dove tutti si chiamano Guido, Fabio, Francesco. Ci sono per-

sine Pollo e Pallina che si avvicina al bordo nuotando.

"Cavoli, ero sicura che non saresti venuta. Ho perso la scom-

messa."

Pollo la tira via dal bordo. "Hai visto, che ti avevo detto?"

Ridono.

Pallina tenta di affogarlo, ma non ci riesce. "Ora devi pa-

gare."

Si allontanano schizzandosi e baciandosi. Babi si chiede

cosa avranno scommesso e le viene qualche vaga idea.

"Step, ma io non ho il costume."

"Neanch'io. Ho i boxer. Che t'importa, quasi nessuno ce

l'ha."

"Ma fa freddo..."

"Ho portato degli asciugamani per dopo, uno anche per te.

Dai, non farla lunga."

253

' Step si leva il giubbotto. Poco dopo, tutti i suoi vestiti so-

no per terra.

"Guarda che ti butto vestita ed è peggio. Lo sai che lo fac-

cio." Lei lo guarda. È la prima volta che lo vede spogliato. Pen-

nellate d'argento lunare ne mettono ancora di più in risalto i

muscoli. Addominali perfetti, pettorali squadrati e compatti.

Babi si leva la felpa. Il suo soprannome è giusto, pensa. Meri-

ta proprio 10 e lode. Poco dopo sono tutti e due dentro l'acqua.

Nuotano vicini. Un brivido la fa tremare un po'.

"Brr, fa freddo."

"Ora ti scaldi. Stai attenta a non andare sotto con gli occhi

aperti. È piena di doro. È la prima piscina aperta della zona,

lo sai? È una specie di inaugurazione. Tra poco arriva l'estate.

Bella, no?"

"Bellissima."

"Vieni qua."

Si avvicinano al bordo. Ci sono delle bottiglie che galleg-

giano un po' dovunque.

"Tieni, bevi."

"Ma io sono astemia."

"Ti riscalda." Babi prende la bottiglia e ci si attacca. Sente

quel fresco liquido leggermente agro e frizzante scenderle lun-

go la gola. È buono. Si stacca dalla bottiglia e la passa a Step.

"Non è male, mi piace."

"Ci credo, è champagne." Step da un lungo sorso. Babi si

guarda in giro. Champagne? Dove l'hanno preso? Sicuramen-

te hanno rubato anche quello. "Tieni." Step le ripassa la botti-

glia. Lei decide di non pensarci e ne beve un altro sorso. Cal-

cola male e ne beve un po' troppo. Quasi si strozza e lo cham-

pagne con tutte le sue bollicine le sale su per il naso. Si mette

a tossire. Step scoppia a ridere. Aspetta che si riprenda. Poi

nuotano insieme verso l'angolo opposto. Un cespuglio più gros-

so lo protegge dai raggi della luna. Fa filtrare solo alcuni ri-

flessi d'argento. Ben presto si spengono fra i suoi capelli ba-

gnati. Step la guarda. È bellissima. Le bacia le labbra fresche

e subito si trovano abbracciati. I loro corpi nudi si sfiorano ora

completamente per la prima volta. Avvolti da quell'acqua fred-

da cercano e trovavano calore fra loro, conoscendosi, emozio-

nandosi, scansandosi a volte per non creare troppo imbaraz-

zo. Step si stacca da lei, fa una piccola bracciata laterale e tor-

na poco dopo con una nuova preda.

"Questa è ancora piena." Un'altra bottiglia. Sono circon-

dati. Babi sorride e beve, stavolta lentamente, attenta a non

strozzarsi. Le sembra quasi più buono. Poi cerca le sue labbra.

254

Continuano a baciarsi così, frizzanti, mentre lei si sente gal-

leggiare e non capisce bene perché. È l'effetto normale del-

l'acqua o quello dello champagne? Lascia andare dolcemente

la testa indietro, l'appoggia sull'acqua e per un attimo smette

di girarle. Sente e non sente i rumori lì intorno. Le sue orec-

chie, sfiorate da piccole onde, finiscono ogni tanto sott'acqua

e strani e piacevoli suoni silenziosi la raggiungono stordendo-

la ancora di più. Step la tiene fra le sue braccia, la fa ruotare

intorno a sé, trascinandola. Lei apre gli occhi. Brevi increspa-

ture di corrente le accarezzano la guancia e piccoli e dispetto-

si schizzi ogni tanto raggiungono la sua bocca. Le viene da ri-

dere. Più in alto nuvole argentate si muovono lente sopra un

blu infinito. Si tira su. Abbraccia le sue spalle forti e lo bacia

con passione. Lui la guarda negli occhi. Le mette una mano

bagnata sulla fronte e accarezzandole i capelli li porta all'in-

dietro, scoprendo il suo viso liscio.

Poi scende lungo la guancia, fino al suo mento, lungo il col-

lo, e poi più giù sul suo seno orlato di acqua, increspato di fred-

do e d'emozioni, e ancora più giù, lì dove solo quel pomerig-

gio lui per primo, lui e solo lui, ha osato sfiorarla. Lei lo ab-

braccia più forte. Poggia il mento sulla sua spalla e con gli oc-

chi socchiusi guarda più in là. Una bottiglia semivuota galleg-

gia poco lontano. Va su e giù. E lei pensa al messaggio arroto-

lato che c'è dentro: "Aiuto. Ma non salvatemi". Chiude gli oc-

chi e comincia a tremare, e non solo per il freddo. Mille emo-

zioni la prendono e all'improvviso capisce. Sì, è lei che sta nau-

fragando.

"Babi, Babi." Si sente chiamare improvvisamente e scuo-

tere forte. Apre gli occhi. Davanti a lei c'è Daniela.

"Ma che, non hai sentito la sveglia? Dai, muoviti che sia-

mo in ritardo. Papa è quasi pronto."

La sorella esce dalla stanza. Babi si rigira nel letto. Ripen-

sa a quella notte, Step che è entrato in casa di nascosto. La fu-

ga in moto, il bagno in piscina con Pallina e gli altri. L'ubria-

catura. Lei e lui dentro l'acqua. La sua mano. Forse ha imma-

ginato tutto. Si tocca i capelli. Sono perfettamente asciutti.

Peccato, è stato un sogno, bellissimo, ma nient'altro che un so-

gno. Da sotto la coperta allunga la mano fuori e cerca a tasto-

ni la radio. La trova e l'accende. Spinta dalla nuova allegra can-

zone dei Simply Red, Fake, scende giù dal letto. È ancora leg-

germente assonnata e ha un po' di mal di testa. Si avvicina al-

la sedia per vestirsi. La divisa è poggiata lì ma il resto della ro-

ba non l'ha preparato. Che buffo, pensa, me ne sono dimenti-

255

cata. È la prima volta. Hanno ragione i miei. Forse sto cam-

biando sul serio. Diventerò come Pallina. È così disordinata

che si scorda tutto. Be', vorrà dire che saremo ancora più ami-

che. Apre il primo cassetto. Tira fuori un reggisene. Poi, men-

tre fruga in mezzo alla biancheria cercando un paio di mu-

tandine, trova una dolce sorpresa. Nascosto sul fondo, dentro

una piccola busta di plastica, c'è un completo bagnato. Un leg-

gero odore di cloro si sparge lì intorno. Non è stato un sogno.

Quel completo l'ha messo sulla sedia la sera prima, come sem-

pre, solo che quella notte l'ha usato come costume. Sorride.

Poi improvvisamente si ricorda di esser stata fra le sue brac-

cia. È vero, è cambiata. Molto. Comincia a vestirsi. Si mette la

divisa e alla fine, infilandosi le scarpe, prende la sua decisio-

ne. Non gli permetterà mai più di andare oltre. Finalmente

tranquilla, si guarda allo specchio. I suoi capelli sono quelli di

tutti i giorni, i suoi occhi gli stessi che ha truccato qualche gior-

no prima. Perfino la bocca è quella. Si pettina sorridendo, po-

sa la spazzola ed esce in fretta dalla stanza per fare colazione.

Non sa che molto presto cambierà ancora. Così tanto da pas-

sare davanti a quello specchio e non riconoscersi lei stessa.

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alati

La Giacci scende in sala colloqui. Saluta alcune madri che

conosce poi va in fondo alla sala. Un ragazzo con un giubbot-

to scuro e un paio di occhiali neri è seduto su una poltrona in

maniera scomposta. Ha una gamba su uno dei braccioli e, co-

me se questo non bastasse, fuma con aria strafottente. Tiene

la testa indietro e lascia andare ogni tanto boccate di fumo ver-

so l'alto.

La Giacci si ferma.

"Mi scusi?" Il ragazzo fa finta di non sentire. La Giacci al-

za la voce. "Scusi?"

Step finalmente tira su la testa.

"Sì?"

"Non sa leggere?" gli chiede indicando il cartello, ben visi-

bile sul muro, che vieta di fumare.

"Dove?" l

La Giacci decide di lasciar perdere.

"Qui non si può fumare." ,

"Ah, non me n'ero accorto." Step lascia cadere la sigaretta

per terra e la spegne con una botta secca del tacco. La Giacca"

si innervosisce.

"Che ci fa lei qua?" >

"Sto aspettando la professoressa Giacci."

"Sono io. A cosa devo la sua visita?"

"Ah, è lei, professoressa. Mi scusi per la sigaretta."

Step si siede meglio sulla poltrona. Per un attimo sembra

sinceramente dispiaciuto.

"Lasci perdere, allora, che cosa vuole?"

"Ecco, le volevo parlare di Babi Gervasi. Lei non deve trat-

tarla così. Vede professoressa, quella ragazza è molto sensibi-

le. E poi i suoi genitori sono dei veri rompicoglioni, capisce.

Quindi se lei la prende di petto, loro la mettono in punizione

e chi ci va di mezzo sono io che non posso uscire con lei, e que-

sto non mi va proprio professoressa, lei capisce, no?"

257

La Giacci è fuori di sé. Come si permette quel cafone di

parlarle così.

"No, non capisco assolutamente e soprattutto non capisco

cosa ci sta a fare lei qui. È un parente forse? E il fratello?"

"No, diciamo che sono un amico."

Improvvisamente la professoressa si ricorda di averlo già vi-

sto. Sì, dalla finestra. È il ragazzo con il quale Babi si è allonta-

nata da scuola. Ne hanno discusso a lungo, lei e la madre, po-

vera signora. Quello è un tipo pericoloso.

"Lei non è autorizzato a stare qui. Se ne vada o faccio chia-

mare la polizia."

Step si alza e le passa davanti sorridendo.

"Io sono venuto solo per parlare. Volevo trovare con lei una

soluzione, ma vedo che è impossibile." La Giacci lo fissa con

aria superiore. Non le fa paura, quel tipo. Con tutti quei mu-

scoli è pur sempre un ragazzo, una mente piccola, insignifi-

cante. Step le si avvicina come se volesse farle una confiden-

za. "Vediamo se capisce questa parola professoressa. Stia be-

ne attenta, eh: Pepilo." La Giacci sbianca. Non vuole credere

alle sue orecchie. "Vedo che ha capito il concetto. Quindi si com-

porti bene, professoressa, e vedrà che non ci saranno problemi.

Nella vita è solo questione di trovare le parole adatte, no? Si ri-

cordi: Pepilo."

La lascia così, in mezzo alla sala, pallida, ancora più vec-

chia di quello che è, con un'unica speranza: che non sia vero

niente. La Giacci va dalla preside, chiede un permesso, corre

a casa e quando arriva ha quasi paura di entrare. Apre la por-

ta. Nessun rumore. Niente. Va in tutte le camere gridando, chia-

mandolo per nome poi si lascia cadere su una sedia. Ancora

più stanca e più sola di quanto non si senta ogni giorno. Il por-

tiere compare sulla porta.

"Professoressa, come sta? È così pallida. Senta, oggi sono ve-

nuti due ragazzi a nome suo per portare a spasso Pepito. Io gli ho

aperto. Ho fatto bene, vero?" La Giacci lo fissa. È come se non

lo vedesse. Poi, senza odio, rassegnata, piena di tristezza e ma-

linconia, annuisce. Il portiere si allontana, la Giacci a fatica si

alza dalla sedia e va a chiudere la porta. L'aspettano giorni di so-

litudine in quella grande casa senza l'allegro abbaiare di Pepito.

Ci si può sbagliare sulla gente. Babi le è sembrata una ragazza

orgogliosa e intelligente, forse un po' troppo saputa, ma non co-

sì cattiva da arrivare a un'azione del genere. Va in cucina per pre-

pararsi da mangiare. Apre il frigorifero. Vicino alla sua insalata

c'è il cibo già pronto per Pepito. Scoppia a piangere. Ora è vera-

mente sola. Ora ha definitivamente perso. , v,in <,* m »«,-* ><,

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Quel pomeriggio Paolo finisce presto di lavorare. Tutto fe-

lice entra in casa. All'improvviso sente abbaiare. In salotto un

volpino dal pelo bianco scodinzola sul suo tappeto turco. Lì

davanti c'è Pollo con un cucchiaio di legno in mano.

"Pronto? Vai!" Pollo lancia il cucchiaio sul divano di fron-

te. Il volpino neanche si gira, minimamente interessato a do-

ve sia finito quel pezzo di legno. Piuttosto, comincia ad ab-

baiare.

"Cazzo, ma perché non va? 'Sto cane non funziona! Ab-

biamo preso un cane deficiente! Sa solo abbaiare."

Su una poltrona, Step smette di leggere il nuovo Dago.

"Mica è un cane da riporto questo. Non è predisposto, no?

Che pretendi?"

Step si accorge del fratello. Paolo è in piedi sulla porta con

il cappello ancora in testa.

"O Fa' ciao, come stai? Non ti ho sentito entrare. Come mai

così presto oggi?"

"Ho finito prima. Che ci fa questo cane in casa mia?"

"È nuovo. Ce lo siamo presi a mezzi io e Pollo. Ti piace?"

"Per niente. Non lo voglio vedere qui. Guarda." Si avvicina

al divano. "È già tutto pieno di peli bianchi, qua."

"Dai Fa', non fare il prepotente. Starà nella mia mezza casa."

"Cosa?!"

Il cane scodinzola e comincia ad abbaiare.

"Vedi, a lui gli sta bene!"

"Già mi svegli tu, quando rientri, figuriamoci con questo

cane che abbaia tutto il tempo. Non se ne parla proprio."

Infuriato, Paolo se ne va di là.

"Cazzo, si è arrabbiato." A Pollo viene un'idea, urla fino a

farsi sentire nell'altra stanza.

"Paolo, per i duecento euro che ti devo... me lo porto

via io."

259

Step si mette a ridere e ricomincia a leggere Dago. Paolo

compare sulla porta.

"Affare fatto. Tanto quei soldi non li avrei visti comunque,

almeno mi levo di mezzo questo cane. A proposito Step, si può

sapere che fine hanno fatto i miei biscotti al burro? Li ho com-

prati l'altroieri per fare colazione e sono già scomparsi."

"Boh, se li sarà mangiati Maria. Io non li ho presi, sai che

non mi piacciono."

"Non so com'è, ma qualunque cosa succeda è sempre col-

pa di Maria. Mandiamola via allora questa Maria, no? Fa solo

danni..."

"Che scherzi? Maria è un mito. Fa certe torte di mele. Quel-

la dell'altro giorno, per esempio..." interviene Pollo.

"Allora l'avete mangiata voi, ne ero sicuro!"

Step guarda l'orologio.

"Cazzo, è tardissimo. Io devo uscire." Anche Pollo si alza.

"Anch'io devo andare." Paolo rimane solo nel salotto.

"E il cane?"

Prima di uscire Pollo fa in tempo a rispondere.

"Passo dopo."

"Guarda che o te lo porti via o mi dai i duecento euro!"

Paolo guarda il volpino. È lì, in mezzo al salotto che sco-

dinzola. Strano che non abbia ancora fatto pipì sul suo tappe-

to. Poi apre la sua valigetta di pelle e tira fuori un nuovo pac-

co di biscotti inglesi al burro. Dove può metterli? Sceglie il pic-

colo armadio lì in basso, quello delle buste e delle lettere. In

questa casa non scrive mai nessuno. Difficilmente li troveran-

no. Li nasconde sotto un pacco ancora chiuso di buste.

Quando si rialza vede che il volpino lo sta fissando. Ri-

mangono così per un attimo. Magari questo me l'hanno la-

sciato apposta. Esistono cani da tartufi. Questo può essere un

cane da biscotti. E per un attimo Paolo, stupidamente, non è

più tanto sicuro del nascondiglio.

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Babi è dietro a Step. La sua guancia poggiata sul giubbot-

to, il vento rapisce la punta dei suoi capelli.

"Be', com'è andata a scuola oggi?"

"Benissimo. Abbiamo avuto due ore di buco. È mancata la

Giacci. Ha avuto dei problemi familiari. D'altronde, con una

come lei abbiamo problemi noi, pensa la sua famiglia..."

"Vedrai che da adesso in poi con lei andrà tutto meglio. Ho

come un presentimento."

Babi non capisce bene il significato di quelle parole e la-

scia cadere il discorso.

"Sei sicuro che non mi farà male?"

"Sicurissimo! Ce l'hanno tutti. Hai visto il mio com'è gran-

de. Sennò sarei morto, no? Tu te ne fai uno piccolissimo. Nean-

che te ne accorgerai."

"Non ho detto che lo faccio. Ho detto che vengo a vedere."

"Va bene, come vuoi, se non ti piace non te lo fai, d'ac-

cordo?"

"Ecco, siamo arrivati." Camminano lungo una stradina. Per

terra c'è della sabbia, portata fin là dal vento, rubandola alla

spiaggia vicina. Sono a Fregene, al villaggio dei pescatori. Ba-

bi per un attimo si chiede se non è pazza. Oddio, sto per esse-

re tatuata, pensa, devo farmelo in un punto nascosto, ma non

troppo. Immagina sua madre che la scopre. Si metterebbe a

urlare. Sua madre urla sempre.

"Stai pensando a dove fartelo?"

"Ancora sto pensando se farmelo."

"Dai, ti è tanto piaciuto il mio quando l'hai visto. E poi ce

l'ha anche Pallina, no?"

"Sì, lo so, ma che c'entra? Lei se l'è fatto a casa da sola con

gli aghi e la china."

"Be', questo è molto meglio. Con la macchinetta viene an-

che colorato poi... È una figata."

261

"Ma siamo sicuri che la sterilizzano?" " '

"Ma certo, che ti viene in mente?"

10 non mi drogo, non ho mai fatto l'amore. Sarebbe proprio

il massimo della sfiga prendersi l'Aids facendomi un tatuaggio.

"Ecco, è questa."

