'idea del filmato.
Poi una buca, una strana circostanza, una congiunzione astrale, insomma, chissà per quale ragione, il volume della radio si alza improvvisamente e irrompe nei suoi pensieri, cancella il suo sorriso. Ram Power 102.70. Una la vivi, una la ricordi. "Ti stai sbagliando chi hai visto non è… non è Francesca. Lei è sempre a casa che aspetta me. Non è Francesca… se c'era un altro poi… no non può essere lei…" E in un attimo Mogol e Battisti diventano diavoli tentatori, e gli vengono in mente tutte le immagini del mondo, come un film montato dal più grande regista di tutti i tempi. Amore. Tradimento. Inganno. Ed ecco. Sliding doors, quando Gwyneth Paltrow per una strana fatalità torna prima a casa e trova lui con l'amante. Dissolvenza ed ecco L'amore infedele, quando a Richard Gere arriva la multa della macchina della moglie che lo porta nella strada dove abita quel ragazzo che vende libri usati… e scopre che ha anche una storia con sua moglie, altro che libri… Altra dissolvenza ed ecco Uomini di Doris Dörrie, quando il marito, che si è dimenticato un fascicolo a casa, torna e vede la moglie, che poco prima stava con i bigodini nel letto, uscire per strada; allora la segue e la vede rotolarsi in un prato con una specie di figlio dei fiori… Poi Alex pensa a Enrico e a sua moglie, fuggita con l'avvocato che le ha presentato proprio lui. A Pietro e a tutte le sue amanti. E allora non ha più dubbi, spinge sull'acceleratore e comincia a correre con un'unica certezza. Ebbene sì. Celentano ha ragione. Sono geloso.
Diciotto
Alex vede Niki scendere dal motorino, mettere il blocco alla ruota ed entrare velocemente nel cancello dell'università. Alex è disperato. E ora, dove posteggio? Come faccio a capire dove sta andando? All'improvviso una macchina si sfila da un posto lasciandolo libero. Proprio ora! Incredibile. E un caso del destino. Che significa? Cosa mi vuole dire il destino? E proprio in quel momento anche dalla radio un altro segnale. Carmen Consoli. "Prima luce del mattino, ti ho aspettato cantando a bassa voce e non è la prima volta, ti ho anche seguita con lo sguardo sopra il tavolo e tra i resti del giorno prima, e tra le sedie vuote qualcosa nell'aria suggeriva, in fondo non c'è troppa fretta, mentre accarezzavo l'idea delle coincidenze, raccoglievo segnali… spiegami cosa ho tralasciato, è quell'anello mancante la fonte di ogni incertezza, spiegami cosa mi è sfuggito…" Già, i segnali. Niki, ne sto perdendo qualcuno? Strano come a volte le parole più innocenti si trasformino in alibi per le nostre azioni.
Ma Alex non ha più tempo per pensare. Né di preoccuparsi. Chiude la macchina e scende. Un attimo dopo sta già correndo per i vialetti dell'università. Oddio… L'ho persa. Allora si guarda in giro e la vede. Eccola, è proprio lì davanti a lui, cammina tra gli studenti, saltella quasi, vede i suoi capelli raccolti muoversi al vento. Niki sorride e con la mano destra sfiora delle piante, come se volesse accarezzarle, come se volesse comunque far parte di quel po'"di natura che faticosamente s'affaccia in quei piccoli sprazzi di terreno, che ancora respira tra quei grossi marmi bianchi e tutto quel cemento.
"Ciao, Niki…" Qualcuno la saluta con il suo nome. "Bella, Niki!" Qualcun altro con uno strano soprannome.
Bella Niki. Ma che vuol dire? E certo che è bella… Lo so da solo, ma che bisogno c'è di urlarlo? E poi chi sei tu… Ma non fa in tempo a finire. Una frenata improvvisa alle sue spalle. Un signore di una certa età che si affaccia subito dal finestrino della macchina.
"Bravo, complimenti! Sta con la testa tra le nuvole! Che gliene frega a lei! Tanto se muore sono i suoi genitori che piangono, no?" E continua a urlare come un pazzo.
"Shhh, la prego…"
"Ah, sa dire solo questo? La prego… Ma dove vive? Dov'è la sua capacità dialettica?"
Alex si gira preoccupato. I ragazzi seduti sul muretto guardano curiosi e divertiti quello che sta accadendo. Niki continua a camminare di spalle. Fiuuu… Meno male, non mi ha visto. "Mi scusi, ha ragione… Ero distratto."
Alex corre più veloce e si allontana cercando di non perdere di vista Niki, che intanto ha girato a destra in fondo al viale. Supera il gruppo di ragazzi e ragazze che prima l'hanno salutata. Uno di loro, che ha assistito a tutta la scena, scende dal muretto.
"Quello è fatto proprio così… E matto, lo conosciamo bene…"
"Sì" fa un altro, "sulla nostra pelle… e sul nostro libretto!"
"Sì, signore, non si preoccupi!"
Alex sorride. Poi un po'"meno. L'hanno chiamato signore. Signore. Mamma mia, che effetto! Signore. Grande. Adulto. Ma anche vecchio! Signore… È la prima volta che mi chiamano signore! E nota solo ora quanti ragazzi ha intorno e quanto sono più giovani di lui. Giovani come Niki. Continua a camminare fino in fondo al viale. Ecco, io per loro sono un signore. Cioè, signore uguale matusa, vecchio, arcaico, antico… Anche per Niki sono così? E con quest'ultimo grande interrogativo entra a Lettere.
Diciannove
Nella grande aula un professore cammina davanti alla cattedra, si muove, si agita, partecipa divertito alla sua lezione.
""Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri." Ecco, questo è Roland Barthes nei suoi Frammenti di un discorso amoroso. Parlava di gelosia. Cosa c'è di più morboso, di più difficile da accettare? La gelosia esiste da sempre… Pensate che, a quanto pare, noi abbiamo un'endorfina che sviluppa automaticamente la gelosia, come una spia che si accende, che segnala pericolo, o meglio il guasto… E il nostro Barthes, saggista, critico letterario e linguista francese, ne dà, a mio avviso, una definizione eccellente."
Alex non ci crede. Una lezione sulla gelosia. Oggi è proprio giornata! Poi di nascosto si affaccia nell'aula e improvvisamente la vede, poco più sotto. Prende posto anche lui nell'ultima fila e continua a fissarla mentre si infila tra i banchi e finisce dietro uno studente dalla capigliatura alla Giovanni Allevi, ottimo quindi come nascondiglio. Il prof continua.
"E se per François de La Rochefoucauld nella gelosia c'è più amor proprio che amore, capite bene quanti spunti abbiamo oggi per fare un discorso compiuto sulla gelosia in letteratura, argomento che non riguarda quindi solo i vostri colleghi di Psicologia…"
Il professore continua a spiegare mentre Niki si piega e tira fuori dallo zaino un grande quaderno che poggia sul tavolo vicino e delle penne e degli evidenziatori colorati. Lo apre e continua a seguire la lezione del professore. Ogni tanto si appunta qualcosa, poi mette il gomito sul banco e appoggia un po'"la testa. Qualche volta sbadiglia e alla fine, ma solo alla fine, mette la mano a coprire la bocca. Alex sorride ma subito dopo Niki vede qualcuno poco
più in giù sulla sinistra e lo saluta. "Ciao ciao!" sembra dire dalla sua postazione sbracciandosi senza però proferire parola. Poi fa un gesto come a dire: ci vediamo dopo. Alex si insospettisce, e curioso, supera a destra il giovane Allevi e si sporge avanti per vedere con chi sta parlando Niki. Appena in tempo. Una ragazza le fa ok con le dita, le sorride e poi continua ad ascoltare il professore. Niki la guarda ancora una volta, poi riprende a seguire anche lei la lezione. Che carina. È una sua amica. E io chissà che pensavo… Ma cosa dovevo pensare… Che sciocco. E in quel momento, come se tutti quei suoi dubbi avessero improvvisamente preso peso e forma, come se si fossero avvicinati curiosi per spiarla ancora più da vicino, Niki si gira, guarda dietro. Alex al volo ritorna alle spalle del supertricotico studente, si nasconde del tutto diventando una specie di statua, perfettamente allineata con il giovane che gli sta davanti, manco fosse la sua ombra. È preoccupato, quasi non respira. Poi piano piano si sporge a destra. Niki è di nuovo voltata, guarda avanti e segue il professore.