Si fermano davanti a una specie di capanna. Il vento muo-

ve le canne che coprono il tetto in lamiera. Alla finestra ci so-

no dei vetri colorati. La porta è di legno marrone scuro. Sem-

bra quasi di cioccolata.

"John, si può?"

"Oh, Step, vieni."

Babi lo segue. La colpisce un forte odore di alcol. Almeno

quello c'è, ora bisogna solo vedere se lo usano anche. John è

seduto su una specie di sgabello e sta trafficando con la spal-

la di una ragazza bionda seduta davanti a lui su una panchet-

ta. Si sente il rumore di un motorino. A Babi ricorda quello del

trapano del dentista. Spera solo che non faccia così male. La

ragazza guarda avanti. Se prova dolore, non lo da a vedere. Un

ragazzo, appoggiato al muro, smette di leggere il "Corriere del-

lo Sport".

"Ti fa male?"

"No."

"E dai che ti fa male."

*5j "Ti ho detto di no."

11 ragazzo riprende a leggere il giornale. Sembra quasi scoc-

ciato che non le faccia male.

"Ecco fatto." John allontana la macchinetta e si avvicina

alla spalla per guardare meglio il suo lavoro. "Perfetta!"

La ragazza tira un sospiro di sollievo. Allunga il collo per

vedere se anche lei è d'accordo con l'entusiasmo di John. Ba-

bi e Step si avvicinano incuriositi. Il ragazzo smette di legge-

re e si sporge in avanti. Tutti si guardano in silenzio. La ra-

gazza cerca in giro un po' di approvazione.

"È bella, eh?" Una farfalla di mille colori splende livida sul-

la sua spalla. La pelle è un po' gonfia. Il colore ancora fresco,

misto al rosso del sangue, sembra particolarmente lucente.

"Bellissima" le risponde sorridendo quello che deve essere

il suo ragazzo.

"Molto." Anche Babi decide di darle un po' di soddisfazione.

"Ecco tieni, mettici questa." John le mette una garza ade-

siva sulla spalla. "Devi pulirla ogni mattina per qualche gior-

no. Vedrai che non ti farà infezione!"

La ragazza stringe i denti e tira su con la bocca dell'aria.

Una cosa è sicura. Almeno dopo, John l'alcol lo usa. Il tipo

262

tira fuori cinquanta euro e paga. Poi sorride e abbraccia la sua

ragazza appena tatuata.

"Ahia. Mi fai male, no!?"

"Oh, scusa tesoro." La prende delicatamente più sotto ed

esce con lei da quella pseudocapanna.

"Allora Step, fai vedere come va il tuo tattoo..."

Step tira su la manica destra del giubbotto. Sul suo mu-

scoloso avambraccio compare un'aquila dalla lingua rossa

fiammeggiante. Step muove la mano come un pianista. I suoi

tendini guizzano sotto la pelle dando vita a quelle grandi ali.

"È proprio bella." John guarda compiaciuto il suo lavoro.

"Andrebbe un po' ribattuta..."

"Un giorno di questi magari. Oggi siamo qui per lei."

"Ah, per questa bella signorina, e che cosa vorrebbe farsi?"

"Prima di tutto non vorrei farmi male e poi... lei la steri-

lizza ogni volta quella macchinetta, vero?"

John la tranquillizza. Smonta gli aghi e li pulisce con Tal-

col proprio davanti a lei.

"Hai già deciso dove fartelo?"

"Ma, vorrei un posto che non si noti. Se se ne accorgono i

miei sono dolori."

Si pente di quella frase. Forse sono dolori comunque.

"Be'," John le sorride, "ne ho fatti alcuni sulle chiappe, al-

tri sulla testa. Una volta è arrivata un'americana che ha insi-

stito per farselo, sì, insomma, hai capito dove... no? Prima l'ho

dovuta perfino rasare!"

John scoppia a ridere davanti a lei mostrando dei terribili

denti gialli. Babi lo guarda preoccupata. Oddio, è un maniaco.

"John." La voce un po' dura di Step arriva dalle sue spalle.

John cambia subito espressione. "Sì, scusa Step. Allora non

so, potremmo fare sul collo, sotto i capelli, oppure sulla cavi-

glia, o su un fianco."

"Ecco, su un fianco va benissimo."

"Tieni, scegli fra questi." John tira fuori da sotto un tavolo

un grosso libro. Babi comincia a sfogliarlo. Ci sono teschi, spa-

de, croci, rivoltelle, tutti disegni terribili. John si alza e si ac-

cende una Marlboro. Ha intuito che sarà una cosa lunga. Step

le si siede accanto. "Questo?" Le indica una svastica nazista

dentro una bandiera dal fondo bianco.

"Ma che...!!"

"Be', non è male..."

"Questo?" Le indica un grosso serpente dai colori violacei

e la bocca aperta in segno di attacco. Babi non gli risponde

neppure. Continua a sfogliare il grosso libro. Guarda le figure

263

velocemente, insoddisfatta, come se già sapesse che lì non

avrebbe trovato nulla di buono. Alla fine Babi gira anche l'ul-

tima pagina, quella di plastica dura e richiude il libro. Poi guar-

da John.

"No, non mi piace niente."

John da un tiro alla sigaretta e butta fuori il fumo sbuf-

fando. Proprio come prevedeva.

"Be', è il caso di farsi venire un'idea. Una rosa?"

Babi scuote la testa.

"Un fiore in generale, no?"

< "Non lo so..."

"Be', figlia mia, dacci una mano sennò qua ci possiamo sta-

re pure tutta la notte. Guarda che alle sette ho un altro ap-

puntamento."

-i "Ma non lo so. Vorrei una cosa un po' strana."

John si mette a camminare per la stanza. Poi si ferma. "Una

volta ho fatto sulla spalla di uno una bottiglia di Coca-Cola. È

venuta benissimo. Ti piacerebbe?"

"Ma a me la Coca-Cola non piace."

"Be', Babi digli qualcosa che ti piace, no?"

"Ma io prendo solo gli yogurt. Mica mi posso far tatuare

uno yogurt sul fianco!"

Alla fine trovano una soluzione. La propone Step. John è

d'accordo e a Babi piace moltissimo.

Step la distrae raccontando la vera storia di John, il cinese

dagli occhi verdi. Tutti lo chiamano così e lui si da un sacco di

arie orientali. Si spaccia per tale contornandosi di roba cinese.

In realtà è di Centocelle. Sta con una tipa di Ostia dalla quale

ha avuto pure un figlio e l'ha chiamato Bruce, in onore del suo

idolo. In realtà si chiama Mario e ha imparato a fare i primi ta-

tuaggi al Gabbio. Quegli occhi a mandorla, poi, sono solo due

gradi di miopia corretti con lenti da quattro soldi. Mario, o me-

glio John, scoppia a ridere. Step paga cinquanta euro. Babi con-

trolla il suo tatuaggio: perfetto. Poco dopo, sulla moto, si lascia

il primo bottone dei jeans aperto, allarga la garza e lo guarda

di nuovo, felice. Step se ne accorge. "Ti piace?"

"Moltissimo."

Sulla sua pelle delicata, ancora gonfia di colore, una pic-

cola aquila appena nata, identica a quella di Step, figlia della

stessa mano, assapora il vento fresco del tramonto.

Il campanello della porta suona. Paolo va ad aprire. Da-

vanti a lui un signore dall'aria distinta.

"Buonasera, cerco Stefano Mancini. Sono Claudio Gervasi."

264

"Buonasera, mio fratello non c'è." . >" *

"Sa quando torna?"

"No, non so nulla, non ha detto niente. A volte non viene

neanche a cena, torna direttamente la sera tardi." Paolo guar-

da quel signore. Chissà cosa ha a che fare con Step. Guai in ar-

rivo. Al solito, un'altra storia di botte. "Senta, se vuole acco-

modarsi, magari torna fra poco oppure telefona."

"Grazie."

Claudio entra nel salotto. Paolo chiude la porta, poi non

riesce più a resistere.

"Mi scusi, posso aiutarla in qualche cosa?"

"No, volevo parlare con Stefano. Sono il padre di Babi."

"Ah, ho capito." Paolo fa un sorriso di convenienza. In

realtà non ha capito nulla. Non sa minimamente chi sia que-

sta Babi. Una ragazza, altro che botte. Guai ancora peggiori.

"Mi scusi un attimo." Paolo va di là. Claudio, rimasto solo, si

guarda in giro. Si avvicina ad alcuni poster attaccati al muro,

poi tira fuori il pacchetto di sigarette e ne accende una. Al-

meno tutta questa storia un pregio ce l'ha. Posso tranquilla-

mente fumare. Che strano, però, quello è il fratello di Stefa-

no, di quello Step che ha picchiato Accado, eppure sembra un

ragazzo così perbene. Forse la situazione non è poi così di-

sperata. Raffaella come al solito esagera. Magari non valeva

neanche la pena di venire. Queste sono cose di ragazzi. Si si-

stemano naturalmente fra loro. È una storia così, una cotta.

Magari a Babi passa presto. Si guarda in giro in cerca di un

portacenere. Lo vede su un tavolino dietro al divano. Si avvi-

cina per buttarci la cenere.

"Stia attento." Paolo è sulla porta con uno straccio in ma-

no. "Mi scusi. Ma sta camminando proprio dove ha fatto pipì

il cane."

Pepite, il piccolo volpino dal folto pelo bianco compare in

un angolo del salotto. Abbaia quasi felice di rivendicare la sua

bravata.

Step e Babi si fermano nel cortile sotto casa. Babi guarda

il loro posto macchina. È vuoto.

"I miei non sono ancora tornati. Vuoi salire un attimo?"

"Sì, dai." Poi si ricorda del cane lasciato a casa con suo fra-

tello. Tira fuori il cellulare. "Aspetta, prima chiamo mio fra-

tello, voglio sapere se ha bisogno di qualcosa."

Paolo va a rispondere.

"Pronto?"

"Ciao, Fa'. Come va? È passato Pollo a prendere il cane?"

265

"No, quel deficiente del tuo amico ancora non è venuto.

Aspetto altri dieci minuti e poi metto il volpino fuori della

porta."

"Dai, non fare così. Sai che non vanno maltrattati gli ani-

mali. Piuttosto bisognerebbe portarlo fuori per fargli fare pipì."

"Già fatto, grazie!"

"Ma dai, come sei previdente, sei troppo forte, fratello."

"Non hai capito. L'ha già fatta lui e ha bagnato tutto il tap-

peto turco!"

Paolo all'immagine di uomo manager efficientissimo pre-

ferisce quella di semplice sfigato con straccio in mano che

asciuga la pipì del cane. Tutto per far sentire in colpa Step.

Niente da fare. Dall'altra parte del telefono, una grassa risata.

"Non ci credo!"

"Credici! Ah, senti. Qui c'è un signore che ti sta aspettando."

Paolo si gira verso il muro cercando di non farsi sentire

troppo. "È il padre di Babi. Ma che, è successo qualcosa?"

Step guarda sorpreso Babi.

"Sul serio?"

"Sì, ti pare che scherzo con te e su cose di questo genere

poi... Allora cosa succede?"

"Niente, poi ti dico. Passamelo, va."

Paolo allunga la cornetta verso Claudio.

"Signor Gervasi, è fortunato. C'è mio fratello al telefono."

Claudio andando al telefono si chiede se è veramente un

uomo fortunato. Forse sarebbe stato meglio non averlo trova-

to. Cerca di fare una voce sicura e profonda.

"Pronto?"

"Buonasera. Come va?"

"Bene, Stefano. Senta, io vorrei parlarle."

"Va bene, di cosa parliamo?"

"È una cosa delicata!"

"Non possiamo parlarne per telefono?"

"No. Preferirei vederla e dirgliela di persona."

> "Va bene. Come vuole."

$j "Allora, dove ci possiamo incontrare?"

"Non lo so, mi dica lei."

"Tanto si tratta di una cosa di pochi minuti. Lei dove si tro-

va in questo momento?"

A Step gli viene da ridere. Non è proprio il caso di dirgli

che è a casa sua.

"Sto da un amico. Dalle parti di Ponte Milvio."

"Ci potremmo vedere davanti alla chiesa di Santa Chiara,

ha presente dov'è?" , («i

266

"Sì. Io però l'aspetto alla quercia lì davanti. Preferisco. Sa

qual è? C'è una specie di giardinetto."

"Sì, sì la conosco. Allora facciamo lì fra un quarto d'ora."

"Va bene. Mi ripassa mio fratello, per favore?"

"Sì, subito."

Claudio gli ripassa la cornetta.

"La rivuole."

"Sì Step, dimmi?"

"Paolo, mi hai fatto fare una bella figura? L'hai fatto acco-

modare? Mi raccomando eh, che ci tengo. È una persona im-

portante. Pensa che sua figlia si è mangiata tutti i tuoi biscot-

ti al burro..."

"Ma veramente..." Paolo non ha il tempo di rispondergli.

Step ha già attaccato.

Claudio va verso la porta. "Mi scusi, io devo andare, la sa-

luto."

"Ah, certo, l'accompagno."

"Spero che avremo modo di vederci in una situazione più

tranquilla."

"Certamente." Si danno la mano. Paolo apre la porta. Pro-

prio in quel momento arriva Pollo.

"Ciao, sono venuto a prendere il cane."

"Meno male, era ora."

"Be', io la saluto."

"Buonasera."

Pollo rimane perplesso a guardare andar via quel signore.

"Chi era quello?"

"Il padre di una certa Babi. È venuto a cercare Step. Ma

cos'è successo? Chi è questa Babi?"

"È la donna del momento di tuo fratello. Dov'è il cane?"

"Sta in cucina. Ma perché vuole parlare con Step? C'è qual-

che problema?"

"Che ne so io!" Pollo sorride vedendo il cane. "Vieni Arnold,

andiamo." Il volpino, ribattezzato da poco, gli corre incontro

abbaiando. Fra i due c'è una certa simpatia oppure il cane pre-

ferisce essere chiamato così piuttosto che Pepite. Forse la Giac-

ci non l'ha mai capito, ma in realtà lui è un duro.

Paolo lo ferma.

"Oh, ma non è che questa Babi è..." Fa con la mano un ar-

co, allargando la sua pancia già abbastanza rilassata per con-

to suo.

"Incinta? Ma figurati. Da quanto ho capito, Step non ci riu-

scirebbe manco se fosse lo Spirito Santo."

267

>< "Ehi Babi, ciao, devo andare!" Step la prende fra le braccia.

"Ma dove? Rimani un altro po'." s

« "Non posso. Ho un appuntamento." .5 "

Babi si ribella al suo abbraccio.

"Sì, lo so con chi ti vedi. Con quella terribile rompisca-

tole, con quella brunetta. Ma ancora non ha capito? Non le

sono bastate le botte che le ho dato?"

Step ride e l'abbraccia di nuovo. "Ma che dici?" Babi cer-

ca di resistergli. Lottano per un po'. Poi Step vince facilmente

e le da un bacio. Babi rimane con le labbra serrate. Alla fine

accetta la dolce sconfitta. Però gli morde la lingua.

"Ahia."

"Dimmi subito con chi esci."

"Non potresti mai indovinare."

"Non è quella che ho detto prima, vero?"

"No."

"La conosco?"

j "Benissimo. Scusa, ma prima di tutto chiedimi se è una

donna o un uomo?"

~f Babi sbuffa. "È una donna o un uomo?"

j, "Un uomo."

_ "Allora sono già più tranquilla."

"Mi vedo con tuo padre."

"Mio padre?"

"È venuto a cercarmi a casa. Quando ho telefonato stava

lì. Abbiamo appuntamento fra poco in piazza Giochi Delfici."

"E cosa vuole mio padre da te?"

"Non lo so! Ma quando lo saprò ti telefono e te lo dico. Va

bene?"

Le da un bacio prepotente. Lei lo lascia fare, ancora stor-

dita e sorpresa da quella notizia. Step accende la moto e si al-

lontana velocemente. Lei lo guarda sparire dietro l'angolo. Poi

sale in casa. Silenziosa, sinceramente preoccupata. Cerca di

immaginare il loro incontro. Di che cosa avrebbero parlato? E

dove? E cosa sarebbe successo? Poi, pensando soprattutto a

suo padre, spera solo che non facciano a botte.

168

<."JU

49.

Quando Claudio arriva Step è già lì, seduto sul bordo del

muretto a rumare una sigaretta.

"Salve."

"Buonasera Stefano." Si danno la mano. Poi Claudio si ac-

cende anche lui una sigaretta per sentirsi più a suo agio. Pur-

troppo non raggiunge il risultato sperato. Quel ragazzo è stra-

no. Sta lì che sorride in silenzio, fissandolo con quel giubbot-

to scuro. È diverso da suo fratello. Tra l'altro è molto più gros-

so. A un tratto, mentre sta per sedersi vicino a lui sul muretto,

ha come un ricordo improvviso. Quel ragazzo ha menato il suo

amico Accado, gli ha spaccato il naso. Ora sta insieme a sua

figlia. Quel ragazzo è un tipo pericoloso. Avrebbe preferito mil-

le volte parlare con il fratello.

Claudio rimane in piedi. Step lo guarda incuriosito.

"Allora, di che parliamo di bello?"

"Be', ecco Stefano. A casa mia ultimamente ci sono stati

dei problemi."

"Sapesse quanti ce ne sono stati da me..."

"Sì, lo so, però vedi, noi prima eravamo una famiglia mol-

to tranquilla. Babi e Daniela sono due brave ragazze."

"È vero. Babi è una ragazza veramente a posto. Senta Clau-

dio, non è che ci potremmo dare del tu? A me già non piace

parlare troppo in generale. Poi se devo pensare a tutti quei lei,

le, allora diventa proprio impossibile."

Claudio sorride. "Certo." In fondo quel ragazzo non è an-

tipatico. Se non altro non gli ha ancora messo le mani addos-

so. Step scende dal muretto.

"Senti perché non andiamo a sederci da qualche parte. Al-

meno parliamo più comodi, magari ci beviamo una cosa."

"Va bene. Dove andiamo?"

"Qua vicino c'è un posto che hanno aperto certi amici miei.

269

È come se fossimo a casa, non ci darà fastidio nessuno." Step

monta sulla moto. "Seguimi."

Claudio sale in macchina. È soddisfatto. La sua missione si

sta rivelando più facile del previsto. Meno male. Segue Stefano

giù verso la Farnesina. A Ponte Milvio svoltano a destra. Clau-

dio sta ben attento a non perdere quel fanalino rosso che cor-

re nella notte. Se fosse successa una cosa del genere Raffaella

non gliel'avrebbe mai perdonata. Poco dopo si fermano in una

piccola via dietro a piazzale Clodio. Step indica a Claudio un

posto vuoto dove può mettere la macchina mentre lui lascia la

moto proprio davanti all'entrata del Four Green Fields. Al pia-

no di sotto c'è una gran confusione. Molti ragazzi sono seduti

su degli sgabelli davanti a un lungo bancone. Tutt'intorno qua-

dri e stemmi di birre di vari paesi. Un tipo con dei sottili oc-

chialetti e dei capelli spettinati si aggira frenetico dietro il ban-

cone preparando cocktail di frutta e semplici gin tonic.

"Ciao Antonio."

f "Oh, ciao Step, che ti porto?"

J "Non lo so, ora decidiamo. Tu cosa prendi?"

Mentre vanno a sedersi, Claudio si ricorda che non ha man-

niente. Decide di tenersi sul leggero.

"Un Martini."

"Una bella birra chiara e un Martini."

Si siedono a un tavolo in fondo, dove c'è un po' meno con-

fusione. Quasi subito arriva da loro una bellissima ragazza dal-

la pelle color ebano di nome Francesca. Porta quello che han-

no ordinato e si ferma al tavolo a chiacchierare con Step. Step

le presenta Claudio che educatamente le da la mano alzando-

si. Francesca rimane sorpresa.

"È la prima volta che viene una persona così in questo

locale."

Trattiene la mano di Claudio un po' più a lungo del solito.

Lui la guarda leggermente imbarazzato.

"È un complimento?"

"Certo! Lei è signorilmente affascinante." Francesca ride.

I lunghi capelli corvini danzano allegri davanti ai suoi bellis-

simi denti bianchi. Poi si allontana sensuale, sapendo benissi-

mo che sarebbe stata osservata. Claudio decide di non delu-

derla. Step se ne accorge.

"Bel culo, eh? È brasiliana. Le brasiliane hanno un culo da

favola. Almeno così dicono. Io non lo so perché in Brasile non

ci sono ancora stato, ma se sono tutte come Francesca..." Step

si scola divertito mezza birra.

"Sì, è veramente molto carina." Claudio beve il suo Mar-


270

tini, un po' scocciato che quel suo pensiero sia stato così

limpido.

"Allora, che stavamo dicendo? Ah sì, che Babi è proprio

una brava ragazza. È verissimo."

"Ecco, sì, insomma e Raffaella, mia moglie..."

"Sì, l'ho conosciuta. Bel caratterino m'è sembrato."

"Sì, in effetti." Claudio finisce il suo Martini. Proprio in

quel momento passa di nuovo Francesca. Si aggiusta i capelli

ridendo e lanciando uno sguardo provocante al loro tavolo.

"Hai fatto colpo, Claudio, eh? Senti, ci prendiamo qualco-

s'altro?" Non gli da il tempo di rispondere. "Antonio mi fai por-

tare un'altra birra? Tu che vuoi?"

"Ma no grazie, io non prendo niente..."

"Come non prendi niente, dai..." *

"Va bene, prendo anch'io una birra, va'!"

"Allora due birre e un po' d'olive, qualche palatina, insom-

ma facci portare un po' di roba da sgranocchiare."

Poco dopo arriva quello che hanno chiesto. Claudio rima-

ne un po' deluso. A portargliela infatti non è Francesca, ma un

tipo brutto, un negro cicciotto dalla faccia buona. Step aspet-

ta che si allontani.

"Anche lui è brasiliano. Ma è tutta un'altra storia, eh?"

Si sorridono. Claudio assaggia la sua birra. È buona e fre-

sca. Stefano è un tipo simpatico. Forse pure più simpatico del

fratello. Anzi, senz'altro. E beve un altro po' di birra.

"Insomma, ti stavo dicendo, Stefano, che mia moglie è mol-

to preoccupata per Babi. Sai, è l'ultimo anno e ha la maturità."

"Sì, lo so. Ho saputo pure la storia della professoressa, dei

problemi che ci sono stati."

"Ah, hai saputo..."

"Sì, ma sono sicuro che le cose si risolveranno."

"Lo spero proprio..." Claudio manda giù un lungo sorso di

birra ripensando ai cinquemila euro che ha dovuto sborsare.

Step invece pensa al cane della Giacci e ai tentativi di Pol-

lo di insegnargli a riportare gli oggetti.

"Vedrai Claudio, andrà tutto a posto. La Giacci non darà

più fastidio a Babi. Quel problema non esiste più, ti assicuro."

Claudio cerca di sorridere. Come fa a dirgli che il vero pro-

blema adesso è lui?

Proprio in quel momento entra un gruppo di ragazzi. Due

di loro vedono Step e gli vanno incontro.

"Oh, ciao Step! Dove cazzo sei finito? Non sai quanto ti ab-

biamo cercato, ancora aspettiamo la rivincita."

"Ho avuto da fare." , j« »f 5 «,- ;»

271

- "Strizza, eh?"

"Ma che cazzo dici? Paura di che? Vi abbiamo distrutto...

Ancora parli?"

"Ehi calma, non t'arrabbiare. Non t'abbiamo più visto. Hai

vinto quei soldi e sei sparito."

Anche l'altro ragazzo prende un po' di coraggio.

"Che poi avete sculato su quell'ultima palla."

"Ringraziate che non c'è Pollo. Sennò me li rigiocavo su-

bito, altro che sculato. Abbiamo fatto una serie di palle incre-

dibili, una buca dopo l'altra."

I due ragazzi fanno un'aria poco convinta.

"Sì, vabbe'." Vanno a prendere da bere al bancone. Step li

vede che chiacchierano. Poi guardano verso di lui e si metto-

no a ridere.

"Senti Claudio, tu sai giocare a biliardo?"

"Un tempo giocavo spesso, ero pure forte. Ma adesso è una

vita che non prendo una stecca in mano."

"Dai, ti prego, mi devi aiutare. Io quelli li batto come nien-

te. Basta che tu appoggi le palle. A metterle in buca ci penso io."

"Ma veramente, scusa, dovremmo parlare."

"Dai, parliamo dopo. Va bene?"

Forse dopo una partita a biliardo sarà più semplice par-

largli. E se perdiamo? Preferisce non pensarci. Step va al ban-

cone dai due ragazzi.

"Allora preso. Dai. Antonio aprici il tavolo. Ce li rigiochia-

mo subito, quei soldi."

"E con chi giochi tu, con quello?" Uno dei due ragazzi in-

dica Claudio.

"Sì, perché, ti fa schifo?"

"Come ti pare, contento tu..."

"Certo, se c'era Pollo era tutta un'altra storia. Lo sapete pu-

re voi. Vorrà dire che vi regalerò questi soldi. Va bene?"

"No, se devi fare così non giochiamo. Che poi dici che ab-

biamo vinto perché non c'era Pollo."

"Tanto a voi due vi batto pure da solo."

"Sì, ancora!"

"Volete aumentare la posta? Facciamo duecento euro? Ci

state? Però una secca, perché ho poco tempo."

I due si scambiano uno sguardo. Poi guardano il compa-

gno di Step. Claudio, seduto in fondo alla sala, gioca imba-

razzato con un pacchetto di Marlboro sul tavolo. È proprio

questo forse che li convince.

"Ok, andata, dai andiamo di là." I ragazzi prendono la sca-

tola con le palle. »..»..". , ...*,»j

272

"Claudio, sai giocare all'americana? Una partita secca, due*

cento euro?"

"No Stefano grazie. È meglio se parliamo."

"Dai, ne facciamo solo una. Se perdiamo, pago io."

"Non è questo il problema..."

"Che fate, giocate a biliardo?" È Francesca. Si mette

davanti a Claudio sorridente, con tutto il suo entusiasmo

brasiliano.

"Dai, vi vengo a vedere e tifo per voi. Faccio la ragazza

pompon."

Step guarda Claudio incuriosito.

"Allora?"

"Una sola però."

"Yahooo! Andiamo di là che li sfondiamo." Francesca lo

prende divertita sottobraccio e vanno tutti e tre nella sala

vicina.

Le palle sono già disposte sul panno verde. Uno dei due ra-

gazzi leva il triangolo. L'altro si mette in fondo al tavolo e con

un tiro preciso spacca. Palle di tutti i colori si spargono sul

panno scivolando silenziose. Alcune si urtano con dei rumori

secchi poi, piano piano, si fermano. Cominciano a giocare. Pri-

ma colpi semplici, calibrati, poi sempre più forti, pretenziosi,

difficili. A Claudio e a Step toccano le palle fasciate. Step im-

buca per primo. Gli altri fanno due palle, una terza di fortuna.

Quando tocca a Claudio gioca una palla lunga. È fuori allena-

mento. Il tiro risulta corto. Non riesce neanche ad avvicinarsi

alla buca. I due ragazzi si guardano divertiti. Si sentono già i

soldi in tasca. Claudio si accende una sigaretta. Francesca gli

porta un whisky. Claudio nota che, come tutte le brasiliane, ha

un seno piccolo, ma sodo e dritto sotto la maglietta scura. Po-

co dopo tocca di nuovo a lui. La seconda palla gli va meglio.

Claudio la centra in pieno e con un effetto preciso, mettendo-

la al centro. È il quindici, i due gliel'hanno lasciata giocare si-

curi che la sbagliasse.

"Centro!" Step gli da una pacca sulla spalla. "Bel colpo!"

Claudio lo guarda sorridendo, poi manda giù un altro sor-

so di whisky e si piega sul biliardo. Si concentra. Colpisce la

palla bianca leggermente a sinistra, prende la sponda e poi giù

lungo il bordo, dolcemente effettata. Un calcio perfetto. Buca.

I due ragazzi si guardano preoccupati. Francesca applaude.

"Bravo!" Claudio sorride. Con la punta della lingua bagna

il gessetto azzurro e lo passa rapido sulla sua stecca.

"Un tempo sì che ero forte!" Continuano a giocare. Anche

Step ne imbuca alcune. Ma i due sono più fortunati. Dopo po-

chi colpi a loro sono rimaste da mettere in buca solo una pal-

273

la rossa e poi la uno. Ora però tocca a Claudio. Sul tavolo ci

sono ancora due palle fasciate. Claudio spegne la sigaretta.

Prende il gessetto e mentre lo passa veloce sulla stecca studia

la situazione. Non è delle migliori. La dodici è abbastanza vi-

cino alla buca di fondo, ma la dieci è quasi a metà tavolo. Do-

vrebbe fare un'uscita perfetta, fermarsi lì davanti e imbucarla

nella buca centrale sinistra. Un tempo forse ci sarebbe riusci-

to, ma ora... Quanti anni sono che non gioca? Si scola l'ultimo

sorso di whisky. Tornando giù incrocia lo sguardo di France-

sca. Tanti, almeno quanti sembra averne quella splendida ra-

gazza. Si sente leggermente stordito. Le sorride. Ha la pelle co-

lor miele e quei capelli scuri e un sorriso così sensuale. È an-

che tenera, nello stesso tempo. Le ha dato diciotto anni. For-

se ne ha anche qualcuno in meno. Oddio pensa, potrebbe es-

sere mia figlia. Perché sono venuto qui? Per parlare con Ste-

fano, il mio amico Step, il mio compagno. Apre e chiude gli

occhi. Sta sentendo l'effetto dell'alcol. Be', ormai sto giocan-

do, tanto vale finire la partita. Poggia la mano sul tavolo, ci

mette sopra la stecca e la fa scivolare tra il pollice e l'indice,

provandola. Poi inquadra la pallina bianca. È lì, ferma in mez-

zo al tavolo, fredda. In attesa di essere colpita. Fa un lungo re-

spiro, butta fuori l'aria. Ancora una prova e poi colpisce. Pre-

ciso. Con la giusta forza. Sponda laterale e poi di striscio la do-

dici: buca. Perfetto. Poi la palla bianca comincia a risalire. Ve-

loce, troppo veloce. No, fermati, fermati. L'ha colpita con trop-

pa forza. La palla bianca supera la dieci e si ferma più in là,

oltre la metà campo, davanti a Claudio, dispettosa e crudele. I

due avversar! si guardano tra loro. Uno dei due alza le so-

pracciglia, l'altro fa un sospiro di sollievo. Per un attimo han-

no temuto di perdere la partita. Si sorridono. Da quella posi-

zione è veramente un tiro impossibile. Claudio fa il giro del ta-

volo. Studia tutte le distanze. Difficile. Dovrebbe fare quattro

sponde. Sta lì in un angolo appoggiato con le mani sul bordo

del tavolo che ci pensa.

"Che ti frega, provaci." Claudio si gira. Step è dietro di lui.

Ha capito benissimo a cosa sta pensando.

"Sì, ma quattro sponde..."

"Embe'? Al massimo perdiamo... Ma se le fai, pensa come

cazzo ci rimangono!"

Claudio e Step guardano i loro due avversali. Si sono fatti

portare due birre e stanno già bevendo alla loro vittoria.

"Già che ci frega, al massimo perdiamo!" Claudio ormai è

ubriaco. Si porta dall'altra parte del tavolo. Ingessa la stecca,

si concentra e colpisce. La palla bianca sembra volare sul pan-

274

no verde. Una. Claudio ripensa ai tanti pomeriggi passati a gio-

care a biliardo. Due, agli amici di un tempo, quando si stava

sempre insieme. Tre, alle ragazze, ai soldi che non aveva, a

quanto ci si divertiva. Quattro. Alla giovinezza passata, a Fran-

cesca, ai suoi diciassette anni... E in quel momento la palla

bianca colpisce in pieno la dieci. Da dietro, con forza, sicura,

precisa. Un rumore sordo. La palla vola in avanti nella buca

centrale.

"Centro!"

"Yahooo!" Claudio e Step si abbracciano. "Cazzo hai pure

sculato. Guarda dove ti è uscita."

La palla bianca è ferma di fronte alla uno gialla a pochi

centimetri dalla buca di fondo. Claudio la mette dentro con un

colpo tacilissimo.

"Abbiamo vinto!" Claudio abbraccia Francesca e riesce per-

fino a sollevarla. Poi, ballando abbracciato a lei finisce addos-

so a uno dei due awersari.

"E levati dal cazzo." Il tipo da una spinta a Claudio, facen-

dolo finire contro il biliardo. Francesca si rialza subito. Clau-

dio, leggermente stordito, ci mette un po'. Il tipo lo prende per

la giacca e lo tira su.

"Hai fatto il furbo, eh? Sono tanti anni che non gioco... Ra-

gazzi sono fuori allenamento." Claudio è terrorizzato. Sta lì,

senza capire bene che fare.

"Era tanto che non giocavo, sul serio."

"Ah sì! Be', dall'ultimo colpo non si direbbe." <

"È stata solo fortuna."

"Ehi, basta, mollalo." Il tipo fa finta di non sentire Step.

"Ho detto lascialo." Improvvisamente si sente trascinare via.

Claudio si ritrova libero con la giacca di nuovo larga. Ripren-

de fiato mentre il tipo finisce contro il muro. Step gli tiene la

mano sulla gola. "Che, non ci senti? Non mi va di litigare. For-

za, tira fuori i duecento euro. Avete insistito voi a giocare."

L'altro si avvicina con i soldi in mano.

"Ci hai imbrogliato però, quello gioca dieci volte meglio di

Pollo."

Step prende i soldi, li conta e se li mette in tasca.

"È vero, ma mica è colpa mia... io neanche lo sapevo..."

Poi prende Claudio sottobraccio ed escono vincitori dalla

sala del biliardo. Claudio si fa un altro whisky. Stavolta per ri-

prendersi dallo spavento.

"Grazie Step. Cavoli, quello mi voleva spaccare la faccia."

"No, è tutta scena, è solo incavolato nero! Tieni Claudio,

questi sono i tuoi cento euro." .tox

275

"No, dai, non posso accettarli!"

« * "Come no? Cazzo la partita l'hai praticamente vinta tu!"

ì "Va bene, allora facciamo una bella bevuta. Pago io."

< Poco più tardi, Step, vedendo com'è ridotto Claudio, lo ac-

COmpagna alla macchina.

» " "Sei sicuro di arrivare fino a casa?"

»-> "Sicurissimo, non ti preoccupare."

. "Sicuro, eh? Non ci metto niente a scortarti."

« "No, sul serio, sto bene."

"Va bene, come vuoi. Bella partita, eh?"

"Bellissima!" Claudio fa per chiudere la portiera.

*\ "Claudio, aspetta!" È Francesca. "Che fai, non mi saluti?"

/«. "Hai ragione, ma c'era tutta quella confusione."

Francesca si infila in macchina e lo bacia sulle labbra, te-

neramente, con ingenuità. Poi si stacca e gli sorride.

"Allora ciao, ci vediamo. Vieni a trovarmi qualche volta. Io

sto sempre qui."

"Certo che verrò." Poi, mette in moto e si allontana. Ab-

bassa il finestrino. L'aria fresca della notte è piacevole. Infila

un ed nello stereo e si accende una sigaretta. Poi, completa-

mente ubriaco, batte forte le mani sul volante.

"Uau! Cazzo che palla! E che fica..." Improvvisamente si

sente felice come non lo è da tanto tempo. Poi, man mano che

si avvicina a casa, ritorna triste. Cosa posso dire a Raffaella?

Si infila nel garage ancora indeciso sulla versione definitiva.

La manovra, che già gli riesce difficile da sobrio, da ubriaco

risulta impossibile. Scendendo dalla macchina, guarda il graf-

fio sulla fiancata e la Vespa caduta contro il muro. La tira su

scusandosi da solo.

"Povera Puffina, ti ho abbozzato la Vespa." Poi sale a casa.

Raffaella è lì che lo aspetta. È il peggior interrogatorio della

sua vita, peggio di quello dei film polizieschi. Raffaella fa solo

il poliziotto cattivo, l'altro, quello buono, quello che nei film fa

l'amico e offre un bicchier d'acqua o una sigaretta, non esiste.

"Allora si può sapere com'è andata? Forza, racconta!"

"Bene, anzi benissimo. Step è una persona perbene in fon-

do, un bravo ragazzo. Non c'è da preoccuparsi."

"Come non c'è da preoccuparsi? Ma se ha spaccato il naso

ad Accado?"

"Magari è stato provocato. Che ne sappiamo noi? E poi Raf-

faella, diciamoci la verità, Accado è un bel rompicoglioni..."

"Ma cosa stai dicendo? Ma gli hai detto di lasciar stare no-

stra figlia, che non deve vederla, sentirla, andarla a prendere

a scuola?" > ** ^

276

"Veramente a quel punto non ci siamo arrivati."

"E che gli hai detto? Cosa hai fatto fino adesso? È mezza-

notte!"

Claudio crolla.

"Abbiamo giocato a biliardo. Pensa tesoro, abbiamo bat-

tuto due sbruffoni! Io ho fatto le ultime due palle. Ho pure vin-

to cento euro. Forte, no?"