"Ma non si è fermato qui il nostro François de La Rochefou- cauld, ha aggiunto che c'è un'unica specie d'amore, ma ne esistono mille copie diverse."
Alex sospira. Meno male. Non mi ha scoperto.
"Capo? Capo?"
Ad Alex quasi gli prende un colpo. Nella sua fila, nascosto sotto il banco e appoggiato con una mano sulla sedia, c'è uno strano ragazzo. Ha un giubbotto militare, delle stellette messe a caso sulle spalline, capelli lunghi un po'"mossi, rasta, e una fascia rossa che li tiene raccolti. Il ragazzo sorride. "Scusa, capo, non te volevo spaventà… Che, vuoi del fumo? Hashish, marijuana, ecstasy, coca… c'ho tutto…"
"No grazie."
Il tipo alza le spalle ed esce dall'aula sparendo così come era improvvisamente apparso. Alex scuote la testa. Ma che risposta gli ho dato? No, grazie. Ma che ci sto facendo qui? E così esce dall'aula quatto quatto, cercando di non farsi notare. Meglio che vado in ufficio, và… E si dirige spedito verso la macchina. Saltella felice nel viale, di nuovo sereno. E non sa quanto le cose sarebbero potute andare diversamente se fosse rimasto lì fino alla fine della lezione.
Venti
Olly sta facendo delle fotocopie. È passato ormai un po'"di tempo da quando ha iniziato lo stage. E si sta già annoiando. Solo ogni tanto, quando incontra Simone per i corridoi, l'umore cambia. Quel ragazzo è sbadatissimo, una frana, però è buffo, gentile e sincero. Ed è l'unico che le racconta come funzionano davvero le cose in azienda. L'unico da cui ricevere qualche dritta.
La stanza dove si trova la piccola scrivania assegnata a Olly è grande e ben illuminata. Ha messo sul suo tavolino alcuni pupazzetti e la foto delle Onde. Quella di Giampi ha preferito di no. Per una sorta di pudore o chissà cosa. In uno dei cassetti tiene i fogli da disegno. Ogni tanto a fine pomeriggio, quando ha sbrigato le mansioni spicce che le assegnano, sempre poca roba e sempre poco attinente alle sue vere aspirazioni, si trattiene un po'"e si mette a disegnare cercando spunto da quello che vede intorno. In fondo lavora nella sede centrale di una casa di moda. Ecco, questa è la mia gavetta. E si ricorda di un'intervista in tv a Ligabue. La colpì molto. Diceva: "Ho verificato che il successo non è come te lo aspetti, non corrisponde alla famosa equazione successo = felicità. Ti risolve un sacco di problemi, ci sono molte cose fiche, ma non è quello che credi. E in qualche modo, per giustificare che tutto sommato forse un po'"me l'ero meritato, ho fatto anche Una vita da mediano. Per dire: guardate che il successo non mi è caduto addosso dal niente. Ho scritto quella canzone in un momento in cui sentivo il bisogno di giustificare il mio successo, che poi è una stupidaggine anche quella lì. Però è anche una fase che dovevo attraversare". Olly sorride. Eh, anche se sono stonata, speriamo sia così anche per me. Ma ora non mi sento nemmeno mediana. Sono proprio in panchina!
Alcune ragazze stanno scrivendo al computer, una telefona per fare un ordine, un'altra digita sul palmare. C'è fermento per i preparativi della nuova sfilata interna per gli acquirenti. Simone ha spiegato a Olly che l'azienda ha rivoluzionato il concetto di distribuzione rispetto a quanto accade di solito nell'alta moda. Invece di costringere
i clienti a comprare grandi quantitativi di capi con mesi di anticipo, hanno creato degli showroom in tutta Italia che vengono visitati regolarmente dai negozianti, che comprano così i capi via via, in piccole quantità, e hanno modo di tenere in negozio solo le ultimissime novità, cambiandole spesso, come fa d'abitudine il pronto moda. Il tutto invece è applicato all'alta moda. Ovviamente lo showroom più importante è l'azienda stessa. Ed è per questo che c'è fermento: domani arriveranno i dettaglianti per l'appuntamento quindicinale.
All'improvviso entra Eddy. Le ragazze si ricompongono e si mettono in silenzio, dopo averlo salutato. Non succede quasi mai che passi di persona. Olly le imita.
"Buongiorno. Che si fa, si dorme? Voglio rivedere la cartellonistica per domattina."
Una ragazza apre velocemente il portatile sul suo tavolo, lo invita ad avvicinarsi e gli mostra qualcosa. "Ecco, i cartelloni sono già stati stampati. E come ci aveva detto il direttore sono questi… vede…"
Eddy guarda impassibile il monitor. Non dice una parola. Non tradisce un'espressione. Olly lo osserva. È un po'"distante ma non tanto da non farle provare rabbia. Quell'uomo le suscita un fastidio istintivo. è più forte di lei.
"Che schifo… e noi domattina facciamo la sfilata con appesa intorno "sta roba?"
La ragazza deglutisce. Evidentemente sa bene cosa sta per succedere. "Bè… sì, signor Eddy… il direttore aveva detto…"
"Lo so cosa aveva detto. Il punto è che a rivederli oggi questi cartelloni fanno schifo. Schifo! Mai che vi inventiate qualcosa di nuovo, provocatorio, diverso. Mai che sappiate stupirmi."
"Ma al direttore piacciono…" il tono di voce della ragazza diminuisce sempre più.
"Ah, non ho dubbi. Lui firma carte. Lui mette i soldi. Ma chi è il creativo qui, eh? Chi è il creativo qui?" e alza la voce. Tutte le ragazze e due ragazzi più in là rispondono in coro, quasi a comando: "Lei". Proprio in quel momento entra Simone che si accorge della presenza di Eddy e si blocca sulla porta.
"Ecco. Appunto. Io. E io dico che mi fanno schifo. E che se non piacciono a me la sfilata non si fa. A meno che voi bravi uomini e donne marketing, gli operativi, i tecnici del settore, quelli che mandano avanti le cose, non vi inventiate qualcos'altro per domattina. E soprattutto che sia qualcosa che mi convinca. Da abbinare a questo schifo."
"Ma il direttore…"
"Col direttore ci parlo io. Voi fate il mestiere per cui vi pagano. Sempre troppo, tra l'altro."
Due ragazze si scambiano uno sguardo e strabuzzano gli occhi. Una fa un leggero segno con la mano cercando di non farsi vedere da Eddy. Come a dire: "Eeeh, sai quanto ci pagano".
Eddy si volta e sta per andare via quando la nota. Olly è rimasta tutto il tempo in piedi davanti alla sua scrivania.
"Oh, guarda… c'è asilo nido." Olly si sforza di non reagire. Eddy le si avvicina. "Allora come va? Eccitante fare fotocopie?"