"Forte? Sei il solito deficiente, un incapace. Sei ubriaco,

puzzi di fumo e non sei riuscito neanche a mettere a posto quel

delinquente."

Raffaella se ne va di là, arrabbiata. Claudio fa un ultimo

tentativo per calmarla.

"Raffaella, aspetta!"

"Che ce?"

"Step ha detto che si laurea." Raffaella sbatte la porta e si

chiude in camera. Neanche quell'ultima bugia è servita. Cavo-

li, dev'essere proprio arrabbiata. Per lei quel pezzo di carta è

tutto. In fondo a me non ha mai perdonato di non aver preso

la laurea. Poi, sconfortato da quell'ultima considerazione, agi-

tato dalla serata in generale, si trascina ubriaco in bagno. Al-

za la tavoletta e vomita. Più tardi, mentre si spoglia, dalla ta-

sca della giacca cade un foglietto. È il numero di telefono di

Francesca. La bella ragazza dai capelli corvini e la pelle color

miele. Deve avermelo messo quando mi ha baciato in macchi-

na. Lo rilegge. Sì, quella scena gli ricorda il film Papillon. Ste-

ve McQueen, in prigione, riceve un messaggio di Dustin Hoff-

man e per farlo sparire lo ingoia. Claudio impara il numero a

memoria poi preferisce buttare il foglietto nel water. Se aves-

se provato a mandarlo giù avrebbe vomitato di nuovo. Tira l'ac-

qua, spegne la luce, esce dal bagno e si infila nel letto. Rima-

ne così, galleggiando fra le lenzuola ancora leggermente ubria-

co, dolcemente trascinato da quei giramenti di testa. Che se-

rata grandiosa. Un colpo magnifico. Una carambola incredi-

bile. La birra, il whisky, il suo compagno Step. Hanno vinto

duecento sacchi. E Francesca? Hanno ballato insieme, l'ha pre-

sa fra le braccia e stretto quel corpo sodo. Ricorda i suoi ca-

pelli scuri, la pelle color miele, il suo morbido bacio in mac-

china, tenero e sensuale, profumato. Si eccita. Ripensa al fo-

glietto che ha trovato in tasca. È un chiaro invito. E fatta. Una

passeggiata. Domani la chiamo. Oddio, com'è il numero? Pro-

va a ripeterselo. Ma si addormenta con un senso di dispera-

zione. Se l'è già dimenticato. ,,, , .

27?

Si,

-*"! -.i-»»

. ^

"E avete vinto?" Pollo non crede alle sue orecchie.

"Gli abbiamo tolto duecento euro pari pari!"

i "Giura, quindi questo padre di Babi è un tipo simpatico?"

"Un mito, un vero fratello! Pensa che Francesca mi ha det-

to che le piace un casino."

"A me sembra un farloccone!"

"Perché, te quando l'hai visto?"

"Quando sono tornato a casa tua a prendere il cane."

"Ah, già. A proposito, Arnold come va?"

'Tortissimo. Guarda che quel cane è proprio intelligente.

Sono sicuro che fra un po' imparerà a riportare la roba. L'al-

tro giorno stavo sotto casa, gli ho tirato un bastone ed è anda-

to a prenderlo. Solo che poi s'è messo a giocare lì nel parco con

una cagnetta. Quello va con tutte, poveraccio, mi sa che la Giac-

ci non lo faceva chiavare mai!"

Step si ferma davanti a un portone.

"Siamo arrivati. Mi raccomando non fare casino." Pollo lo

guarda storto.

"Perché faccio mai casino io?"

"Sempre."

"Ah, sì? Guarda che sono venuto solo per farti un favore."

Salgono al secondo piano. Babi sta facendo la baby-sitter

a Giulio, il figlio dei Mariani, un bambino di cinque anni dai

capelli chiari come la sua pelle.

Babi li aspetta sulla porta.

"Ciao." Step la bacia. Lei rimane un po' sorpresa di vedere

anche Pollo. Lui borbotta qualcosa che deve essere un "ciao"

e si piazza subito sul divano vicino al bambino. Cambia cana-

le in cerca di qualcosa di meglio di quegli stupidi cartoni ani-

mati giapponesi. Giulio naturalmente comincia a fare storie.

Pollo cerca di convincerlo.

"No dai, adesso cominciano quelli più belli. Adesso arriva-

278

no le tartarughe volanti." Giulio ci casca in pieno. Si mette an-

che lui a vedere in silenzio // processo del lunedì, attendendo

fiducioso. Babi va in cucina con Step.

"Si può sapere perché l'hai portato?"

"Mah, ha tanto insistito. E poi Pollo ha un debole per i bam-

bini."

"Non mi sembra! Neanche è arrivato e già l'ha fatto pian-

gere."

"Allora diciamo che l'ho fatto per stare solo con te." L'ab-

braccia. "Certo che sono proprio sincero, tu tiri fuori il meglio

di me. Anzi, perché non ci spogliamo?"

La trascina ridendo nella prima camera da letto che trova.

Babi cerca di resistere, ma alla fine si lascia convincere dai suoi

baci. Finiscono tutti e due su un piccolo letto.

"Ahia."

Step si porta la mano dietro la schiena. Un carro armato

appuntito l'ha centrato proprio fra le due scapole. Babi si met-

te a ridere. Step lo butta sul tappeto. Libera il letto da guer-

rieri elettronici e alcuni mostri scomponibili. Poi, finalmen-

te tranquillo, accosta la porta con il piede e si dedica al suo

gioco preferito. Le accarezza i capelli baciandola, la sua ma-

no corre veloce sui bottoni della sua camicetta slacciandoli.

Le alza il reggisene e la bacia sulla pelle più chiara, dolce-

mente più morbida, rosata. Poi all'improvviso qualcosa tra-

fìgge il suo collo.

"Ahia." Step porta veloce la mano nel punto dove è stato col-

pito. Nell'oscurità la vede ridere, armata di uno strano pupaz-

zetto dalle orecchie appuntite. E quel sorriso così fresco, quella

sua aria così ingenua lo colpiscono ancora più in fondo.

"Mi hai fatto male!"

"Non possiamo stare qua, è la camera di Giulio. Pensa se

entra."

"Ma se c'è Pollo. Gli ho dato ordini precisi. Quel terribile

bambino è praticamente finito, immobilizzato. Non si può al-

zare da quel divano."

Step si rituffa sul suo seno. Lei gli accarezza i capelli la-

sciandosi baciare.

"Giulio è bravissimo. Sei tu che sei un bambino terribile."

Pollo sta mangiando un panino che ha preso dalla cuci-

na insieme a una bella birra gelata, quando Giulio si alza dal

divano.

"Dove vai?"

"In camera mia."

"No, devi stare qua." , ») *r -w|,

279

>« "No, voglio andare in camera mia."

Giulio fa per andarsene, ma Pollo lo tira per il piccolo golf

di lana rosso trascinandolo praticamente vicino a lui sul diva-

no. Giulio prova a ribellarsi, ma Pollo gli mette il gomito sul-

la pancia bloccandolo. Giulio comincia a lamentarsi.

"Lasciami, lasciami!"

"Dai, che adesso iniziano i cartoni animati."

"Non è vero." Giulio guarda di nuovo la televisione e, for-

se anche per colpa di un primo piano di Biscardi, scoppia a

piangere. Pollo lo libera.

"Tieni, la vuoi assaggiare questa? È buonissima, la bevono

solo i grandi."

Giulio sembra leggermente interessato. Si impadronisce con

tutt'e due le mani della lattina di birra e ne beve un sorso.

"Non rni piace, è amara."

"Allora guarda zio Pollo che ti da..."

Poco dopo, Giulio gioca felice per terra. Fa rimbalzare i

palloncini rosati che zio Pollo gli ha regalato. Pollo lo guarda

sorridente. In fondo ci vuole così poco per far felice un bam-

bino. Bastano due o tre preservativi. Tanto lui quella sera non

li avrebbe usati. Dalla camera da letto non viene nessun ru-

more. Neanche Step sembra averne bisogno, pensa divertito

Pollo. Poi, siccome si sta annoiando, decide di fare qualche

telefonata.

Nella penembra di quella camera piena di giocattoli, Step

le accarezza la schiena, le spalle. Fa scivolare la mano lungo il

suo braccio poi lo prende e lo porta vicino al viso. Lo bacia. La

sfiora con la bocca, lungo tutta la sua pelle. Babi ha gli occhi

socchiusi, dolcemente prigioniera dei suoi sospiri. Step le apre

la mano delicatamente, le bacia il palmo e poi la posa sul suo

petto nudo, abbandonandola ai suoi pensieri. Babi rimane im-

mobile, improvvisamente spaventata. Oddio, ho capito. Ma non

ce la farò mai. Non l'ho mai fatto. Non ci riuscirò. Step conti-

nua a baciarla teneramente sul collo, dietro le orecchie, sulle

labbra. Mentre le sue mani, più sicure e tranquille, più esper-

te, si impadroniscono di lei come morbide onde, lasciando in

quella spiaggia sconosciuta un naufrago piacere.

Poi all'improvviso, trascinata da quella corrente, da quel-

la brezza di passione, anche lei si muove. Babi prende corag-

gio. Si stacca lentamente da lì dove è stata lasciata e comincia

ad accarezzarlo. Step la stringe a sé dandole fiducia, tranquil-

lizzandola. Babi si lascia andare. Le sue dita scendono legge-

re su quella pelle. Sente la sua pancia, i forti addominali. Ogni

280

scalino per lei è un baratro, un abisso, un passo difficile da

compiere, quasi impossibile. Eppure ce la deve fare e, tratte-

nendo il respiro nel buio della stanza, improvvisamente salta.

Si ritrova così con le sue dita che accarezzano quell'accenno

di morbidi riccioli e poi più giù sui suoi jeans, su quel botto-

ne, il primo per lei in ogni senso. E in quel momento, senza sa-

pere perché, pensa a Pallina. Lei, già più sicura, più esperta.

Immagina quando glielo racconterà. Sai, allora lì non ce l'ho

fatta, non ci sono riuscita. Questo forse le da il coraggio, l'ul-

tima spinta. Improvvisamente lo fa. L'apre. Quel primo botto-

ne dorato esce dall'asola con un rumore leggero, jeansato. Nel

silenzio della stanza lo sente tutto, arriva nitido e chiaro fino

alle sue orecchie. Ce l'ha fatta. Fa quasi un sospiro. Ora è tut-

to più facile. La sua mano, ora più sicura, passa al secondo e

poi al terzo e poi più giù mentre i bordi dei jeans si allontana-

no fra loro, sempre più liberi. Step si stacca dolcemente da lei,

lascia andare la testa all'indietro. Babi lo raggiunge subito di

nuovo, rifugiandosi timida in quel bacio, vergognandosi di quel-

la minima lontananza. Poi un rumore improvviso. Delle porte

che sbattono.

"Che succede?"

E, come per incanto, si spezza quella magia. Babi leva la

mano e si tira su.

"Che cos'era?"

"Che ne so? Dai vieni qua." Step la tira di nuovo a sé. Un

altro rumore. Qualcosa che si rompe.

"No, cavoli, di là sta succedendo un macello!" Babi si alza

dal letto. Si mette a posto la gonna, si riabbottona la camicia

ed esce veloce dalla stanza. Step si lascia cadere sul letto con

le braccia aperte.

"Vaffanculo a Pollo!" Poi si richiude i jeans e quando arri-

va in salotto non crede ai suoi occhi. "Che cazzo fate?"

Ci sono tutti. Bunny e Hook stanno facendo una specie di

lotta sul tappeto. Vicino a loro c'è un lume rovesciato. Schello

sta seduto con i piedi sul divano, mangia un pacco di palatine

e guarda Sex and thè City. Lucone ha il bambino sulle gambe

e gli sta facendo fumare una canna.

"Guarda Step! Guarda che faccia da sconvolto ha questo ra-

gazzine." Babi si scaglia come una furia su Lucone, gli toglie la

canna dalle mani e la spegne in un portacenere.

"Fuori! Fuori di qui. Immediatamente."

Sentendo quelle grida, dalla cucina escono Dario e un al-

tro con una birra in mano. Arriva anche il Siciliano con una

ragazza. Sono rossi in viso. Step pensa che devono aver fatto

281

quello che lui e Babi non hanno neanche tentato. Beati loro!

Babi comincia a spingerli uno per uno fuori dalla porta.

"Uscite tutti da qui... Fuori!"

Divertiti, si lasciano trascinare facendo ancora più casino.

Step l'aiuta.

"Forza ragazzi fuori." Per ultimo spinge Pollo. "Con te fac-

cio i conti dopo."

"Ma io ho chiamato solo Lucone; è colpa sua che ha avvi-

sato gli altri."

"Stai zitto." Step gli da un calcio nel sedere e lo scaraven-

ta fuori dalla porta. Poi aiuta Babi a mettere a posto.

"Guarda, guarda che hanno fatto quei vandali."

Gli mostra il lume rotto e il divano macchiato con la bir-

ra. Le patatine sparse ovunque. Babi ha le lacrime agli occhi.

Step non sa più che dire.

"Scusami. Dai, ti do una mano a pulire,"

"No grazie, faccio da sola."

"Ma sei arrabbiata?"

"No, ma è meglio se te ne vai. Fra poco tornano i genitori."

"Sei sicura che non vuoi che ti aiuto?"

"Sicura."

Si scambiano un bacio frettoloso. Poi lei chiude la porta.

Step scende giù. Si guarda intorno. Non c'è nessuno. Monta

sulla moto e l'accende. Ma proprio in quel momento da dietro

una macchina spunta tutto il gruppo. Nella notte si alza un co-

ro. "Bravo baby-sitter, oh oh oh!" con tanto di applausi. Step

scende al volo dalla moto e comincia a correre dietro a Pollo.

"Oh, io non c'entro niente! Prenditela con Lucone! È col-

pa sua!"

"Mortacci tua, ti sfondo!"

"Dai che non stavi a fare niente di là. Ti stavi annoiando!"

Continuano a correre giù per la via tra le risate lontane de-

gli altri e la curiosità di qualche inquilino insonne.

Babi raccoglie i pezzi del lume, li butta nel secchio poi pu-

lisce per terra e smacchia il divano. Alla fine, stanca, si guar-

da intorno. Be', poteva andare peggio. Dirò che il lume mi è

caduto mentre giocavo con Giulio. Il bambino d'altronde non

potrà mai negarlo. È lì che dorme un sonno profondo, com-

pletamente fumato.

282

Ij» >*>

"i- > **«! *«. 51.

La mattina dopo Step si sveglia e va in palestra. Ma non lo

fa per allenarsi. Cerca qualcuno. Alla fine lo trova. Si chiama

Giorgio. È un ragazzine di quindici anni che ha un'ammira-

zione sconfinata per lui. Non è l'unico. Anche gli amici di Gior-

gio parlano di Step come di una specie di Dio, un mito, un ido-

lo. Sanno tutte le sue storie, tutto ciò che si racconta su di lui

e loro non fanno altro che alimentare ancora di più quella che

ormai è diventata una specie di leggenda. Quel ragazzine è uno

fidato. L'unico al quale Step può chiedere un favore di quel ge-

nere senza correre il pericolo di finire sputtanato. Anche per-

ché dove finisce l'ammirazione comincia il terrore.

Poco più tardi Giorgio è alla Falconieri. Cammina rasente

i corridoi senza farsi vedere e alla fine entra nella m B, la clas-

se di Babi. La Giacci sta facendo lezione, ma stranamente

non dice nulla. Babi rimane senza parole. Guarda sul suo

banco quell'enorme mazzo di rose rosse. Legge divertita il

biglietto: / miei amici sono un po' un disastro, ma ti promet-

to che stasera a cena da me saremo soli. Uno che non c'entra

niente.

La notizia fa presto il giro della scuola. Nessuno ha mai

fatto una cosa del genere. All'uscita Babi scende le scale della

Falconieri con quell'enorme mazzo di rose rosse fra le braccia

spazzando via gli ultimi dubbi. Tutti parlano di lei. Daniela è

fiera di sua sorella. Raffaella si arrabbia ancora di più e Clau-

dio naturalmente si prende un'altra strigliata.

Quel pomeriggio Step sta rimettendo a posto una raccolta

di tavole di Pazienza appena comprate quando suonano alla

porta. È Pallina.

"Oh, prima ho fatto la cupida, ora faccio la postina. La pros-

sima volta che mi toccherà fare?" Step ride. Poi le prende il

pacco dalle mani e la saluta. C'è un grembiule a fiorellini rosa

e un biglietto: Accetto solo se cucini tu e soprattutto se lo fai

283

mettendoti il mio regalo, p.s. Vengo io, ma alle otto e mezzo, non

prima perché ci sono i miei!".

Poco dopo Step è nell'ufficio di suo fratello.

"Paolo, stasera mi serve casa libera, assolutamente."

"Ma io ho invitato Manuela."

"E invece la inviti un altro giorno... Dai, Manuela la vedi

sempre. Cavoli, Babi viene solo stasera..."

"Babi? Ma chi è? La figlia di quello che è venuto a casa

nostra?"

"Sì, perché?"

"Quello mi sembrava arrabbiato. Ci hai parlato poi?"

"Come no. Siamo andati a giocare a biliardo insieme e ci

siamo pure ubriacati."

"Vi siete ubriacati?"

"Sì, insomma... Veramente si è ubriacato solo lui."

"L'hai fatto bere?"

"Ma che l'ho fatto bere. Ha bevuto lui. Ma dai! Ma che mi

frega. Allora siamo d'accordo, eh? Stasera esci. Va bene?"

Poi, senza aspettare la sua risposta esce veloce dall'ufficio.

È talmente preso da quello che deve fare che non si accorge

neanche del sorriso che gli fa la segretaria di Paolo.

Da casa telefona a Pollo. Lo avvisa di non passare, di non

telefonare e soprattutto di non fare casini di alcun genere.

"Guarda, ne va della tua testa. Anzi peggio, della nostra

amicizia e non sto scherzando!" Poi fa una lista della roba da

comprare, va al supermercato sotto casa e prende di tutto, per-

fino un pacco di quei biscotti inglesi al burro che piacciono

tanto a suo fratello. In fondo Paolo se li merita. Tutto somma-

to è un bravo ragazzo. Ha alcune fissazioni tipo la macchina,

il lavoro e soprattutto Manuela. Ma, con il tempo, gli sarebbe-

ro passate. Poi mentre sale in casa ci ripensa. No, Manuela non

gli sarebbe passata mai. Ormai sono sei anni che stanno in-

sieme e non da segni di cedimento. Bella cozza però e, da quan-

to ha capito, si è perfino fatta qualche storia per conto suo. A

parte suo fratello, non riesce a capacitarsi di quale pazzo pos-

sa avere una storia con Manuela. Brutta, antipatica e perfino

saputa. Una tuttologa. Non c'è niente di peggio. Povero Paolo.

In fondo sono affari suoi. Io mi farei la segretaria. E dopo que-

st'ultima considerazione positiva, accende la radio e va in cu-

cina a lavare l'insalata.

Alle otto è tutto pronto. Ha sentito la ultima new entry del-

la classifica americana, non si è messo il grembiule di Babi, ma

in compenso l'ha poggiato su una sedia pronto a mentire al mo-

mento opportuno. Guarda i risultati di quella faticaccia. Car-

284

paccio grana e rughetta. Insalata mista con avocado e una ma-

cedonia di frutta condita con del maraschino. Affiorano i ricor-

di. Quella macedonia la mangiava spesso da piccolo. Li lascia

passare tranquillo. È felice. Quella è la sua serata, non vuole che

nulla possa rovinarla. Controlla compiaciuto la tavola, mette me-

glio un tovagliolo. È proprio un grande chef, ma non sa che i

coltelli vanno messi dall'altra parte. Comincia a girare per casa

nervoso. Si lava le mani. Si siede sul divano. Si fuma una siga-

retta, accende la televisione. Si lava i denti. Le otto e un quarto.

Il tempo sembra non passare mai in certe occasioni. Fra un quar-

to d'ora arriva, ceneremo insieme, chiacchiereremo tranquilli.

Staremo sul divano senza che nessuno ci disturbi. Poi andremo

in camera mia e... No, Babi non lo farebbe mai. È troppo pre-

sto. O forse sì. Non c'è un presto per certe cose. Sarebbero sta-

ti un po' insieme, poi magari sarebbe successo. Cerca di ricor-

darsi una canzone di Battisti. "Che sensazione di leggera follia

sta colorando l'anima mia, il giradischi, le luci basse e poi...

Champagne ghiacciato e l'avventura può..." Cavoli. Ecco che mi

sono dimenticato! Lo champagne! Fondamentale! Step va velo-

ce in cucina, apre tutti gli sportelli. Niente da fare. Trova solo un

Pinot grigio. Lo mette in freezer. Be', meglio di niente. Proprio

in quel momento squilla il cellulare. È Babi.

"Non vengo." Ha una voce fredda e scocciata.

"Perché? Ho preparato tutto. Mi sono messo pure il grem-

biule che mi hai regalato" mente Step.

"Ha telefonato la signora Mariani. Le è sparita una colla-

na d'oro con dei brillanti. Ha dato la colpa a me. Non mi chia-

mare più."

Babi attacca. Poco dopo Step è a casa di Pollo.

"Chi cazzo può essere stato? Ti rendi conto? Begli amici di

merda."

"Dai Step, non dire così! Quante volte è capitato di andare

a casa di qualcuno e fottere la roba. Praticamente a ogni festa."

"Sì, ma mai a casa della donna di uno di noi!"

"Mica era casa di Babi..."

"No, ma c'è andata di mezzo lei. Devi aiutarmi a fare una

lista di quelli che c'erano..." Step prende un pezzo di carta. Poi

comincia a cercare frenetico una penna. "Oh, ma non c'è nien-

te per scrivere qua..."

"Non ce n'è bisogno. Io so chi ha preso la collana."

«/-il r\H

Chi?

Allora Pollo fa un nome, l'unico che Step non avrebbe mai

voluto sentire. È stato il Siciliano.

285

Step guida la sua moto nella notte. Non s'è voluto fare ac-

compagnare da Pollo. Quella è una questione fra lui e il Sici-

liano. Nessun altro. Stavolta non è una faccenda di semplici

flessioni. Questa volta la storia è più complicata.

Il sorriso del Siciliano non promette niente di buono.

"Ciao Siciliano. Senti, non voglio litigare."

Un pugno colpisce Step in pieno viso. Step barcolla all'in-

dietro. Questa proprio non se l'aspettava. Scrolla la testa per

riprendersi. Il Siciliano gli si scaglia contro. Step lo blocca con

un calcio dritto per dritto. Poi, mentre riprende fiato, pensa al-

la cena che ha preparato, al grembiule a fiori e a quanto avreb-

be voluto diversa quella serata. Una serata tranquilla, a casa,

con la sua donna fra le braccia. Invece no. Il Siciliano è lì, di

fronte a lui, in posizione. Con tutt'e due le mani gli fa segno di

avanzare.

"Vieni dai, vieni avanti."

Step scuote la testa e respira a fondo.

"Cazzo, non so com'è, ma i miei sogni non si realizzano mai."

Proprio in quel momento il Siciliano si getta in avanti. Step

stavolta è preparato. Scarta di lato, lo colpisce in faccia con un

diretto potente e preciso. Sotto il suo pugno sente il naso ac-

cartocciarsi, la cartilagine già morbida e provata scrocchiare

di nuovo. Le sopracciglia unirsi doloranti. Allora vede la sua

faccia, quella smorfia, il labbro inferiore che assaggia il suo

stesso sangue. Lo vede sorridere e in quel momento capisce

quanto tutto sarebbe stato difficile.

Babi è seduta sul divano. Guarda svogliatamente la tivù

sorseggiando una tisana alle rose quando suonano alla porta.

"Chi è?"

"Io."

Step è di fronte a lei. Ha i capelli arruffati, la camicia strap-

pata e il sopracciglio destro ancora sanguinante.

"Che ti è successo?"

"Niente. Ho semplicemente ritrovato questa..." Alza la ma-

no destra. Il girocollo d'oro della signora Mariani è lì che bril-

la nella penembra delle scale. "Ora puoi venire a cena?"

Babi, dopo aver restituito la collana alla signora e inevita-

bilmente perso il posto di baby-sitter, si lascia portare da Step

a casa sua. Ma quando aprono la porta hanno una terribile sor-

presa. Nel tavolino al centro del salotto illuminato da una ro-

mantica candela, c'è Manuela. Paolo arriva poco dopo dalla

cucina. Porta la macedonia preparata da Step e, come se non

bastasse, indossa il grembiule a fiori che gli ha regalato Babi.

286

"Ciao Step. Scusa eh... ma ho telefonato, non rispondeva

nessuno. Allora siamo venuti a casa, abbiamo aspettato un po'.

Ma poi erano le dieci. Allora ci siamo detti: ormai non verranno

più. E così abbiamo iniziato a mangiare. Vero?"

Cerca il consenso di Manuela che annuisce e accenna un

sorriso. Step guarda il suo piatto. Ci sono ancora dei pezzi del-

la sua insalata con l'avocado.

"E avete anche finito vedo. Be', com'era la cena? Almeno

era buona?"

"Buonissima." Manuela sembra sincera. Poi torna subito

zitta. Ha capito che è una di quelle domande che non voglio-

no risposta.

"Be', Paolo prestami la macchina va', che andiamo a pren-

dere qualcosa fuori."

Paolo posa la macedonia sul tavolo.

"Ma veramente..."

"Che cosa? Non ci provare, eh? Ti sei mangiato tutta la mia

roba, ti sei finito l'insalata che ho preparato con le mie mani

tutto oggi pomeriggio, e fai pure storie?"

Paolo tira fuori le chiavi dalla tasca e le abbandona nelle

mani del fratello con un timido "Vai piano, eh?".

Step fa per uscire.

"A proposito, ti ho comprato i tuoi biscotti al burro. Se vuoi

pure il dessert, stanno nell'armadietto della cucina."

Paolo abbozza un sorriso, ma i suoi pensieri ormai sono

tutti per la sua Golf grigio metallizzata e la fine che avrebbe

fatto.

Step e Babi vanno a mangiare delle crèpe calde dalle par-

ti della Piramide. Poi, pur sospinti da allegre bollicine di bir-

ra, scartano l'idea di tornare a casa sua. A Babi scoccia perché

c'è suo fratello. Allora Step, maledicendo Paolo e quella cozza

della sua donna, volta a sinistra per il Gianicolo. Posteggiano

nello spiazzo vicino ai giardini, fra altre macchine dai vetri già

appannati d'amore, piene di passioni sfrattate, di quello sco-

modo piacere consumato in fretta. Davanti a loro, lontano, la

città si sta addormentando.

Più vicino, a cavalcioni di un muretto, alcuni ragazzi si pas-

sano un'illegale boccata di momentanea allegria. Step cambia

stazione dello stereo. 92.70. La radio romantica. Si allunga ver-

so di lei e comincia a baciarla. Poi piano piano le è addosso.

Malgrado il dolore della sua spalla contusa, dello sterno colpi-

to, dei fianchi provati dai colpi del Siciliano. Quel fresco desi-

derio cancella i lividi. Baci appassionati superano difficoltà mec-

caniche. Il freno a mano diventa indisponente, la rotella dello

287

schienale orgogliosa. Step sente la sua pelle morbida e profu-

mata. Il suo respiro diventa irregolare di passione. Prova di nuo-

vo a tirare giù il sedile. Niente da fare, è bloccato. Allora, men-

tre con la mano destra gira la rotella in basso, punta un piede

contro il cruscotto e spinge con tutta la sua forza. Si sente un

crac, un rumore secco. Lo schienale va giù di botto e Babi con

lui e lui con lei, ridendo, senza pensare a niente, meno che mai

a Paolo, alla sua faccia scocciata, alla sua macchina metalliz-

zata. Ognuno si impadronisce dei jeans dell'altro, quasi fosse

una gara, una sfida sensuale. Poi Babi rallenta, inesperta e im-

barazzata, chiude gli occhi e alla fine abbracciandolo si emo-

ziona per quella sua tenera vittoria personale. Quando si ac-

corge che Step vuole andare ancora più avanti, lo ferma.

"No, che fai?"

"Niente. Ci si provava."

Babi lo allontana un po' scocciata.

"Ma dai, qui in macchina? La mia prima volta deve essere

una cosa bellissima, in un posto romantico con il profumo dei

fiori, la luna."

"La luna c'è." Step apre un po' il tettino. "Vedi, un po' co-

perta, ma c'è. Poi senti..." Aspira a fondo. "È pieno di fiori qua

intorno. Che cosa manca? Il posto è romantico, dai. Stiamo

pure su Tele Radio Stereo. È perfetto!"

Babi si mette a ridere.

"Io intendevo qualcos'altro." Guarda l'orologio. "È tardis-

simo. Se tornano i miei e non mi trovano finisco di nuovo in

punizione! Dai sbrighiamoci."

Si tirano su i jeans poi provano insieme a sistemare il se-

dile di Babi. Niente da fare. Tornano ridendo con lo schienale

rotto. Ogni volta che accelera Babi finisce stesa giù. Ipotizza-

no tutto quello che potrebbe dire suo fratello. Che serata... con

questo finale poi, è diventata tragicomica. Accompagna Babi

fino alla porta e la saluta. Guida veloce nella notte godendosi

quella "romantica" astinenza e quel profumo dei sospiri di lei

che rimane tra le sue mani.

"Ma dove sei finito? È un'ora che ti aspetto, devo riac-

compagnare Manuela a casa."

Paolo è già nervoso. Si immagina come sarebbe diventato

se solo gli avesse detto del sedile.

"Potevi prendere la moto, tanto ormai ti prendi tutta la ro-

ba mia."

Paolo non ride affatto e si chiude in salotto con Manuela.

Step va in camera, si spoglia e si infila nel letto. Spegne la luce.

È distrutto. Dal salotto arrivano delle voci. Cerca di sentire me-

288

r

glio. Sono Paolo e Manuela. Stanno discutendo di qualcosa. La

voce di suo fratello è ripetitiva e noiosa. , ,,.

"Dimmi la verità. Voglio sapere la verità."

"Te l'ho detta."

"Ho detto dimmi la verità."

"Ma è quella, te lo giuro."

"Te lo chiedo per l'ultima volta. Dimmi la verità, voglio sa-

pere la verità."

"Ti giuro che ti ho detto tutto." Anche Manuela sembra ab-

bastanza decisa. Nel buio della stanza Step scuote la testa. Non

so se sono peggio i cazzotti del Siciliano o le discussioni di mio

fratello. Chissà che vuole sapere Paolo, tanto Manuela non glie-

lo dirà mai. Una cosa è sicura. L'unica grande verità è che Ma-

nuela tornerà a casa distesa sul sedile. E a quel pensiero Step

si addormenta divertito.

289

52.

Babi sta a Fregene da Mastino con tutta la sua classe. Stan-

no festeggiando i cento giorni. Hanno finito di mangiare da un

po' e si sono messe a passeggiare sulla spiaggia. Alcune sue

amiche giocano a ruba bandiera. Lei si è seduta su un pattino

a chiacchierare con Pallina. Poi lo vede. Viene verso di lei con

quel suo sorriso, con quegli occhiali scuri e quel giubbotto. Ba-

bi ha un tuffo al cuore. Pallina se ne accorge subito.

"Ehi, non morire, eh?"

Babi le sorride poi corre incontro a Step. Va via con lui,

senza chiedergli come ha fatto a trovarla, dove la sta portan-

do. Ha salutato le sue compagne con un "ciao" distratto. Al-

cune di loro smettono di giocare e la seguono con lo sguardo.

Invidiose e sognanti, desiderose di essere al suo posto, ab-

bracciate a Step, a 10 e lode. Poi la ragazza al centro chiama

forte. "Numero.., sette." Due di loro arrancano nella sabbia,

correndo verso di lei. Si fermano una di fronte all'altra, con le

braccia larghe, guardandosi negli occhi, sfidandosi sorriden-

ti, accennando piccole finte, sostenute dalle compagne. Im-

provvisamente quel piccolo fazzoletto bianco sospeso nell'aria

diventa il loro unico pensiero.

Arrivata davanti alla moto, Babi lo guarda curiosa.

"Dove andiamo?"

"È una sorpresa." Step va dietro di lei e tira fuori dalla ta-

sca la bandana blu che le ha rubato e le copre gli occhi.

"Non imbrogliare eh... Non devi vedere."

Lei se lo sistema meglio divertita.

"Ehi, questo fazzoletto mi sembra di conoscerlo..." Poi gli

da una cuffia del suo Sony e partono insieme abbracciati sul-

le note di Tiziano Ferro.

Più tardi... Babi si tiene stretta dietro a lui con la testa pog-

giata sulla sua schiena e gli occhi coperti dalla bandana. Le

sembra di volare, un vento fresco accarezza i suoi capelli e un

290

odore di ginestra profuma l'aria. Da quanto sono partiti? Cer-

ca di calcolare il tempo del ed che sta ascoltando. Quindi è qua-

si un'ora che sono in viaggio. Ma dove stanno andando?

"Manca molto?"

"Siamo quasi arrivati. Non è che stai guardando?"

"No."

Babi sorride e si appoggia di nuovo alla sua schiena, strin-

gendolo forte. Innamorata. Lui scala dolcemente e va a destra,

su per la salita chiedendosi se lei ha capito.

"Ecco, siamo arrivati. No, non toglierti la bandana. Aspet-

tami qua."

Babi cerca di capire dove si trova. Ormai è pomeriggio tar-

di. Sente un rumore lontano, ripetitivo e soffocato, ma non rie-

sce a capire di cosa si tratti. A un tratto sente un rumore più

forte, come se fosse stato spaccato qualcosa.

"Eccomi." Step la prende per mano.

"Che è successo?"

"Niente. Seguimi." Babi timorosa si lascia portare. Ora

il vento è cessato, l'aria si è fatta più fredda, sembra quasi

umida. La sua gamba urta qualcosa.

"Ahi."

"Non è niente."

"Come non è niente. Ma la gamba è mia!"

Step si mette a ridere.

"E ti lagni sempre. Stai ferma qui." Step l'abbandona un

attimo. La mano di Babi rimane sola, sospesa nel vuoto.

"Non mi lasciare..."

"Sono qui vicino a te."

Poi un forte rumore continuato, meccanico, legnoso. Una

tapparella che si alza. Step le sfila dolcemente la bandana. Ba-

bi apre gli occhi e improvvisamente le appare tutto.

Il mare al tramonto splende davanti a lei. Un sole caldo e

rosso sembra sorriderle. E in una casa. Esce fuori, sotto la tap-

parella alzata, sulla terrazza. In basso a destra riposa romanti-

ca la spiaggia del loro primo bacio. Lontano le sue colline pre-

ferite, il suo mare, gli scogli conosciuti: Port'Ercole. Un gabbia-

no le passa vicino salutandola. Babi si guarda intorno emozio-

nata. Quel mare argentato, le gialle ginestre, i cespugli verde scu-

ro, quella casa solitària sulle rocce. La sua casa, la casa dei suoi

sogni. E lei è lì, con lui, e non sta sognando. Step l'abbraccia.

"Sei felice?" Lei fa segno di sì con la testa. Poi apre gli occhi.

Bagnati e sognanti di piccole lacrime trasparenti, lucidi d'amo-

re, bellissimi. Lui la guarda.

"Cosa c'è?"

291

"Ho paura." ,

"Di cosa?"

"Che non sarò mai più così felice come adesso..."

Poi pazza d'amore lo bacia di nuovo, sognante nel tepore

di quel tramonto.

"Vieni, andiamo dentro."

Si mettono a girare per quella casa sconosciuta, aprendo

stanze ignote, inventando la storia di ogni camera, immagi-

nandone gli ignari proprietari.

Alzano tutte le tapparelle, trovano un grande stereo e l'ac-

cendono. "Anche qui si prende Tele Radio Stereo." Ridono. Gi-

rano per quella casa aprendone i cassetti, svelandone i segre-

ti, divertendosi insieme. Separati, si chiamano ogni tanto per

mostrarsi anche la più piccola stupida scoperta e tutto sembra

magico, importante, incredibile.

Step stacca il bauletto della moto e rientra in casa. Poco

dopo la chiama. Babi entra nella camera. La grande finestra

da sul mare. Il sole ora sembra fare l'occhiolino. Sta scom-

parendo in silenzio dietro l'orizzonte lontano. Quell'ultimo

spicchio educato colora di rosa morbide nuvole sparse più

in alto. Il suo riflesso quasi addormentato corre lungo una

scia dorata. Attraversa il mare per spegnersi sulle pareti di

quella camera, tra i suoi capelli, sulle lenzuola nuove, appe-

na messe.

"Le ho comprate io, ti piacciono?" Babi non risponde. Si

guarda intorno. Un piccolo mazzo di rose rosse riposa in un

vaso vicino al letto. Step cerca di buttarla sullo scherzo. "Giu-

ro che non le ho comprate al semaforo..."

Apre il bauletto.