Olly lo guarda e abbozza un sorriso di circostanza. "Bè… sì… cioè… preferirei fare altro, come disegnare, ma mi accontento… pur di stare qua…"
Eddy la squadra. Poi si gira e guarda gli altri ragazzi. "Capito gente? Lei pur di stare qua fa le fotocopie!" Poi guarda il tavolo. Vede il portatile. La cornice con la foto. La guarda di nuovo. "E come vanno i disegni da asilo nido? Siamo passati almeno alla prima elementare?"
Olly fa un sospiro. Si piega. Apre il cassetto. Prende la sua cartellina. Sistema alcuni disegni sul tavolo e si rimette impettita in piedi. In silenzio. Eddy la guarda. Poi abbassa gli occhi sulla scrivania. Scruta un po'"i fogli. Ne prende uno. Mantiene la stessa espressione impassibile di poco prima. Lo rimette giù. Guarda Olly. La fissa. Olly trema. Ha il fiato cortissimo. Il cuore le batte a duemila. Le sudano le mani ma cerca di restare calma.
"Diciamo seconda elementare, và… Vedi mai che a fare le fotocopie stai davvero migliorando?" e si gira, senza dirle altro, senza aspettare una sua risposta. Così com'era entrato. Lascia la stanza. E tutti ricominciano a respirare, come sollevati. Due ragazze sbuffano, un'altra si riattacca al telefono, un ragazzo si scervella per inventarsi qualcosa.
Simone si avvicina a Olly.
"Cavoli!" le dice stupito.
"Cavoli che? Sto ancora tremando!" dice Olly che solo ora, piano piano, rimette a posto i fogli.
"Guarda che è pazzesco!"
"Ma cosa? Che mi umili sempre così?"
"Umiliarti? Ma non te ne sei accorta che ti ha fatto un complimento? Guarda che è rarissimo!"
"Ah, perché quello era un complimento?"
"Ti assicuro di sì. Eddy va saputo interpretare. Lui è un artista, parla una lingua tutta sua."
"Ah… e dove lo vendono il traduttore?"
Ventuno
La lezione è appena finita, Niki sta rimettendo il quadernone e gli evidenziatori dentro lo zaino quando qualcuno le si siede accanto. "Allora, ti è piaciuta la lezione?"
Niki si gira sorpresa. È Guido. Guarda per un attimo in fondo all'aula, come se sapesse. Poi torna a occuparsi dei suoi appunti. "Oh, sì… Mi piace moltissimo questo prof."
"Ah sì? E come ti sembra, uno sincero, falso, delicato, insensibile, un opportunista, un altruista o un donnaiolo?"
Niki ride. ""Donnaiolo", ma che termini usi?"
"J. M. Coetzee scrive che "solo gli uomini detestano i donnaioli, per gelosia. Alle donne piacciono i donnaioli. Donna e donnaiolo sono inseparabili"."
"Bè, comunque credo che Trasarti ami le Lettere, sia una persona gentile e sensibile e forse, forse… per come si muove, per quanto è femminile nell'animo, sì, insomma potrebbe anche essere gay… Oh, comunque sia, lo dico come un complimento, eh…"
"Oh, bene. Lascia, te la porto io…" Guido si mette a tracolla la borsa di Niki.
"Ma no, ce la faccio."
"Ma ho piacere a portartela."
"Allora ok" Niki alza le spalle poco convinta, "come vuoi…"
Guido la precede sorridendo.
"Dove ti accompagno?"
"Io devo andare su in istituto per segnarmi all'esame e vedere un po'"quali sono i prossimi."
"Ok, perfetto, non ci crederai ma è la stessa cosa che dovevo fare io."
"Infatti non ci credo."
Guido si ferma e la guarda alzando un sopracciglio. "Perché non mi credi? Perché la mia allegria e la felicità nel vederti possono far pensare ad altro?"
"Forse."
"Lo sai che mi sono segnato anch'io a Lettere e magari devo fare lo stesso tuo esame?"
"Forse. Però prima che io segno i miei esami, tu mi dici quali hai già intenzione di fare, ok?"
"Ok ok." Guido scuote la testa. "Quello che hanno detto i miei amici nuoce alla mia persona…"
"O forse alla tua immagine."
"La mia immagine?"
"Vuoi la verità? Però non ti devi offendere."
"Ok."
"Giura."
"Giuro."
"La tua immagine, il tuo modo di fare…"
"Cioè?"
"Si vede subito che sei… Che sei…"
"Sono?"
"Tanto per usare i tuoi termini, un donnaiolo… Studi le frasi a effetto per fare colpo, ti vesti per non essere dimenticato, sei gentile e cortese con tutte per vedere chi ci casca…"
"Ah sì? E non può essere che ti sbagli?"
"Dici?"
"Certo, lo saprò, no? E poi che c'è di male a essere gentili con le donne? A farle sentire bellissime? Considerate? Al centro dell'attenzione? Io non sono un donnaiolo. Forse sono l'ultimo dei romantici."
Niki lo guarda e sorride. "Ecco, se questa te la risparmiavi eri andato benino…"
"Ah, sì?" Anche Guido sorride. "Allora te ne dico un'altra. Il professor Trasarti è sposato, e l'altro anno è stato con una del corso, Lucilla, e sembra pure che l'abbia fatta lasciare con il suo ragazzo e che l'abbia messa incinta e costretta ad abortire."
"Sì, bum, non ci credo."
"Bè, sì, forse la storia del figlio… In effetti quest'ultima cosa potrebbe non essere vera."
"E tutto il resto?"
"Il resto è vero, quella ragazza si chiamava Lucilla, era fidanzata e ha avuto una storia con quel prof per tutto l'anno."
"Sì, e tu come lo sai?"
"Facile. Ero il suo ragazzo." Guido sorride, allarga le braccia e poggia la borsa di Niki su un muretto. "Ora scusami ma mi sono ricordato che ho un appuntamento. Il donnaiolo ti saluta."
E si allontana così. Niki resta un attimo interdetta e anche dispiaciuta. Non voleva farlo rimanere male. Prende la borsa e sale le scale per andare in istituto, ma proprio in quel momento incontra il professor Trasarti.
"Salve" la saluta con un bel sorriso. "Ha bisogno di qualcosa?" E in quello stesso momento Niki ripensa alla storia che le ha raccontato Guido e immagina il professore che la guarda con altri occhi, lo vede come un uomo voglioso, non più sensibile e delicato e, senza volerlo, arrossisce.
"No, no, grazie professore, ero solo venuta per segnarmi a degli esami."
"Ah." E senza lasciargli spazio Niki lo supera. "Scusi, ma sono molto in ritardo." E scompare in fretta e furia. Niki cammina veloce e, arrivata in fondo al corridoio, si gira. Meno male. Non c'è più il professore. Poi comincia a camminare più lentamente e alla fine sorride tra sé. Chissà se sono vere tutte quelle storie. Sono troppo suggestionabile. Ma sì che sono vere. E poi perché avrebbe dovuto dirmi una cosa così? Per fare leva sulla tenerezza, sul dispiacere che mi ha provocato pensare che la sua donna l'avesse lasciato per il professore? Ma figurati… Niki apre il registro degli esami. Certo, i suoi amici hanno dipinto Guido come uno che le tenta tutte pur di far colpo su una ragazza. Si segna ai prossimi esami poi chiude il registro. Per far colpo però non ha bisogno di questi mezzucci. E un bel ragazzo, è simpatico, è divertente… E alla fine mi ha fatto anche tenerezza. Poi ci ripensa. Niki, ma che stai dicendo? Sei impazzita? Allora ha ragione Alex… Poi si mette quasi a ridere e improvvisamente le viene in mente un'idea. Ma sì! Stupendo. Questa gliela voglio proprio fare. Se la merita. Ed esce di corsa dall'istituto, scende giù per le scale e gli ultimi gradini li salta tutti insieme. Fa il giro del pianerottolo e riprende a scendere veloce; salta di nuovo e pum. Finisce addosso proprio al professor Trasarti che, travolto dalla sua corsa, cade per terra. "Ahia…"
"Oh, mi scusi prof." Niki lo aiuta a rialzarsi. Il professore si pulisce i pantaloni battendoci le mani con forza e mandando via un po'"di polvere. "Ma lei non è in ritardo… È in super ritardo!"
Niki sorride, è anche un po'"mortificata. Il professore ora è più tranquillo. "Le posso dare un passaggio, se vuole."
"No, grazie. Ho il motorino… magari un'altra volta." E lo supera correndo via di nuovo. "Certo!" Il professore rimane a guardarla con un sorriso stampato in volto. Niki, mannaggia a te. Oggi non ne combini una giusta! Non solo lo fai cadere per terra,
ma quando ti offre un passaggio rispondi: "Magari la prossima volta", ma che c'entra quel magari? Dà possibilità, speranza, voglia… di un passaggio! E che cavolo! Questa non ci voleva proprio. Scuote la testa. Di una cosa sola è sicura, Guido non mi ha mentito. Certe cose si sentono a pelle. Poverino, non se lo meritava di essere trattato così. Devo recuperare con lui. E se lo dice con molta tranquillità. Forse troppa. E non sa che si sta sbagliando ancora.
Ventidue
"Si può, Leonardo?" Il direttore vede Alex spuntare per metà da dietro la porta.
"Ma certo! Lo sai che è sempre un piacere vederti, o meglio, il mio ufficio è sempre aperto per te."
Alex sorride. "Grazie." Ma si capisce che a quelle parole non ci crede per niente. "Ti ho portato una cosa…" Poggia un regalo sulla scrivania. Leonardo lo prende e lo soppesa.
"Che cos'è?" Se lo rigira tra le mani curioso. Sembra un cd o un piccolo libro.
"Aprilo."
"Ma non è la mia festa."
"Non era neanche la mia."
"Bè, che c'entra, il mio era per il piacere di riaverti tra di noi."
"E il mio è per il piacere di essere di nuovo qui con voi."
"Uhm." Leonardo capisce che c'è qualcosa sotto. Lo scarta. E un dvd. Sai che c'è? È il titolo che legge su quella splendida copertina patinata della confezione. "Mai sentito."
"Secondo me lo conosci… Guardiamolo."
Leonardo gli sorride e tira su le spalle, non ha davvero la minima idea di cosa si possa trattare. Lo infila dentro il lettore e accende il grande schermo al plasma appeso alla parete. Comincia una musica tribale. Tum tum tum. Compaiono degli scimpanzé che battono su dei grossi tronchi tenendo il ritmo. E subito dopo, superaccelerati, tutti i collaboratori, grafici, disegnatori della Osvaldo Festa. Poi di colpo si stacca sul video dei Pink Floyd, "We don't need no education". Alcuni studenti marciano al posto dei famosi martelli, muovendo a tempo le gambe, e poi ecco di nuovo gli animali.
Il filmato continua e si sente un potente ruggito di leone e poi Leonardo che parla al ralenti, con sotto il ruggito del leone, e subito dopo Charlie Chaplin nel Grande dittatore, e poi di nuovo Leonardo che dà delle indicazioni, e poi Chaplin che stringe con una chiave
inglese dei bulloni, fino a quando non finisce negli ingranaggi. Improvvisamente tutto stride, si sente una specie di frenata. I fotogrammi di Chaplin si bloccano. Una soggettiva arriva veloce su un uomo che sta bevendo seduto su una poltrona. Si gira. Stacco. È Alex che sorride alla telecamera e dice: "Io non ci casco!".
Leonardo rimane a bocca aperta. "Ma… Ma…"
"L'ho fatto con la telecamera e il computer del montaggio, velocizzando i pezzi del nostro filmato interno dell'agenzia, quello che abbiamo presentato l'altro anno ai grandi incontri."
"Ma è geniale! Stavo per parlartene… Sai che dobbiamo fare un film, uno short? Per la prima volta ci affidano un filmato da produrre, non siamo più una semplice agenzia, ora siamo anche una casa di produzione, e tutto questo grazie a te, al successo di LaLuna. Non avevano mai creduto veramente in noi, i giapponesi… se fossimo arrivati ad alzare le vendite anche solo del dieci per cento avremmo avuto un aumento sui guadagni. E la sai una cosa?"
"No, cosa?"
"Abbiamo fatto il duecento per cento, abbiamo guadagnato tantissimo, molto più di quanto potessimo immaginare."
"Abbiamo? Leonardo… hai…"
"Sì, ma…"
"Sì, ma perché allora non smetti, no?"
"Dobbiamo lavorare ancora di più! Abbiamo la possibilità di produrre questo filmato… E tu lo hai già dimostrato… Sei bravissimo."
"Sì, ma hai visto il titolo del corto? Io non ci casco." Alex va verso la porta. "Non contare su di me. Voglio fare il minimo indispensabile, te l'ho detto."
"Ma come, ti ho dato pure la stanza più grande…"
"Non te l'avevo chiesta."
"Ti ho dato un aumento significativo."
"Ma anche questo non l'avevo chiesto."
"Ti ho dato una nuova assistente."
"Questo te l'avevo chiesto, ma non ho ancora visto nessuno."
"È nella tua stanza che ti aspetta…"
Alex rimane sorpreso.
"E come mai solo oggi?"
"è che ho cercato molto. Ho voluto prendere il massimo…"
"Voglio proprio vedere."
"In tutti i sensi…"
Ma Alex è già fuori dall'ufficio di Leonardo e si sta dirigendo
velocemente verso il suo. Incontra Alessia, la sua assistente storica. "Alex, c'è una persona…"
"Sì, grazie… Lo so." Poi Andrea Soldini lo fissa con una faccia quasi sbalordita, scuote la testa, è a bocca aperta. Alex lo guarda preoccupato.
"Ehi, non ti sarai mica fatto di nuovo di…"
"Macché!" Soldini ride. "È che non trovo le parole… Ecco… Hai presente le russe? Di più…"
"Ma và và…" Alex scuote la testa ed entra nel suo ufficio.
"Salve." Si alza dalla sedia. Alta, castana, riccia. Un bel sorriso. Anzi, un bellissimo sorriso. E non solo. "Buongiorno."
"Ciao… Alex."
Si accorge dopo un secondo di averle dato subito del tu. Ma è lei a mantenere ancora una certa formalità.
"Mi ha fatta accomodare il direttore qui dentro. Spero non le dispiaccia. Piacere, mi chiamo Raffaella."
Alex e Raffaella si danno la mano. Ha le gambe lunghe, un fisico perfetto, un vestito carino, leggero, elegante. Non c'è niente fuori posto. Anzi, è proprio tutto a posto. Troppo a posto. è bellissima.
"Le ho lasciato sul tavolo dei miei lavori."
Alex li esamina con fare professionale, poi guarda al di sopra di un foglio. Lei è ancora in piedi. "Prego, prego, si sieda."
"Grazie." Di nuovo quel bellissimo sorriso. Alex cerca di concentrarsi sui disegni. Non è facile però. Oltretutto è anche bravissima. Oltretutto… Alex? Già hai sbagliato.
"Le piacciono?"
"Sì… sono molto buoni, sul serio, anzi, ottimi… Complimenti." Alex sorride, lei anche. Gli sguardi s'intrecciano e lo fanno troppo a lungo. Alex raccoglie i disegni nella sua cartella sul tavolo, distoglie lo sguardo. "Bè… molto bene."