"E voilà! "

Dentro c'è del ghiaccio sciolto e alcuni cubetti ancora gal-

leggianti. Step tira fuori una bottiglia di champagne con due

coppe incartate nel giornale.

"Per non romperle" spiega. Poi dalla tasca del giubbotto

prende una piccola radio.

"Non sapevo se c'era."

L'accende, la sintonizza sulla stessa frequenza dello stereo

della casa e la posa sul comodino.

Una piccola eco di Certe notti si sparge per la stanza.

"Sembra quasi fatto apposta... anche se siamo ancora al

tramonto..."

Step le si avvicina, la prende tra le braccia e la bacia. Quel-

l'attimo le sembra così bello che Babi dimentica tutto, i suoi

propositi, le sue paure, i suoi scrupoli. Piano piano si lascia to-

292

gliere i vestiti, spogliandolo anche lei. Si trova fra le sue brac-

cia interamente nuda per la prima volta, mentre una luce ma-

gica, spargendosi sul mare, illumina timidamente i loro corpi.

Una giovane stella curiosa brilla alta nel cielo. Poi, tra un ma-

re di carezze, il rumore delle onde lontane, il verso di un alle-

gro gabbiano, il profumo dei fiori, accade.

Step scivola delicatamente sopra di lei. Babi apre gli oc-

chi teneramente sovrastata. Step la guarda. Non sembra im-

paurita. Le sorride, le passa una mano tra i capelli rassicu-

randola. In quel momento, dalla piccola radio lì vicina e in

tutta la casa attacca innocentemente Beautiful ma nessuno

dei due se ne accorge. Non sanno che quella sarebbe diven-

tata la "loro canzone". Lei chiude gli occhi trattenendo il re-

spiro, improvvisamente rapita da quell'emozione incredibi-

le, da quel dolore d'amore, da quel magico diventare sua per

sempre. Alza il viso verso il cielo, sospirando, aggrappando-

si alle sue spalle, abbracciandolo forte. Poi si lascia andare,

delicatamente più tranquilla. Sua. Apre gli occhi. Lui è lì,

dentro di lei. Quel morbido sorriso ondeggia d'amore sul suo

viso baciandola ogni tanto. Ma lei non c'è più. Quella ragazza

dagli occhi azzurri spaventati, dai tanti dubbi, dalle mille

paure, è scomparsa. Babi pensa a quanto da piccola l'ha sem-

pre affascinata la storia delle farfalle. Quel bozzolo, quel pic-

colo bruco che si tinge di mille splendidi colori e improvvi-

samente impara a volare. Allora di nuovo si vede. Fresca, de-

licata farfalla appena nata, tra le braccia di Step. Gli sorri-

de e lo abbraccia guardandolo negli occhi. Poi gli da un ba-

cio, morbido, nuovo, appassionato. Il suo primo bacio da

giovane donna.

Più tardi, distesi tra le lenzuola, lui le accarezza i capelli,

mentre lei lo stringe a sé con la testa poggiata sul suo petto.

"Non sono brava, vero?"

"Sei bravissima."

"No, mi sento negata. Mi devi insegnare."

"Sei perfetta. Vieni."

Step la prende per mano e la porta di là. Tra i fiori delle

lenzuola, un piccolo fiore rosso, appena sbocciato, si distingue

fra gli altri, più puro e innocente di tutti.

Di nuovo abbracciati nella vasca da bagno. Sorseggiano

champagne chiacchierando allegri, leggermente brilli d'amo-

re. Ben presto ubriachi di passione si amano di nuovo. Questa

volta senza paura, con più slancio, più desiderio. Ora le sem-

bra più bello, più facile muovere le ali, ora non ha paura del

volo, capisce la bellezza di essere una giovane farfalla. Poi pren-

293

dono degli accappatoi e scendono giù nella caletta privata. Si

divertono a inventare nomi che possono andare per quelle due

cifre sconosciute cucite sul loro petto. Dopo aver fatto a gara

a trovarne i più strani, li abbandonano sulle rocce.

Babi perde. Si tuffa per seconda. Nuotano così, nell'acqua

fresca e salata, nella scia della luna, sospinti da piccole onde,

abbracciandosi ogni tanto, schizzandosi, allontanandosi per

poi prendersi di nuovo, per assaggiare quelle labbra dal sa-

pore di champagne marino. Più tardi, seduti su una roccia,

avvolti negli accappatoi di Amarildo e Sigfrida guardano so-

gnanti le mille stelle sopra di loro, la luna, la notte, il mare

scuro e tranquillo.

"È bellissimo qui."

"È la tua casa, no?"

"Sei pazzo!"

"Lo so!"

"Sono felice. Non sono mai stata così bene in tutta la mia

vita. E tu?"

"Io?" Step l'abbraccia forte. "Sto benissimo."

"Da arrivare a toccare il cielo con un dito?"

"No, non così."

"Come, non così?"

"Molto di più. Almeno tre metri sopra il cielo."

Il giorno dopo Babi si sveglia e, mentre sotto la doccia le

ultime tracce salate abbandonano i suoi capelli, ripensa anco-

ra emozionata alla sera prima.

Fa colazione, saluta sua madre e monta in macchina con Da-

niela, pronta per andare a scuola come ogni mattina. Suo padre

si ferma al semaforo sotto il ponte di corso Francia. Babi è an-

cora insonnolita e distratta quando improvvisamente la vede.

Non crede ai suoi occhi. In alto, più in alto di tutte, sulla bianca

colonna del ponte, una scritta domina le altre, incancellabile. È

lì, sul freddo marmo, azzurra come i suoi occhi, bella come l'ha

sempre desiderata. Il suo cuore comincia a battere veloce. Per un

attimo le sembra che tutti possano sentirla, tutti possano legge-

re quella frase, proprio come sta facendo lei in quel momento. È

lì, in alto, irraggiungibile. Lì dove solo gli innamorati arrivano:

"Io e te... Tre meta sopra il cielo".

294

i t>

, fcf

24 dicembre.

È sveglio. In realtà non ha dormito affatto. La radio è acce-

sa. Ram Power. Uno lo vivi uno lo ricordi. Cosa c'è da ricordare?

Ha mal di testa e gli occhi gli fanno male. Si gira nel letto.

Dalla cucina vengono dei rumori. Suo fratello sta facen-

do colazione. Guarda l'orologio. Sono le nove. Chissà dove va

Paolo a quell'ora, la vigilia di Natale. Ci sono persone che han-

no sempre da fare, pensa, anche nei giorni di festa. Sente sbat-

tere la porta. È uscito. Prova un senso di sollievo. Ha biso-

gno di stare solo. Poi una strana sofferenza lo prende. Non

ne ha bisogno. È solo. A quell'idea si sente ancora peggio.

Non ha fame, non ha sonno, non prova nulla. Rimane così a

pancia sotto. Non sa per quanto tempo. A poco a poco rive-

de quella stanza in giorni più felici. Quante volte la mattina

svegliandosi ha trovato gli orecchini di Babi sul suo comodi-

no, quante volte il suo orologio, quante volte sono stati in-

sieme in quel letto, abbracciati, innamorati, desiderosi l'uno

dell'altra. Sorride. Si ricorda dei suoi piedi freddi, quelle pic-

cole dita gelate che lei ridendo poggiava sulle sue gambe, più

calde. Dopo che avevano fatto l'amore quando restavano lì, a

chiacchierare, guardando la luna dalla finestra, la pioggia o

le stelle, ugualmente felici, facesse caldo o piovesse. Acca-

rezzandole i capelli qualunque cosa fosse successa fuori, mal-

grado le guerre, i problemi del mondo, le strade nuove, la gen-

te. Poi la rivede andare verso il suo bagno, ammira di nuovo

innamorato quei segni più chiari sulla sua pelle, l'ombra di

un costume appena tolto, un reggisene slacciato. La sente ri-

dere da quella porta chiusa, la vede camminare con quel suo

modo buffo, con quei capelli sciolti, correre vergognosa ver-

so il letto, tuffarsi su di lui, ancora fresca d'acqua, di lavaggi

timorosi, ancora profumata d'amore e di passione. Step si gi-

ra di nuovo nel letto, guarda il soffitto. Quante volte, a ma-

295

lincuore, è venuta l'ora di vestirsi, di accompagnarla a casa.

Allora silenziosi e vicini, seduti su quel letto avevano comin-

ciato a vestirsi, piano piano, passandosi ogni tanto qualcosa

che apparteneva all'altro. Scambiandosi un sorriso, un bacio,

infilandosi una gonna, chiacchierando piegati, allacciandosi

le scarpe, lasciando la radio accesa, per poco, prima di tor-

nare. Dove sarà in questo momento. E perché. Prova una stret-

ta al cuore.

Nei giorni di festa si mette a posto la camera, ci si sente

più allegri o più tristi. Non si sa dove mettere alcuni pensieri.

"Dani, questa la vuoi? Sennò la butto." Daniela guarda la

sorella. Babi è sulla porta della sua camera con la giacca blu

in mano.

"No, lasciala, me la metto io."

"Ma è tutta scucita."

"La faccio mettere a posto."

"Come vuoi." Babi la lascia sul letto. Daniela la guarda usci-

re dalla camera. Quante volte lei e Babi hanno litigato per quel-

la giacca. Non avrebbe mai pensato che la buttasse. Sua so-

rella è proprio cambiata. Poi lascia perdere quel pensiero e si

mette a incartare gli ultimi regali. Babi sta finendo di liberare

l'armadio quando entra sua madre.

"Brava. Hai tolto un sacco di roba."

"Sì, tieni, questa è tutta da buttare. Non la vuole neanche

Dani."

Raffaella prende alcuni vestiti posati sul tavolo.

"Ne farò un pacco per i poveri. Dovrebbero passare oggi a

ritirarli. Più tardi usciamo insieme?"

"Non lo so, mamma." Babi arrossisce leggermente.

"Come vuoi, non ti preoccupare."

Raffaella sorride ed esce dalla camera. Babi apre alcuni

cassetti. È felice. È un periodo che va proprio d'accordo con

sua madre. Che strano. Solo sei mesi fa litigavamo sempre. Si

ricorda la fine del processo, quando è uscita dal tribunale e sua

madre l'ha raggiunta fuori correndo.

"Ma sei pazza, perché non hai detto come sono andate ve-

ramente le cose? Perché non hai detto che quel delinquente ha

colpito Accado senza ragione?"

"Per me le cose sono andate come ho detto. Step è inno-

cente. Non c'entra niente. Che ne sapete voi di cosa ha passa-

to? Cosa ha provato in quel momento. Voi non sapete giustifi-

care, non sapete perdonare. L'unica cosa che siete in grado di

fare è giudicare. Decidete la vita dei vostri figli sui vostri desi-

296

deri, su quello che pensate voi. Senza sapere minimamente co-

sa noi ne pensiamo. Per voi la vita è come giocare a gin, tutto

quello che non conoscete è una carta scomoda che non vorre-

ste aver mai pescato. Non sapete che farci, vi scotta averla tra

le mani. Ma non vi chiedete perché uno è violento, perché uno

è drogato, che vi frega, tanto non è vostro figlio, non vi riguarda.

Invece stavolta ti interessa mamma, stavolta tua figlia sta con

uno che ha dei problemi, che non pensa solo ad avere il GTI 16

valvole, il Daytona o ad andare in Sardegna. È violento, è ve-

ro, ma forse lo è perché non si sa spiegare tante cose, perché

gli hanno detto tante bugie, perché quello è l'unico modo per

reagire."

"Ma che stai dicendo? Sono tutte cretinate... E poi non ci

pensi? Che figura fai? Sei una bugiarda. Hai mentito davanti

a tutti."

"A me non me ne frega niente degli amici tuoi, di quello

che pensano, di come mi giudicano. Dite sempre che è tutta

gente che si è fatta da sola, che è arrivata. Ma dove è arrivata?

Che cosa ha fatto? Solo i soldi. Non parlano con i figli. Non

gliene frega niente in realtà di quello che fanno, di quanto sof-

frono. Di noi, non ve ne frega un cazzo."

Raffaella allora le da uno schiaffo in pieno viso. Babi si pas-

sa una mano sulla guancia, poi sorride.

"L'ho detto apposta, cosa credi? Ora che mi hai dato uno

schiaffo la tua coscienza è a posto. Ora puoi tornare a chiac-

chierare con le tue amiche e sederti al tavolo da gioco. Tua fi-

glia è stata educata bene. Ha capito cosa è giusto e cosa non

lo è... Ha capito che non bisogna dire parolacce e che ci si de-

ve comportare bene. Ma non lo vedi che sei ridicola, che fai ri-

dere? Mi mandi a messa la domenica ma se ascolto troppo il

Vangelo allora no, non va bene. Se amo troppo i miei simili, se

porto a casa uno che non si alza quando entri o che non sa sta-

re a tavola, allora storci la bocca. Dovreste inventare delle chie-

se per voi, un vostro Vangelo, dove non resuscitano tutti, ma

solo quelli che non mangiano in canottiera, che non firmano

mettendo prima il cognome, quelli che sai di chi sono figli,

quelli che sono abbronzati e belli, che vestono come dite voi.

Siete dei buffoni."

Babi se ne va. Raffaella rimane a guardarla finché la vede

salire sulla moto di Step e allontanarsi con lui.

Quanto tempo è passato. Quante cose sono cambiate. So-

spira, aprendo il secondo cassetto.

Povera mamma, quante gliene ho fatte passare. In fondo

ha ragione lei. L'ho capito forse solo ora. Ma ci sono cose più

297

importanti nella vita. Continua a mettere a posto la sua ro-

ba. Ma di quelle cose così importanti non gliene viene in men-

te neanche una, forse perché non ci vuole più pensare, per-

ché è più comodo così. Forse perché in realtà non ce ne so-

no poi così tante. È un rimorso o un reggisene sul quale lui

ha riso.

"Come sei sexy stasera." Uno dopo l'altro arrivano, impla-

cabili, malinconici e tristi, lontani. I ricordi. La festa dei suoi

diciott'anni ad Ansedonia. Alle dieci di sera, improvvisamente

un rumore di moto. Tutti gli invitati si sono affacciati dalla ter-

razza. Finalmente qualcosa di cui parlare. Sono arrivati Step,

Pollo e i suoi altri amici. Scendono dalle moto ed entrano alla

festa ridendo, spavaldi e sicuri, guardandosi in giro, gli amici

in cerca di qualche bella fica, lui di lei.

Babi gli corre incontro, perdendosi tra le sue braccia, tra un

dolce "tanti auguri tesoro" e un bacio in bocca strafottente.

"Dai, ci sono i miei..."

"Lo so, per questo l'ho fatto! Vieni, vieni via con me..."

Dopo la torta con le candeline e il Rolex che i suoi le han-

no regalato, scappano via. Si lascia rapire dai suoi occhi alle-

gri, da quelle sue proposte divertenti, dalla sua moto veloce.

Via, giù per la discesa, verso il mare notturno, nel profumo del-

le ginestre, lontano da inutili invitati, dallo sguardo sprezzan-

te di Raffaella, da quello dispiaciuto di Claudio che vorrebbe

ballare il valzer con sua figlia come fanno tutti i padri.

Ma lei non c'è più, lei è lontana. Piccola maggiorenne, si

perde danzando tra i suoi baci, sulle note di morbide onde sa-

late, di una romantica luna, del suo giovane amore.

"Tieni, questo è per te." Sul suo collo splende una collana

d'oro dalle pietre turchesi come i suoi occhi felici. Babi gli sor-

ride e lui baciandola riesce perfino a convincerla. "Ti giuro che

non l'ho rubata."

E la notte della maturità. Che ridere quella volta, a casa fi-

no a tardi a ripassare. Ipotesi continue, soffiate clandestine.

Tutti credono di sapere il titolo del tema. Ci si telefona sicuri,

certi che ognuno abbia quello giusto.

"È il cinquantesimo della televisione, è stato scoperto un

nuovo scritto del Manzoni, è sulla Rivoluzione francese, di

sicuro."

Alcuni dicono di averlo saputo dall'Australia dove è uscito il

giorno prima, altri da un amico professore, da uno in commis-

sione, qualcuno addirittura da un medium. Quando il giorno do-

po il futuro diventa presente, si scopre che quel professore non

è poi così amico, quel medium un semplice imbroglione, l'Au-

298

stralia una terra troppo lontana per prendersela con qualcuno.

Eppure quando sono usciti i quadri, quella grande sorpresa.

Babi ha preso cento. È corsa da Step felice, entusiasta del

risultato. Lui ha riso, scherzando con lei.

"Come sei matura... sei proprio una pesca matura..."

L'ha spogliata ridendo, prendendola in giro, sembra quasi

sapesse, si aspettasse quel voto. Hanno fatto l'amore. Poi lei si

è presa la sua rivincita ridendo.

"Te lo saresti mai immaginato? Tu qui, un semplice set-

tanta che hai l'onore di baciare un emerito cento... Ma ti ren-

di conto della fortuna che hai?"

Lui le ha sorriso. "Sì, me ne rendo conto." E l'ha abbrac-

ciata in silenzio.

Qualche tempo dopo Babi è andata a trovare la Giacci. In

fondo, dopo le loro discussioni, la professoressa sembrava aver-

la presa in simpatia. Ha cominciato a trattarla bene, con ri-

guardo, con fin troppo rispetto. Quel giorno, quando è anda-

ta a casa sua, ha saputo perché.

Quel rispetto non era che paura. Paura di restare sola, di

non avere più quel suo unico amico e compagno. Paura di non

rivedere il suo cane, paura della solitudine. Babi è rimasta sen-

za parole. Ha ascoltato la sfuriata della professoressa, la sua

rabbia, le sue parole cattive. La Giacci era lì di fronte a lei, di

nuovo con il suo Pepite tra le braccia. Quella donna anziana

sembrava ancora più stanca, più acida, più delusa da quel

mondo, da quei giovani. Babi è fuggita via scusandosi, senza

sapere più che dire, senza sapere più chi è, chi ha vicino, qua-

le sarebbe stato il suo voto, quello vero, quello che avrebbe

meritato.

Babi va alla finestra e guarda fuori. Alcuni alberi di Nata-

le si accendono e si spengono sui terrazzi delle case, nei salot-

ti eleganti della palazzina di fronte. È Natale. Bisogna essere

buoni. Forse dovrei chiamarlo. Quante volte però sono stata

buona. Quante volte l'ho perdonato. Giacci compresa. Si ri-

corda delle mille discussioni che hanno avuto, il loro modo di-

verso di vedere le cose, le litigate, il dolce fare pace sperando

che tutto potesse migliorare. Ma così non è stato. Discussioni

su discussioni, giorno dopo giorno, con i suoi che le fanno guer-

ra, telefonate nascoste, squilli notturni. Sua madre che ri-

sponde, Step che attacca. E il suo telefonino che a casa pur-

troppo non prendeva... E lei in punizione, sempre più spesso.

Quella volta che Raffaella ha organizzato una cena a casa sua,

costringendola a restare. Aveva invitato tutta gente perbene, il

299

figlio di un loro amico molto ricco. Un buon partito, le aveva

detto. Poi è arrivato Step. Daniela ha aperto senza pensarci,

senza chiedere chi è. Step ha spalancato la porta facendole

sbattere la testa.

"Scusa Dani, non ce l'ho con te, lo sai!"

Ha preso Babi per un braccio e l'ha trascinata via tra le inu-

tili urla di Raffaella e il tentativo del buon partito di fermarlo.

Quel tipo si è ritrovato per terra con il labbro spaccato e san-

guinante. Lei si è addormentata tra le braccia di Step, pian-

gendo.

"Com'è tutto diventato difficile. Vorrei tanto essere lonta-

na con te, senza più problemi, senza i miei, senza tutti questi

casini, in un posto tranquillo, fuori dal tempo."

Lui le ha sorriso.

"Non ti preoccupare. So io dove andiamo, nessuno ci darà

fastidio. Ci siamo stati spesso, basta volerlo."

. ,1, Babi lo guarda con gli occhi pieni di speranza.

"Dove?"

I- "Tre metri sopra il ciclo, dove vivono gli innamorati."

Ma il giorno dopo è tornata a casa e da lì è cominciato o

forse finito tutto.

Babi si è iscritta all'università, comincia a frequentare Eco-

nomia e Commercio, passa i pomeriggi a studiare. Comincia

a vederlo meno spesso, ora. Un pomeriggio con lui. Sono an-

dati da Giovanni a prendersi un vitaminico. Stanno chiac-

chierando fuori dal bar quando all'improvviso arrivano due ti-

pi tremendi. Step non fa in tempo a realizzare. Gli sono subi-

to addosso. Cominciano a prenderlo a capocciate tenendosi

abbracciati fra loro, colpendolo con la testa a turno, in una tre-

menda altalena di sangue. Babi ha cominciato a urlare. Step

alla fine è riuscito a liberarsi. I due sono fuggiti su un Vespino

truccato dileguandosi nel traffico. Step è rimasto a terra, in-

tontito. Poi, aiutato da lei, si è rialzato. Con dei fazzoletti di

carta, ha cercato di fermare il sangue che gli scende giù dal na-

so, sporcandogli la Fruit. Più tardi l'ha accompagnata a casa,

in silenzio, senza sapere bene che dire. Ha parlato di una ris-

sa di tanto tempo fa, quando ancora non stavano insieme. Lei

gli ha creduto, o forse ha voluto farlo. Quando Raffaella l'ha

vista entrare a casa con la camicetta sporca di sangue, le ha

preso un colpo.

"Che ti sei fatta? Babi, sei ferita? Che ti è successo? È col-

pa di quel delinquente vero? Non capisci che finirai male?"

Lei è andata in camera sua, si è cambiata in silenzio. Poi

è rimasta là, da sola, stesa sul letto. Ha capito che qualcosa

300

non andava. Qualcos'altro avrebbe dovuto cambiare. Non sa-

rebbe stato così facile, non come togliersi una camicetta e but-

tarla tra i panni sporchi. Qualche giorno dopo ha rivisto Step.

Ha un altro taglio sul viso. Gli hanno messo dei punti sul so-

pracciglio.

"Ma che ti sei fatto?"

"Sai, per non svegliare Paolo sono rientrato a casa e non

ho acceso la luce del corridoio. Ho sbattuto contro uno spigo-

lo. Non sai che male, una cosa bestiale."

Proprio come quella che ha fatto. La verità l'ha saputa da

Pallina per caso, parlando al telefono. Sono andati a Talenti

dallo Zio d'America, con bastoni e catene, guidati da Step. Una

rissa gigantesca, una vera vendetta. È uscito perfino un trafi-

letto sul giornale. Babi ha attaccato. È inutile discutere con

Step, avrebbe sempre fatto come voleva, a modo suo. Ha la te-

sta dura. Gliel'ha detto mille volte che lei odia la violenza, le

botte, i picchiatori.

Mette a posto gli scaffali, tira giù alcuni quaderni buttan-

doli sulla moquette, senza interesse. Quaderni degli anni pas-

sati, appunti del liceo, vecchi libri.

"Che facciamo stasera? Andiamo alle corse della moto? Dai,

ci vanno tutti."

"Stai scherzando spero, non esiste! Io in quel posto non ci

voglio mettere più piede. Magari rincontro quella bora scate-

nata e mi tocca farci di nuovo a botte. Abbiamo un dopocena,

se ti va di venire."

Step si è messo una giacca blu. È rimasto tutto il tempo se-

duto su un divano guardandosi in giro, cercando di trovare

qualcosa di divertente in quello che sentiva, non riuscendoci.

Lui quella gente l'ha sempre odiata. Si è imbucato a quelle fe-

ste, ha sfondato tutto, si è divertito un casino con gli altri a ru-

bare nelle camere da letto, a lanciare di sotto la roba. Gli altri.

Chissà dove sono in questo momento. Alla serra, pinnando a

centoquaranta, sulla moto con gli amici che fanno il tifo, con

Sica che prende le puntate, con le camomille, Ciccio e tutti gli

altri. Che palle questa festa. Incrocia lo sguardo di Babi. Le

sorride. Lei è scocciata, sa benissimo cosa pensa.

Babi riesce a prendere anche quel libro più su degli altri.

Poi se lo ricorda come fosse in quel momento.

Il citofono suona all'impazzata. La padrona di casa attra-

versa il salotto correndo, la porta che si apre e Pallina lì, pal-

lida, sconvolta che scoppia a piangere.

È una notte terribile. Smette di pensarci. Comincia a rac-

cogliere i libri che ha buttato per terra. Ne prende altri posan-

301

doli sul tavolo e quando si curva di nuovo, la vede. È lì, chia-

ra e secca, gialla, sbiadita come il tempo che è stato. Spezza-

ta, sulla moquette scura, priva di vita da tanto tempo ormai.

La piccola spiga che ha messo nel suo diario la prima volta che

ha fatto sega con Step. Quella mattina nel vento che annuncia

l'estate, quei baci che sanno di pelle profumata dal sole. Il suo

primo amore. Si ricorda quando era convinta che non ce ne

sarebbe mai potuto essere un altro. La raccoglie. La spiga si

sbriciola fra le sue dita, come vecchi pensieri, come leggeri so-

gni e deboli promesse.

Step guarda la caffettiera sul fornello. Il caffè ancora non

esce. Alza un po' la fiamma. Vicino c'è ancora un po' di cene-

re, un ultimo pezzo di foglio ingiallito. I suoi amati disegni, le

tavole di Andrea Pazienza. Sono degli originali. Li ha rubati in

quella redazione di un nuovo giornale, "Zut", quando Andrea

era ancora vivo e collaborava con loro. Una notte ha sfondato

il vetro della finestra con il gomito ed è entrato da sopra. È sta-

to facile, ha preso solo le tavole del mitico Paz e poi via velo-

ce dalla porta, dileguandosi nella notte, felice, con i disegni del

suo idolo fra le mani. Poco tempo dopo Andrea muore.

È giugno. Una sua fotografia su un giornale. Intorno ad

Andrea c'è tutta la redazione. Quella foto deve essere stata fat-

ta pochi giorni dopo il suo furto. Step raccoglie tra le gabbie

dei fornelli quel pezzo di carta. Quale tavola era? Deve essere

quella con la faccia di Zanardi. Ormai non importa più. Le ha

bruciate tutte quella sera dopo la telefonata. Era lì a guardare

colori bruciare, le facce dei suoi eroi accartocciarsi abbrac-

ciate dalla fiamma, le frasi miriche di poeti sconosciuti scom-

parire in dissolvenze di fumo. Poi è entrato suo fratello.

"Ma che stai facendo? Ma che, sei cretino? Guarda, stai

bruciando la cappa della cucina..."

Paolo ha cercato di spegnere quella fiamma troppo alta ma

lui l'ha fermato.

"Step ma ti da di volta il cervello? Poi la devo ripagare io,

no? Queste cazzate valle a fare fuori."

Step non ci ha visto più. L'ha sbattuto contro il muro, vici-

no alla finestra. Gli ha messo una mano alla gola, strozzando-

lo quasi. Paolo ha perso gli occhiali. Sono volati lontano, per

terra, rompendosi. Poi Step si è calmato. L'ha lasciato andare.

Paolo ha raccolto i suoi occhiali rotti ed è uscito in silenzio,

senza dire nulla. Step è stato ancora peggio. Ha sentito sbat-

tere la porta di casa. È rimasto lì, a fissare i suoi disegni che

bruciavano, rovinando la cappa della cucina, soffrendo come

302

non ha mai sofferto. Solo come non è mai stato. Gli viene in

niente Battisti. "Prendere a pugni un uomo solo perché è sta-

to un po' scortese, sapendo che quel che brucia non son le of-

fese." È vero, ha ragione. E a lui brucia ancora di più. Quel-

l'uomo è suo fratello. Il caffè esce improvvisamente, borbot-

tando, come se avesse anche lui qualcosa da dire. Step lo ver-

sa nella tazza poi lo manda giù. Nella sua bocca rimane un sa-

pore caldo e amaro, lo stesso gusto di ricordi abbandonati sul

suo cuore.

Settembre. I genitori di Babi le hanno comprato un biglietto

per Londra. Si sono messi d'accordo con la madre di Pallina.

Vogliono allontanarle da quelle nuove cattive amicizie.

È bastato poco. Un piano ben congeniato. Una corsa da un

amico in questura. I passaporti nuovi. Su quel charter per l'In-

ghilterra salgono in due, ma i biglietti, cambiati pochi giorni

prima, portano nomi diversi. Pollo e Pallina.

Sono quindici giorni indimenticabili per tutti. Per i geni-

tori di Babi, illusi e contenti, finalmente tranquilli. Per Pollo e

Pallina, in giro per Londra, nei pub e le disco, spedendo a tut-

ti cartoline comprate a Roma alla Lyon Book, cartoline ingle-

si, già firmate da Babi. E Step e lei, lontani da tutti, in quell'i-

sola greca, Astipaleia. Un viaggio epico. Con la moto fino a

Brindisi, poi in traghetto, abbracciati sotto le stelle, distesi sul

ponte, su colorati sacchi a pelo, cantando con gente straniera

canzoni inglesi, migliorando così la pronuncia, certo non co-

me avrebbero voluto i suoi. Poi i mulini bianchi, le capre, le

rocce, una piccola casa sul mare. La pesca all'alba, dormire il

pomeriggio, uscire di notte, passeggiare sulla spiaggia. Padro-

ni del posto, del tempo, soli, contando le stelle, dimenticando

i giorni, telefonando bugie.

Step sorseggia il caffè. Sembra ancora più amaro. Co-

mincia a ridere. Quella volta che Babi ha invitato tutti gli ami-

ci di lui a cena. Tentativo di socializzare. Si sono seduti a ta-

vola e si sono comportati abbastanza bene proprio come Step

si era tanto raccomandato. Poi non hanno più resistito. Uno

dopo l'altro si sono alzati, impadronendosi dei piatti, scolan-

dosi le birre, andando in salotto. Mai invitare di mercoledì.

Mai quando ci sono le coppe. Naturalmente è finita in manie-

ra tragica. La Roma ha perso, qualche laziale ha cominciato a

sfottere e c'è stato un inizio di rissa. Step ha dovuto cacciarli

tutti. Divergenze, differenze, difficoltà. Ha cercato di venirle

incontro. Festa mascherata. Si sono travestiti da Toni e Jerry

e proprio a quella festa sono arrivati Pollo e gli altri. Un sem-

plice caso del destino beffardo? O più semplicemente una sof-

303

fiata di Pallina? Tutti hanno fatto finta di non riconoscerlo.

Hanno salutato Babi, quel piccolo Jerry dagli occhi azzurri e

hanno ignorato Tom, ridendo ogni volta che passava quel gat-

tona dai muscoli gonfi.

Il giorno dopo, in piazza, Pollo, Schello, Hook e qualcun

altro gli si sono avvicinati con aria grave.

"Step, ti dobbiamo dire una cosa. Sai, ieri siamo stati a una

festa e c'era Babi."

Step li ha guardati facendo finta di niente.

"E allora?"

"Be', insomma, era travestita da topo e c'era un gattone che

ci provava... Come un porco. Sembrava pure uno grosso, uno

che mena. Se vuoi una mano che lo dobbiamo sistemare, dic-

celo. Sai, è un problema. Ci sono dei gattoni che hanno certi..."

Pollo non fa in tempo a finire la frase. Step gli salta addosso,

bloccandogli la testa sotto il braccio, frizionandogli la nuca con

il suo pugno duro. Tra le risate degli altri, fra le risate di Pollo,

tra le sue risate. Che amici! Improvvisamente si sente triste.

Quella sera. Perché è andato a quella festa, perché ci è andato,

invece di andare alle corse? Babi ha insistito tanto. Quante co-

se ha fatto per lei. Forse non sarebbe successo. Forse.

Il citofono suona all'impazzata. La padrona di casa attra-

versa il salotto correndo, la porta si apre. Pallina bianca in vol-

to, pallida, tremante compare sulla porta. I suoi occhi tristi,

lucidi di lacrime, di sofferenza. Step le si avvicina. Lei lo guar-

da trattenendo a stento quel primo singhiozzo.

"Pollo è morto." Poi l'abbraccia cercando in lui quello che

non può più trovare da nessuna parte. Il suo amico, il suo ra-

gazzo, quella risata forte e piena. Sono andati di corsa alla ser-

ra con Babi, con la YlO che da poco le hanno regalato i geni-

tori. Tutti e tre insieme, in quella macchina, con quel sapore

nuovo che si tinge di sofferenza e silenzio. Poi l'ha visto. Luci

lampeggianti intorno a quell'unico punto. La moto del suo ami-

co. Divise odiate e macchine della polizia intorno a Pollo, ste-

so lì per terra, senza più la forza di ridere, di scherzare, di pren-

derlo in giro, di dire cazzate. Qualcuno misura qualcosa ten-

dendo un metro. Qualche altro ragazzo guarda. Ma nessuno

può vedere o misurare tutto quello che se n'è andato. Step si

piega su di lui in silenzio, accarezza il volto dell'amico. Quel

gesto d'amore che non si sono mai fatti in anni d'amicizia, che

non gli è stato mai permesso. Poi sussurra piangendo: "Mi man-

cherai". E Dio solo sa com'è stato sincero.

Il caffè è finito. Improvvisamente gli viene voglia di sentir

leggere le ultime notizie del "Corriere dello Sport", di quel ti-

304

pò ingombrante che gli terrorizza la cameriera, che gli entra

in casa svegliandolo la mattina, che attraversa la sua vita fa-

cendo casino, ridendo. Poi si chiede da quanto non mangia un

tramezzino al salmone. Da tanto, da allora. Ma stranamente

in quel momento non gliene viene voglia. Forse perché, se vo-

lesse un tramezzino, lo potrebbe avere.

Babi guarda il regalo che ha comprato per Pallina. È lì, sul

suo tavolo, incartato con della carta rossa e un nastro dorato.

L'ha scelto con cura, le sarebbe perfino piaciuto, l'ha pagato

tanto. Eppure è ancora lì. Non l'ha chiamata, non si sono sen-

tite. Quante cose sono cambiate con Pallina. Non è più la stes-

sa, non si trovano, non riescono a parlarsi. Forse anche per il

fatto che dopo il liceo hanno preso due strade diverse. Lei Eco-

nomia e Commercio, Pallina un Istituto di grafica. Ha sempre

amato disegnare. Le vengono in mente tutti i biglietti che le

ha mandato durante le ore di lezione. Caricature, frasi spiri-

tose, commenti, facce di amici. Indovina, chi è questa? Era tal-

mente brava che a Babi bastava pochissimo. Guardava il di-

segno, alzava la testa ed ecco che la trovava. Quella compagna

dal mento sporgente, dalle orecchie un po' a sventola, dal sor-

riso eccessivo. E ridevano da lontano, semplici compagne,

grandi amiche. Ogni pretesto era buono per farsi riprendere,

quasi fiere di quell'allegria, di quei sorrisi non così nascosti.

Poi quella sera, e i giorni seguenti e il mese successivo. Si-

lenzi prolungati, pianti. Pollo non c'è più e lei non sa farsene

una ragione. Finché quel giorno è stata chiamata dalla madre

di Pallina. È corsa a casa sua. L'ha trovata là, distesa sul letto,

che rigetta. Si è scolata mezza bottiglia di whisky e ingoiato

una boccetta di valeriana. Il suicidio dei poveri, così Babi le ha

detto quando l'ha vista in grado di capire. Pallina si è messa a

ridere poi è scoppiata a piangere fra le sue braccia. La madre

le ha lasciate sole, non sapendo bene che fare. Babi le acca-

rezza la testa.

"Dai Pallina, non fare così, tutti passiamo dei momenti ter-

ribili, tutti abbiamo pensato almeno una volta a farla finita,

che non vale la pena di vivere. Ma ti dimentichi forse i cor-

netti di Mondi, la pizza da Baffetto, i gelati di Giovanni?" Pal-

lina sorride, si asciuga le lacrime con il polso, tirando su con

il naso.

"Anch'io, tanto tempo fa, quando mi sono lasciata con quel-

lo stronzo di Marco credevo di morire, di non farcela, che non

ci fosse più nessuna ragione valida per vivere. Ma poi mi sono

ripresa, tu mi hai aiutato, mi hai portato in giro, ho incontra-

305

to Step. Certo, adesso vorrei ammazzare lui e il suo modo di

fare, ma è meglio, no?"

Scoppiano a ridere. Pallina singhiozzando ancora un po',

Babi dandole un fazzoletto di carta per asciugarsi. Ma da quel

giorno qualcosa è cominciato a cambiare, qualcosa si è incri-

nato. Si sono sentite sempre meno spesso e quelle volte non

hanno avuto poi così tante cose da dirsi.

Forse perché farsi vedere troppo deboli da un amico poi ci

fa sentire in difficoltà. Forse perché pensiamo sempre che il

nostro dolore sia unico, improvabile, come tutto ciò che ci ri-

guarda.

Nessuno può amare come amiamo noi, nessuno soffre co-

me soffriamo noi. Quel mal di pancia, giustamente, "ce l'ho io,

mica te". Forse Pallina non le aveva mai perdonato di essere

andata alla festa con Step. Step, che se quella notte fosse sta-

to alle corse, non avrebbe permesso a Pollo di gareggiare, Step

che l'avrebbe salvato, che non gli avrebbe permesso di morire,

Step che era il suo angelo custode. Babi fissa il regalo. Forse

ci sono altre ragioni, più nascoste, più difficili da capire. L'a-

vrebbe dovuta chiamare. A Natale sono tutti più buoni.