"Ah, c'è anche quest'altro…" Raffaella tira fuori dalla borsa da lavoro un computer identico a quello che Leonardo ha regalato ad Alex, schiaccia un tasto e lo accende. Poi lo appoggia sul tavolo e lo gira verso Alex. "È una breve clip… nulla di che, però al direttore è piaciuta molto…"
Alex guarda curioso quel filmato. "È un video che ho fatto in vacanza quest'estate… Ero a Los Roques, l'ho fatto scherzando e mio padre lo ha girato… Non volevo fare la modella, anzi mi scocciava un po'… Anche perché avevo litigato con il mio ragazzo e quindi ero nera… Ecco" indica Raffaella, "qui piangevo…" Si vede lei nel video che cerca di allontanare il padre che la riprende,
prima scocciata, poi scoppia a ridere. "E poi l'ho rimontato con una serie di accostamenti ai cartoni animati…" E infatti subito dopo riparte il video con inserti dei primi Disney, Topolino in bianco e nero, Dumbo e altre bellissime immagini. Così nasce un gioco di alternanze tra Raffaella che cammina al ralenti sulla spiaggia e Topolino l'apprendista stregone di Fantasia.
"… Insomma, non so perché ma al direttore, a Leonardo… è piaciuto moltissimo…"
Alex sorride. E ti credo. Non ho mai visto una con un fisico così incredibile, e sembra pure che non gliene importi assolutamente nulla. "È fatto molto bene… Si notano creatività e voglia di stupire." Ma che dico? Alex, smettila.
"Grazie. Ha detto che forse lavoreremo insieme su qualcosa del genere…"
"Già." Alex chiude il computer e glielo ripassa. "In realtà non abbiamo ancora preso alcuna decisione…"
Proprio in quel momento suona l'interfono. Alex spinge un pulsante e risponde. "Sì?"
"Sono appena arrivati i disegni per la nuova campagna, te li posso portare?"
"Ah sì… sì, certo…"
Raffaella infila il computer nella borsa, poi prende anche la cartella e sistema meglio i disegni. "Allora, se mi vuoi, sono nella mia stanza…"
"Benissimo, grazie."
"È stato un piacere conoscerti." È passata al tu.
"Anche per me…" Alex la guarda uscire. "Lascia pure la porta aperta, grazie…" Lei sorride. Continua a fissarla, Raffaella si gira a guardarlo mentre si allontana. Certo che è veramente bella. Anzi, troppo bella. E per un istante ripensa al fatto di dover lavorare insieme. Giorno dopo giorno, spalla a spalla, fianco a fianco. La guarda ancora un'ultima volta. Com'era il titolo che ho dato al mio video? Ma proprio in quel momento Raffaella, prima di entrare nella sua stanza, si gira un'ultima volta, come se immaginasse, come se sapesse che lui la sta ancora osservando. E gli fa un ultimo sorriso. Fantasia, creatività, o semplice complicità. Alex alza il mento e ricambia con un sorriso stupido, ma di uno stupido da farlo sentire veramente cretino. Poi ci ripensa, scuote la testa, si alza e chiude la porta. E in quell'attimo si ricorda il titolo del video. Io non ci casco. E mai come adesso la sua scelta gli sembra una beffa del destino.
Ventitré
Enrico sta rimettendo a posto alcuni pupazzi di Ingrid. La bambina dorme già. Oggi ha giocato tanto con Anna. Le ha trovate insieme sul tappeto quando è rientrato. Poi Anna ha preso il suo zainetto, ha salutato col solito sorriso e se n'è andata. È davvero brava. Sono stato fortunato a trovarla. Prende un orsetto giallo e lo sistema sulla poltroncina in plastica di Ingrid. All'improvviso sente un rumore forte provenire dal soffitto. Una specie di colpo secco. Enrico alza gli occhi. Ancora. Non capisce. Non è la prima volta che succede. Dopo qualche istante un altro colpo e il rumore di una sedia trascinata sul pavimento. Enrico si ferma e ascolta con più attenzione. Dopo un po'"un altro colpo e una voce maschile ovattata dal solaio. Enrico si sforza di distinguere le parole. Gli sembra di sentire qualcosa tipo "Ah sì, e che ti credi, che io sia un coglione?", una voce grossa, di uomo, e poi una voce femminile che cerca di calmarlo. "Ma non capisci che non serve a nulla? Sei troppo geloso!" e poi altre parole che non capisce bene. E un altro colpo. Qualcosa che cade rimbalzando sul pavimento, come un palo di ferro o roba simile, Enrico ci pensa un attimo. Ma certo. L'appartamento di sopra. Anna. Questi rumori vengono dall'appartamento di Anna. Accidenti. Ma che fanno? Enrico prende un altro gioco di Ingrid rimasto incastrato dietro il divano. Già, aveva detto che vive col ragazzo. Dev'essere lui che fa questo casino. E intanto continua ad ascoltare. E si rattrista. E si preoccupa. Certo, è un peccato. Una ragazza così carina e gentile con un tipo del genere. Ma com'è possibile?
Ventiquattro
Pomeriggio. Molto più tardi.
"Ciao, amore, che stai facendo?"
"Niki! Che bella sorpresa… Sto lavorando…"
"Ah. E com'è andata stamattina?"
Alex rimane un attimo perplesso. "Perché?"
"Ma così, per sapere… Non parliamo mai delle nostre cose."
"Ah, stamattina…" Alex si sente un po'"in colpa. Ma perché? Che motivo c'è? E mentre se lo chiede il senso di colpa aumenta. "Stamattina… Stamattina… bè, tutto benissimo, ho controllato i disegni della nuova campagna, sono molto buoni e siamo nei tempi, forse solo una variazione sui colori, ma è un lavoro che si fa in fretta…"
"Ah, quindi nessuna novità…"
Un attimo dopo bussano alla porta. "Avanti."
Entra Raffaella con una cartella in mano. Alex la guarda leggermente imbarazzato, poi copre il telefonino e le chiede sottovoce: "Che c'è?".
"Ti volevo far vedere questi… Me ne ero dimenticata."
"Ah sì, un attimo…"
Raffaella sorride ed esce dalla stanza. Alex riprende a parlare con Niki. "Scusami, dicevi?"
"No, dicevo… nessuna novità?"
"No, no… Niente. Perché?" E si sente leggermente bugiardo nel tacere di quella particolare novità fatta di riccioli scuri e gambe lunghissime. E sorriso accattivante. E fisico mozzafiato. E…
"Ma così, Alex, te l'ho detto… Ero solo curiosa, comunque io adesso sono a casa mia a studiare. E ho avuto un'idea. Ti volevo invitare per cena…"
"Per cena?"
"Sì… Alex, ma che hai oggi?"
"È che non mi hai mai invitato per cena…"
"Ma perché non è mai capitato, è stato un caso… Comunque,
c'è un nuovo locale aperto da un mio amico, è un ristorante molto carino alla Balduina."
"Ok." Alex si tranquillizza un po'. "Però io non so a che ora finisco."
"Va bene. Allora ci vediamo lì verso le nove e mezza, ce la fai per quell'ora?"
"Sì sì."
"Ti mando un sms con l'indirizzo preciso…"
"Ok, a più tardi." Alex chiude il telefonino e poi rimane così, a pensare. Uhm. C'è qualcosa di strano. Qualcosa non quadra. Come mai tutte quelle domande? Oddio… E se questa Raffaella per caso fosse una sua amica? E s'immagina l'ipotetica telefonata tra Niki e Raffaella. Bè, che c'entra, potrei dire che quando ci siamo sentiti ancora non l'avevo incontrata. Anzi, che mi avevano fissato l'appuntamento per conoscerla nel tardo pomeriggio. Poi sbianca. E se si fossero parlate prima di me e Niki? In questo caso ora Niki sicuramente si starà chiedendo: come mai non me ne ha parlato? E allora in questo caso cosa potrei dire? Oddio, ma che sto facendo? Sono diventato come Pietro, cerco scuse quando non ci sono ancora accuse? Cioè, provo da solo come giustificarmi? E di che? Che ho fatto? E in un attimo rivede il suo sogno, tutti gli amici vestiti da avvocati che annuiscono. Anche in questo caso, unica certezza: colpevole.
Ad Alex non rimane che fare una cosa: apre la porta e la chiama. "Raffaella, vieni…"
"Sì… Scusami, non ti volevo disturbare, è che mi ero dimenticata di farti vedere questi" e appoggia sul suo tavolo diversi disegni. "È una campagna fatta in un'altra azienda che ha avuto grandissimo successo in Giappone."
"Ah…" Alex guarda i disegni ma è come se non li vedesse. "Senti, per caso tu conosci Niki Cavalli?"
Raffaella sorride in maniera ingenua, forse troppo. "No… o almeno non mi sembra. Perché, dovrei?"
Alex tira un sospiro di sollievo. Poi ci ripensa. Non è ancora del tutto sicuro.
"No. No, te lo chiedevo perché… perché l'abbiamo usata per una campagna giapponese… LaLuna." E nel momento stesso in cui lo dice, Alex sente come quel "l'abbiamo usata" suoni in maniera terribile nella sua bocca. A quel punto decide che non può più correre rischi… "E poi è la mia ragazza."
Raffaella sorride. "Ah sì… Certo, ho capito chi è. Complimenti.
Però no, non la conosco… Mi dispiace." Alza le spalle e con molta tranquillità esce dalla stanza.
Mi dispiace? Cosa vorrà dire? Forse è solo un intercalare. Ma quante domande mi faccio? Troppe domande. Ipotesi. Troppe ipotesi. Che mi succede? Sì, ma anche Niki che chiede di continuo se ci sono novità. Non è normale. E l'invito improvviso a cena? Sì, c'è qualcosa sotto. Però un invito a cena non può essere semplicemente un pretesto per festeggiare, per dare una buona notizia? Poi un dubbio improvviso. E se la vera novità ce l'avesse proprio Niki? Una di quelle notizie pazzesche che cambiano la vita e che vengono dette proprio dopo un bel brindisi? "Caro, ho una cosa importante da dirti…" Si immagina Niki che lo guarda e sorride da dietro il calice di prosecco. "Alex… sarai papà!" Eppure sono sempre stato attento. Sì, insomma, sufficientemente attento… E se non fosse mio? E in quello stesso momento riappaiono nella sua mente gli amici vestiti da avvocati. Hanno un volto ancora più severo, gli occhi sbarrati. Colpevole solo di averlo pensato. Un respiro lungo, più lungo. Solo di una cosa Alex è sicuro: colpevole. Di nuovo? Sì. Non vede l'ora di essere a cena con Niki. Poi guarda di nuovo sul tavolo. Gli ultimi disegni di Raffaella. E l'appunto sulla sua agenda: ore 21.30 cena con Niki. Non c'è niente da fare. Qualcosa davvero non gli quadra.
Venticinque
Cristina è ferma al semaforo. Si guarda intorno. Vede una coppia che cammina abbracciata sul marciapiede. Un'altra nell'auto a fianco che si dà un bacio. Un'altra ancora che si rincorre scherzando. Ma guarda quanta gente felice e innamorata. Tranne me. Mi sembro Moretti in Bianca quando, tutto magrissimo, con sullo sfondo la canzone Scalo a Grado di Franco Battiato, fa la panoramica della spiaggia in una bella giornata di sole. E vede una serie di coppie che si amano, si abbracciano, si baciano sui teli da mare o sulle sdraio. E allora Moretti, con i capelli belli phonati e gli occhialoni sfumati marroni inizio anni Ottanta, prima impassibile e poi sorridendo, decide. Anche lui vuole l'amore. Così comincia a camminare finché non individua una bella ragazza bionda sdraiata di pancia e in topless. Si ferma e si sdraia su di lei. E lei ovviamente si scansa, protesta, si alza e arriva anche altra gente che lo spinge via. Che scena. Sì, ma a lui mancava un amore. Io invece ce l'ho. Io non sono single. Io sto con Flavio.
Scatta il verde. Cristina ingrana la prima e parte. E poi sorride. Sì. Ho deciso anch'io. Non mi sdraierò su nessuno. Mi prenderò cura del mio amore. Lo coccolerò. Gli preparerò la sua torta preferita. Cioccolato fondente e cocco. Ho anche gli ingredienti. Ne ho voglia e bisogno. È troppo tempo che non lo faccio. Non mi posso lamentare degli altri se io per prima non faccio nulla per smuovere le cose.
Cristina arriva a casa. Parcheggia. Sale le scale. Si sente contenta come una bambina, improvvisamente felice di fare una sorpresa a qualcuno. Apre il portoncino, se lo richiude alle spalle, appoggia la borsa sul divano e corre in cucina. Cerca gli ingredienti. Due tavolette di cioccolato fondente. Un po'"di burro. Uova. Latte. Farina. Zucchero. E il cocco in scaglie. Accende la radio. E comincia a preparare. Con passione. Divertita. Ogni tanto leccandosi le dita che infila nell'impasto. Accende il forno per
riscaldarlo. Imburra la teglia. E quasi senza accorgersene si mette a canticchiare una versione personalizzata di Vasco: "Una torta per te… non te l'aspettavi, eh… e invece eccola qua… come mi è venuta e chi lo sa…".
Poi squilla il cellulare. Le è rimasto nella tasca dei jeans. Lo sfila con le mani ancora un po'"bianche di farina. Lo apre. è Flavio.
"Pronto, amore, sono io… Senti, scusami, ma qua si mette lunga. Farò tardi. Devo finire per forza di scrivere una relazione per domattina e sono troppo indietro… Ti bacio."
Cristina rimane così, col telefonino già silenzioso tra le dita. Lo chiude e lo appoggia sul piano della cucina. Guarda il forno dove la torta sta cuocendo. Poi fa un sorriso amaro. Quando vuoi fare una sorpresa. Quando pensi ai dettagli, ti impegni e sei felice nel pensare alla felicità che susciterai. E l'attesa diventa gioia. E poi puff, una semplice telefonata, una frase innocente, un ritardo. E tutto si scombina. E resti con niente in mano. Chissà dov'è. Davvero, dico. Che farà? E con chi? Figurati se è a finire una relazione. Ah. Sì. In effetti sì. La nostra relazione. E se mi sta tradendo? Se magari ora è con un'altra e si è inventato tutto? E Cristina s'immagina la scena. Flavio e una donna. Magari bella. Magari nel suo ufficio. Insieme. Vicini. Si baciano. Si toccano. Cosa provo? Cosa sento? Se ci avessi pensato qualche anno fa mi sarei sentita morire solo all'idea. E ora? Ora mi sembra di non provare nulla. Di non sentire niente. E questa consapevolezza le fa paura. Si sente sbagliata. In colpa. Ma come, se Flavio mi tradisse io non proverei dolore? Flavio e un'altra. Chissà. Magari sarebbe anche più felice. E ripensa a quello che le diceva la sua amica Katia alle scuole superiori e cioè che tanto le storie d'amore non durano più di sette anni e già al sesto è crisi. Che la passione, anche la più forte, sparisce. E subentra la noia. L'abitudine. E tutto sembra uguale. Spento. Senza stimoli. E l'amore, quello che raccontano nei libri e nei film, è solo fantasia. E allora o ci si lascia o si tradisce. Per rinnovarsi. Per ricordarsi com'era quella sensazione potente che divorava lo stomaco solo a pensare a lui. A lei. A stare insieme. E si va avanti così, in un circolo vizioso di ipocrisia in cui nessuno ha il coraggio di dire all'altro che il sentimento è cambiato, esaurito, sparito. Che tristezza. E questa la vita? Si diventa così?
Il timer del forno fa drin.
La torta è pronta. Cristina si mette il guantone, apre lo sportello e tira fuori la teglia. L'appoggia sul tavolo. Prende un grande
piatto di vetro. Ci mette la torta. Poi tira fuori dal cassetto un coltello. E ripensa a Flavio. A lui con un'altra. E non sente niente. E si dispiace ancora di più. Inizia a mangiare una fetta da sola. Come una bambina con le dita dentro al cioccolato dolce, ancora caldo di forno. E le sue lacrime scendono giù salate, quasi a contrasto, ma anche loro malinconicamente calde.
Ventisei
Serata romana. Le strade sono quasi vuote. Merito dell'ora di cena. Si viaggia bene. Alex guida con calma, è in perfetto orario. Il pomeriggio è passato senza sorprese. O altre novità. Ore 21.30. Alex posteggia la macchina, si sporge verso il sedile vicino per vedere se è arrivato al civico giusto, quello che Niki ha scritto nel messaggino. Sì. Eccolo qui, via della Balduina, 138. E infatti sopra c'è ben illuminata la scritta "Ristorante". Che strano però, c'è poca gente, non è un'inaugurazione vera e propria. Boh. Forse arriveranno più tardi. Alex scende dalla macchina ed entra nel locale. Eccola a un tavolino. Seduta per conto suo che sfoglia il menu c'è Niki. È serena, tranquilla, con la mano sinistra tamburella sul tavolo, con l'altra tiene aperto il menu e legge curiosa le specialità del posto. Alex ha un unico pensiero: com'è bella! E tutto questo cancella qualsiasi dubbio.
La raggiunge e si siede al tavolo. "Eccomi, amore." Le dà un bacio leggero sulle labbra. "Ho fatto prima che potevo…"
Niki sorride e alza le spalle. "Hai fatto benissimo. Va bene così."
Alex apre il tovagliolo e se lo sistema sulle gambe. Poi si guarda intorno. "Ma c'è poca gente… Devono ancora arrivare?"
Niki sorride. "No… Non credo…"
"Ah…" Alex osserva meglio il locale. Non gli sembra particolarmente nuovo. È carino, caldo, accogliente, semplice, ma è come se fosse aperto da molto tempo. In fondo alla sala c'è il proprietario. E seduto alla cassa, un tipo cicciotto, dalla faccia paciosa, senza capelli e con gli occhiali da vista calati sul naso. Sta controllando qualcosa con la penna e sembra distratto, annoiato. Tutto meno che un tipo adrenalinico alle prese con l'inaugurazione del suo nuovo locale e ancor meno un possibile amico di Niki. Alex guarda meglio in fondo al locale. C'è davvero poca gente. Le cose non tornano. Poi incrocia gli occhi di Niki.
"C'è qualcosa che non ti quadra, vero?"
Alex sorride curioso. "Sì, in effetti… Non mi sembra un locale… prima dell'inaugurazione…."
"Infatti." Niki apre di nuovo il menu e lo tira su, per nascondersi dietro, oppure come se volesse leggere meglio la lista dei piatti per ordinare qualcosa. Poi si sporge da sopra e gli sorride. "Ti ho detto una bugia. Non c'è nessuna inaugurazione…"
"Ah." Alex capisce che la situazione si fa seria. Alza anche lui il menu cercando di nascondersi.
Niki allunga la mano e glielo abbassa mettendo di nuovo il suo viso allo scoperto. "Ah, ho detto anche un'altra bugia, il proprietario non è un mio amico…"
Alex butta un altro sguardo al signore seduto alla cassa. Gli sembra ancora più grasso, più anziano e annoiato di prima. Poi sorride un po'"imbarazzato. "Ah ah… E certo…" E rialza il menu come se la situazione fosse assolutamente normale.
Niki si sporge un'altra volta e glielo riabbassa. Alex sa che non può più scappare. Niki gli sorride di nuovo. Questa volta con fare falso. "Vuoi forse sapere perche ho scelto questo posto?"
Alex annuisce cercando di sembrare tranquillo, ma è drammaticamente preoccupato. "Sì, certo…" E in un attimo ripensa a tutto. Raffaella mi ha mentito: sono super amiche. Anzi, Niki ha parlato con Leonardo e si sono messi d'accordo, l'ha fatta mettere apposta nel mio ufficio. Anzi no. Niki è incinta e forse il bambino è mio. E poi non sa più dove cercare all'interno della sua mente e va indietro nel tempo, scava, ipotizza, pensa, riflette. Non ci posso credere. Ha incontrato Elena e chissà lei cosa si è inventata. Oppure non l'ha incontrata ma crede che io l'abbia rivista. E questo suo volteggiare tra ricordi, illazioni, supposizioni e paura piano piano lo strema, fino a quando Niki gli sorride un'ultima volta mostrandogli il menu. "Ma non ti dice nulla questo posto?"
E Alex legge per la prima volta il nome del ristorante. Il Chiodo Fisso. Poi si guarda in giro. Alcune persone mangiano e chiacchierano tranquillamente, il proprietario è sempre alla cassa e ora, forse per una strana circostanza, alza lo sguardo e dà un'occhiata tra i tavoli. Incrocia Alex e gli sorride. In maniera troppo gentile forse? Vuole dire qualcosa, è un segno, un accenno, un codice segreto? No. Non ci posso credere! Ma che, è un locale per scambisti? Alex osserva meglio. C'è anche una famiglia con tanto di figli e suocera. E in una frazione di secondo vede per l'ennesima volta i suoi amici vestiti da avvocati che si sbellicano dalle risate e si mettono le mani tra i capelli. No. Decide di non dar vita a questo suo ultimo pensiero assurdo, vergognandosene. "Tesoro, scusa… ma proprio non capisco."
Niki fa una faccia terribilmente seria. "Lo immaginavo…" Poi torna a sorridere divertita. "Ti ho portato…" si china, prende qualcosa dalla borsa sotto al tavolo e glielo poggia davanti, "un regalo! Tieni…".
"Per me?"
"E per chi sennò… Aprilo…"
"Ma, amore…" E il cervello di Alex fugge di nuovo in tutte le direzioni. Ma perché, che giorno è oggi? È quando ci siamo conosciuti? Quando ci siamo messi insieme, la prima volta che abbiamo fatto l'amore? Quando siamo andati a Parigi? Quando ci siamo lasciati? Ma non gli viene in mente nessuna connessione. Meno che mai dopo che ha scartato il pacchetto. Un dvd… lo guarda, rigirandoselo tra le mani. James Bond… che punta la sua pistola circondato da donne bellissime. Per un attimo di nuovo l'ombra di Raffaella. "Ehm…" Alex non sa più veramente cosa pensare. "Non capisco…"
"Non capisci, eh… Qual è il titolo?!"
Alex lo legge. La spia che mi amava.
Niki gli sorride. "E tu mi ami, vero, Alex?"
"Certo… Che domande fai, Niki, lo sai no?"
"Certo… Ma forse pensi di fare il remake di questo film… come spia?" E all'improvviso Niki cambia tono. Severa. Dura. Inquieta. "Che ci facevi oggi all'università? Perché mi seguivi? Perché mi spiavi? Cos'è questo…"chiodo fisso"?" dice mostrandogli il menu. "Si può sapere che t'ha preso?"
"Io veramente…" E in un attimo Alex capisce che è perduto, si sente uno dei protagonisti dei migliori cartoni animati visti da piccolo. D'un tratto si ritrova sospeso nel vuoto e poi precipita proprio come Willy il Coyote nei suoi vani tentativi di prendere Bip Bip, o come gatto Silvestro mentre scivola sul ghiaccio verso il dirupo cercando di frenare con gli artigli e Titti gli svolazza intorno ridendo, o meglio ancora, come Tom quando insegue Jerry e finisce la sua corsa contro un muro mentre Jerry si infila nella sua tana poco più sotto. Insomma, un disastro di cartone animato: Alex, l'orsetto perduto.
E così di colpo le sue guance avvampano. "Io veramente…"
"Forse volevi soltanto assistere a una lezione, capire com'è l'università oggi per poi iscriverti anche tu a Lettere?" Niki gli sorride. Sì, gli ha offerto una scappatoia. Perché in amore si fa così.
S'infierisce solo se c'è qualcosa di veramente grave. Forse è questa la risposta che Niki vuole sentire. E proprio mentre sta per rispondere Alex realizza di colpo che è una trappola… mortale. Se dicesse sì, Niki capirebbe che allora lui non è una persona sincera, è un buffone, un ridicolo, un quaquaraquà, uno tutto chiacchiere e distintivo. Uno che non sa ammettere i propri sbagli, i limiti, le debolezze. E alla fine Alex sospira, comunque è andata bene. Insomma, sempre meglio che mi abbia beccato all'università piuttosto che sia amica di Raffaella. Così alza gli occhi e si mostra sincero.
"No, Niki… Non volevo iscrivermi a Lettere…"
"Ah…" Niki sembra sollevata. "Mi stavo preoccupando…"
Alex sorride, tenta di essere spiritoso.
"Avevi paura che andassi meglio di te?"
"No. Che non riuscissi a dire la verità." Alex rimane in silenzio, riabbassa gli occhi. Niki lo guarda dispiaciuta.
"E perché, Alex? Perché mi hai seguito? Cos'è che ti preoccupa, cosa pensi che non ti ho detto, che ti nascondo?"
Alex rimane in silenzio. "Hai ragione, scusami…"
Niki abbassa le spalle.
"Mi è sembrato tutto così strano oggi, mi sono sentita improvvisamente insicura."
"Tu?"
"Sì, io. Ci ho pensato tutto il giorno. Se tu all'improvviso non credi in me e pensi che io possa avere un'altra persona o che ti mento… Guarda, solo a dirlo mi trema la voce, mi sento male, ti giuro, mi viene così da piangere, mi si stringe lo stomaco anche se non abbiamo mangiato niente…"
E proprio in quel momento il signore cicciotto, padrone del locale e ipotetico amico di Niki, si avvicina al loro tavolo. "Allora, siete pronti? Volete ordinare?" Alex e Niki si girano contemporaneamente verso di lui. Hanno due facce così indurite dalla tensione che il proprietario capisce in un nanosecondo che non è proprio aria. "Ok, scusate, ehm… vedo che non siete ancora pronti, torno dopo, anzi, chiamatemi voi…" Fa dietrofront e torna alla cassa.
Alex e Niki lo guardano andar via.
Poi lei riprende. "Ecco, se hai pensato questo di me vuol dire che tu hai combinato qualcosa… Perché chi sospetta fa."
Alex rimane sorpreso.
"Io?" E per un attimo gli viene in mente Raffaella, ma capisce
che non c'entra proprio niente. E subito dopo ricompaiono i suoi amici vestiti da avvocati che annuiscono. Ma Alex se li scrolla di dosso.
"Niki, non dirlo neanche per scherzo… ma come puoi pensarlo?"
"Perché lo hai pensato tu di me…" E in un attimo gli occhi di Niki si gonfiano di lacrime. Rimangono così, sospese, trattenute dai suoi splendidi occhi grandi, come piccole bolle che si formano e che sono proprio lì lì per esplodere. E allora Alex allunga la mano attraverso il tavolo e prende quella di Niki, la stringe forte e si sente piccolo piccolo solo per averlo potuto pensare. "Amore, perdonami…"
Niki rimane in silenzio a fissarlo, senza sapere bene cosa dire, con il labbro inferiore che le trema. Una fitta al cuore che non ha mai provato. Un vuoto sotto i piedi. L'equilibrio che le manca. La voglia di saltare il tavolo e abbracciarlo subito e di contro la rabbia per essere stata messa in dubbio così, stupidamente.
"Non so cosa mi sia successo, Niki, non ci avevo mai pensato prima, forse per colpa di Camilla che improvvisamente ha lasciato Enrico fuggendo con uno sconosciuto… Vedere crollare quella che mi sembrava una certezza… Loro, che sono anche sposati…"
"Non lo farei comunque… Io non ti deluderei mai in quel modo. Non ho bisogno di fare una promessa al Signore per mantenere ciò che sento nel mio cuore. Se mai finirà lo saprai prima di chiunque altro."
Alex si sposta dalla sua sedia e si mette su quella a lei più vicina. Il padrone alla cassa se ne accorge, li guarda per un attimo, poi borbotta qualcosa e torna a interessarsi di altro. Ma tutti e due lo hanno notato e Alex lo dice ad alta voce.
"Oh… Ecco perché si chiama così questo posto, è lui che è troppo curioso… Siamo il suo… chiodo fisso!" E Niki scoppia a ridere, le scende qualche lacrima e comincia a tirare su con il naso e ride di nuovo e si asciuga con il tovagliolo, e ride e piange e si sente così sciocca. Poi guarda il tovagliolo e: "Ecco, lo sapevo… Mi si è sciolto tutto il rimmel, uffa!".
Alex le sfiora delicatamente la guancia con un dito, poi la bacia leggero sugli occhi. "Amore, perdonami, mi sento tremendamente in colpa solo per averlo pensato…" E la abbraccia forte e respira tra i suoi capelli e lei trema ancora. La sente calda, tenera, fragile, piccola, e in un attimo pensa che l'unica cosa al mondo che vorrebbe fare per sempre è proteggerla, amarla senza alcun pensiero,
né problema, né dubbio, donandosi completamente a lei. Sì, vivere solo per vederla sorridere. Alex la stringe più forte e le sussurra quelle parole, "Ti amo…" e poi si allontana e la vede, con quel sorriso, gli occhi di nuovo lucidi, ma stavolta per la felicità, finalmente tranquilli, nuovamente sicuri. Ed è un attimo, quell'attimo. Così scioglie quel dubbio: ora o mai più? Prende quella decisione. Ora. Saltare. Ora. E sereno, tranquillo, torna al suo posto mentre Niki inizia a chiacchierare. "Sai, non ci potevo credere… Cioè per certi lati mi piaceva anche l'idea che tu fossi con me all'università… Ecco ho pensato che mi piacerebbe molto poter studiare con te… Che tu fossi il mio compagno di università…" E lei ancora non sa cosa Alex ha deciso. Perché a volte le decisioni, grandi o piccole che siano, vengono prese per le ragioni più diverse e nessuno sa mai veramente qual è stato l'attimo o quale sensazione, quale fastidio, quale commozione ci ha spinti a prenderle. Eppure accade. Come in questo caso. Alex è lì davanti a lei e la vede grande, più grande, per sempre sua. La guarda con altri occhi ora e fa finta di ascoltare chissà cosa, annuisce felice della sua scelta. Ora. Per sempre. Chissà se lei sta capendo, se può immaginare il suo pensiero, la sua splendida decisione… E come mi risponderà. E soprattutto, cosa ancora più importante, come faccio a chiederglielo?