"Babi!" È la voce di Raffaella. Avrebbe telefonato a Pallina

più tardi.

"Sì, mamma?"

"Puoi venire un attimo... Guarda chi c'è?"

Alfredo è lì, fermo sulla porta.

« "Ciao."

Babi diventa leggermente rossa. In questo non è cambia-

ta. Mentre va a salutarlo se ne accorge anche lei. Forse, in que-

sto, non sarebbe cambiata mai. Alfredo cerca di metterla a suo

agio.

i» "Fa caldo qua dentro."

j "Sì" dice Babi sorridendo.

.# La madre li lascia soli.

"Ti va di andare a vedere la mostra dei presepi a piazza del

Popolo?"

"Sì, aspetta che mi metto qualcosa addosso. Qui fa caldo.

Ma fuori deve fare un freddo..."

Si sorridono. Lui le stringe la mano. Lei lo guarda compli-

ca. Poi va di là. Che strano, vivono da tanti anni in quello stes-

so comprensorio e non si sono mai conosciuti prima.

"Sai, io ho studiato molto in questi ultimi tempi, sto pre-

parando la tesi e poi mi sono lasciato con la mia ragazza."

"Anch'io."

"Stai preparando la tesi?" Ha sorriso lui. -i *»

306

"No, mi sono lasciata con il mio ragazzo."

In realtà allora Step ancora non lo sapeva, ma lei aveva già

deciso. Una decisione difficile, fatta di litigi, di discussioni, di

problemi con i suoi e, in fondo, perché no?, anche di Alfredo.

Babi si infila il cappotto. Attraversa il corridoio. Proprio in quel

momento squilla il telefono. Babi rimane per un attimo a fis-

sarlo. Uno squillo, due. Raffaella va a rispondere.

"Sì?"

Babi le rimane vicino, la guarda interrogativa, preoccupa-

ta, chiedendole con lo sguardo se è per lei. Raffaella scuote dol-

cemente la testa, copre la cornetta con la mano.

"È per me... vai. Vai..."

Babi la saluta tranquilla, parole esili come quel suo bacio.

"Io torno più tardi."

Raffaella la guarda uscire, con un sorriso ricambia il salu-

to educato di Alfredo. La porta si chiude.

"Pronto? No mi dispiace, Babi è fuori. No, non so quando

torna."

Step attacca il telefono. Si chiede se è uscita davvero. Se

gliel'avrebbe detto. Solo su quel divano, ricordando, vicino a

un telefono muto, senza speranza. Giorni felici passati, sorri-

si, giorni d'amore e di sole. Lentamente la immagina più vici-

na a lui, fra le sue braccia, proprio su quel divano, così com'è

stato.

Illusione di un momento, violenti attimi di passione, ora

solitària. Dopo si sente ancora più solo, svuotato anche del-

l'orgoglio. Più tardi, camminando tra la gente, vede macchine

dalle coppie felici, nel traffico festivo, con i sedili pieni di do-

ni. Sorride. È difficile guidare quando lei si abbraccia a te,

quando vuole mettere per forza le marce e non è capace, quan-

do hai una mano sola per girare il volante e, nello stesso tem-

po, amare.

Continua a camminare tra finti Babbo Natale e odore di

castagne arrosto, fra vigili fischianti e gente con i pacchi, cer-

cando i suoi capelli, il suo profumo, la scambia per un'altra

che cammina veloce ed è costretto a rallentare il suo cuore

deluso.

Via di Vigna Stelluti, un giorno pieno di risate. Step la por-

ta in braccio come una bambina, baciandola sotto gli occhi di

tutti, ammirati da quella diversità. Poi entra all'Euclide, la pog-

gia delicatamente sul bancone e la gente guardandola lo sen-

te ordinare: "Un peroncino e una crostata alla crema per la mia

piccoletta". Poco dopo di nuovo fuori, per strada, lei in brac-

307

ciò a lui, fra la gente normale, diversa. Una coppia li guarda.

La ragazza sorride fra sé desiderando un lui così, esagerato e

pazzo. Poi ripensa al suo debole ragazzo, alla dieta non anco-

ra iniziata, a quando arriva lunedì.

I genitori di Babi, vedendola in braccio a Step, le corrono

incontro preoccupati.

"Che ti è successo? Sei caduta dalla moto? Ti sei fatta male?"

"No mamma, sto benissimo." Così li guardano allontanar-

si, chiedendosi un perché. Persone sempre in cerca di ragioni,

quel giorno tornano a casa a mani vuote.

Qualcuno lo urta, non si accorge neppure che è una bella ra-

gazza. Dovunque guarda vede ricordi. Le magliette uguali che si

sono comprate, lui un'extralarge, lei una tenera medium.

Estate. Il concorso delle miss all'Argentario. Babi ha par-

tecipato per scherzo, lui ha preso troppo sul serio un commento

peraltro sincero di qualcuno. "Oh, guarda quella che culo da

favola." Ed è subito rissa.

Sorride. È stato sbattuto fuori dalla discoteca, non ha po-

tuto vederla vincere. Quante volte ha fatto l'amore con Miss

Argentario. Di notte a Villa Glori, sotto la croce ai caduti, su

quella panchina nascosta dietro un cespuglio, sopra la città. I

loro sospiri baciati dalla luna. In macchina, quella volta che la

polizia ha interrotto i loro baci furtivi e lei scocciata ha dato i

suoi documenti. Step ha salutato i poliziotti, una volta lonta-

ni, con un divertito "A invidiosi!".

Quella rete bucata. Aiutarla a scavalcare di notte, abbrac-

ciarla vicino alle gabbie, amarsi impauriti su quella panchina,

tra ruggiti di bestie feroci e richiami di uccelli nascosti. Loro,

così liberi, in quello zoo pieno di prigionieri.

Si dice che quando muori vedi in un attimo passarti da-

vanti i momenti più significativi della tua vita. Allora Step cer-

ca di allontanare tutti quei ricordi, quei pensieri, quella dolce

sofferenza. Ma all'improvviso capisce. È tutto inutile. È finita.

Continua a camminare per un po'. Si ritrova quasi per ca-

so alla moto. Decide di andare a casa di Schello. I suoi amici

sono tutti lì per festeggiare il Natale.

I suoi amici. Quando la porta si apre prova una strana sen-

sazione.

"Ehi, ciao Step! Cazzo è una vita che non ti si vede. Buon

Natale. Stiamo giocando a cavallini. Sai come si gioca?"

"Sì, ma preferisco guardare. C'è una birra?"

II Siciliano gliene passa una già aperta.

Si sorridono. È acqua passata. Ne manda giù un sorso. Poi

si siede su uno scalino. La televisione è accesa. Su uno sfondo

308

natalizio dei concorrenti dalle coccarde colorate giocano a qual-

che stupido gioco. Un presentatore ancora più stupido ci met-

te troppo a spiegare quello successivo. Perde interesse. Da uno

stereo nascosto da qualche parte arriva della musica. La birra

è fredda e ben presto lo riscalda. I suoi amici sono tutti vesti-

ti bene o ci provano. Giacche blu un po' larghe su un paio di

jeans.

Questa è la loro eleganza. Qualcuno sfoggia un completo,

qualcun altro un paio di pantaloni di velluto un po' troppo stret-

ti. Improvvisamente si ricorda il funerale di Pollo. C'erano tut-

ti e tanti altri ancora. Vestiti meglio, con un'aria più seria. Ora

ridono, scherzano, si lanciano fiches e carte colorate, ruttan-

do, mangiando grossi pezzi di panettone. Quel giorno aveva-

no tutti le lacrime agli occhi. Un addio a un amico vero, un ad-

dio sincero, commosso, dal profondo del cuore. Li rivede in

quella chiesa, con i muscoli sofferenti, in camicie troppo stret-

te, con facce serie, seguire la predica del prete, uscire in silen-

zio. Sullo sfondo, ragazze scappate da scuola che piangono.

Amiche di Pallina, compagne di serate, di uscite notturne, di

birre al baretto. Quel giorno tutti hanno sofferto sul serio. Ogni

lacrima è stata sincera. Nascosti dietro Ray-Ban, Web, occhiali

a specchio o scuri Persol, i loro sguardi sono diventati lucidi

guardando quel "Ciao Pollo" fatto di crisantemi rosati. Firma-

to "Gli amici". Dio come mi manca. Il suo sguardo torna luci-

do per un attimo. Incontra un sorriso. È Madda. Sta in un an-

golo abbracciata a un tipo che Step ha visto spesso in palestra.

Le sorride poi guarda altrove.

Step beve un altro po' di birra. Gli manca da morire Pollo.

Quella volta davanti al Gilda quando facendo fìnta di essere

dei posteggiatori si sono inculati una Ferrari con tanto di te-

lefono. Sono stati in giro tutta la notte, chiamando tutti, te-

lefonando ad amici in America, a donne appena conosciute,

prendendo a parolacce genitori ancora insonnoliti. Quando so-

no andati a riportare il cane alla Giacci. E Pollo che non vole-

va restituirglielo.

"Cazzo, mi sono troppo affezionato ad Arnold. È un mito

questo cane. Perché glielo devo ridare a quella vecchia befa-

na? Sono sicuro che, se potesse scegliere, Arnold resterebbe

con me. Cazzo, non si è mai divertito così tanto in vita sua, lo

faccio chiavare tutti i giorni, dorme con me, mangia da favo-

la, che può volere di più?"

"Sì, però a insegnargli a fare il riporto non ci sei riuscito..."

"Mi basta un'altra settimana e ce la fa, ne sono sicuro."

Step ride, poi citofonano alla Giacci. Le lasciano il cane le-

309

gato al cancello con una corda al collo. Si nascondono là vici-

no, dietro una macchina. Vedono la Giacci uscire di corsa dal

portone, liberare il cane e abbracciarlo. Si mette a piangere

stringendoselo al petto.

"Mortacci, peggio di Merola" commenta Pollo da lontano.

Poi l'incredibile.

La Giacci toglie al cane quella specie di guinzaglio e lo get-

ta lontano. Arnold salta a terra, corre veloce, abbaiando come

un pazzo. Poco dopo torna dalla Giacci con la corda in bocca,

scodinzolando, fiero di quel riporto perfetto. Pollo non ce la fa

più. Sbuca fuori dalla macchina urlando di gioia: "Lo sapevo!

Cazzo lo sapevo! Ce l'ha fatta!".

Pollo si vuole riprendere Arnold. La Giacci urla come una

pazza correndo verso di loro, il cane continua a fissare quei

suoi due strani padroni con molti meno dubbi di Buck. Step

si carica l'amico sulla moto tirandolo per un braccio. E poi di

corsa, fuggendo veloci, gridando come mille altre volte. Di gior-

no, di notte senza fari, urlando a perdifiato, spavaldi, padroni

di tutto, padroni della vita. E questa consapevolezza gli fa an-

cora più male. Si sentivano immortali, e non lo erano.

"Come stai?"

Step si gira. È Madda. Il suo sorriso nascosto dall'orlo di

un bicchiere pieno di bollicine, i suoi capelli frizzanti come il

suo sguardo.

"Ne vuoi?" Step alza la sua birra.

"Ah." Madda è quasi delusa ma cerca di nasconderlo. "Che

fai di bello stasera? Dove ceni?" Gli si avvicina di più.

"Ancora non lo so, non ho deciso."

"Perché non resti qui? Stiamo tutti insieme. Come ai vec-

chi tempi. Dai!"

Step la fissa per un attimo. Quante notti, quanta passione.

Le corse insieme a lei, il suo giardino, la finestra, il suo corpo

caldo, fresco, le canzoni di Eros. Quello sguardo provocante,

lo stesso di quel momento. Step la guarda ancora per un atti-

mo. Vede un ragazzo sullo sfondo che lo fissa incuriosito, di-

sturbato, chiedendosi se è il caso di intervenire. Vede una ra-

gazza ancora più lontano, da qualche parte, in quella città, in

una macchina, a una festa, vicino a qualcun altro. Si chiede

com'è possibile. Eppure è tutta qui nel mio cuore. Step passa

la mano tra i capelli di Madda. Scuote la testa sorridendole.

Lei alza le spalle.

"Peccato."

Madda raggiunge il tipo dallo sguardo duro. Quando si gi-

ra Step non c'è più. Sullo scalino c'è solo la lattina di birra vuo-

310

ta. Il rumore dello stereo copre la porta che si chiude. Fuori

ora fa freddo. Step si chiude bene il giubbotto di pelle. Si tira

su il bavero coprendosi il collo. Poi senza quasi volerlo accen-

de la moto. Quando la spegne è sotto il comprensorio di Babi.

Rimane lì seduto sull'Honda, guardando la gente che passa,

frettolosa, piena di pacchi. Un ragazzo e una ragazza per ma-

no fìngono interesse per qualcosa dietro una vetrina. I loro re-

gali sono sicuramente a casa, già incartati. Ridono sicuri di

aver scelto bene e se ne vanno lasciando il posto a una madre

con una figlia, stesso naso ma di differente età. Fiore esce dal-

la guardiola, fa alcuni passi davanti al cancello e saluta Step

con un cenno. Poi senza dire nulla torna al caldo. Step si chie-

de se sa. Che sciocco. I portieri sanno sempre tutto. L'avrà vi-

sto di sicuro. Conoscerà di persona quello che io ho saputo so-

lo per telefono.

"Pronto?"

"Ciao."

Rimane per un attimo in silenzio, senza sapere che dire,

lasciando libero il suo cuore di correre sfrenato. Sono più di

due mesi che non batte così. Poi la domanda più banale: "Co-

me stai?".

Poi mille altre, piene d'entusiasmo. Piano piano perderlo

tutto, nelle sue parole inutili, piene di notizie cittadine, di no-

vità vecchie d'interesse, almeno per lui. Perché ha telefonato?

Ascolta il suo inutile parlare facendosi ogni momento quella

domanda. Perché ha chiamato? Poi improvvisamente lo sa.

"Step... mi sono messa con un altro."

Rimane in silenzio, colpito come non è mai stato in vita

sua, più di mille pugni, di ferite, di cadute, più di capocciate

in faccia, di morsi, di ciocche di capelli strappati. Allora fa-

cendosi forza rincorre la sua voce, la trova lì, in fondo al cuo-

re e la costringe a venir fuori, a controllarsi.

"Spero che sarai felice."

Poi più niente, il silenzio. Quel telefono muto. Non può es-

sere. È un incubo. Voler correre indietro nel tempo, e lì, poco

prima di aver saputo, in bilico fermarsi, senza più vivere, sen-

za andare avanti. In un magico, terribile equilibrio. Solo nel

letto, prigioniero della sua mente, di ipotesi, di idee vaghe sen-

za forma. Facce di persone intraviste, di possibili amanti ap-

paiono e si mischiano fra loro prestandosi nasi, occhi, bocche,

corpi. Si immagina lei tra le braccia di qualcun altro. Il suo vi-

so, vicino a quello di un lui immaginario ma purtroppo ben

esistente. Allora la vede sorridere. Quale può essere stato il lo-

ro primo approccio, il primo bacio. La immagina a casa pre-

311

pararsi nervosa prima di uscire, provando vestiti, accostando

colori, piena di entusiasmo, di novità. Sente il cuore di lei bat-

tere più felice al suono di un citofono. La vede uscire dal por-

tone bella come è stata tante volte per lui, più bella ancora per-

ché adesso non lo è più. La vede salire su una macchina sicu-

ramente ricca, salutare qualcuno divertita con un bacio sulla

guancia e allontanarsi con lui, già chiacchierando. Freschi e

frizzanti, pieni di cose facili da dirsi, assaggiando i profumi

dell'altro e fantasie comuni. E poi una cena di sguardi e di at-

tenzioni, di sorrisi, educazione, una cena tutta scena. Più tar-

di la vede passeggiare da qualche parte in quella città, lontana

da lui, dalla loro vita, dai mille ricordi. La vede spostare i ca-

pelli come ha sempre fatto ma adesso per un altro, vede lei che

sorride e lentamente le loro labbra avvicinarsi. Allora come

non mai soffre. Poi si chiede. Perché se un Dio c'è, l'ha per-

messo? Perché non l'ha fermata? Perché in quell'attimo non le

ha fatto vedere qualcosa di me, qualcosa di splendido, il ri-

cordo più bello, uno spiraglio d'amore trascorso? Qualunque

cosa che potesse non dar vita a un estraneo futuro, troppo tar-

di, a quel bacio ormai nato.

Step sente un brivido caldo per tutto il corpo, trema leg-

germente. Poi scende dalla moto e si mette a passeggiare. Qual-

cosa di un negozio gli piace. Entra a comprarla. Quando esce,

si sente morire. Una Thema passa veloce davanti a lui. Ma non

così veloce perché i loro sguardi non possano incontrarsi. In

quell'attimo si parlano di tutto, soffrono di molto, questa vol-

ta di nuovo insieme. Babi è lì, dietro quel vetro elettrico. Si in-

seguono ancora un po' con i loro vecchi ricordi, con una nuo-

va tristezza. Poi lei sparisce nel comprensorio. Perché? Dove

sono finiti tutti quei pomeriggi, quelle notti clandestine quan-

do i suoi erano fuori. E ora vicino a lei c'è quello. Chi cazzo è?

Che c'entra nella sua vita? Nella nostra vita? Perché? Si siede

sulla sua moto. L'avrebbe aspettato. Poi gli viene in mente tut-

to quello che gli ha sempre detto Babi.

"Io odio i violenti, se continui a fare come ti pare non sta-

remo più insieme, te lo giuro."

"Va bene, cambierò" ha abbozzato.

Ma ora? Ora sono le cose a essere cambiate. Non stanno

più insieme ora. Non hanno bisogno di nascondersi adesso.

Non deve più essere un altro. Può essere se stesso, come e quan-

do vuole. E libero, ora. Violento e solo. Di nuovo. La Thema si

ferma davanti alla sbarra. Aspetta che lentamente si alzi poi

esce dal cancello. Step accende la moto e mette la prima. Scen-

312

de veloce dal marciapiede e segue la macchina. Il tipo ora è so-

lo e guida veloce. Step da gas. Allo stop tanto dovrà fermarsi.

Sotto via Jacini c'è traffico, macchine in fila. Come sempre. La

Thema si ferma. Step sorride, si accosta alla macchina. Fa per

scendere dalla moto ma in quel momento capisce. A cosa ser-

virebbe colpire la sua faccia, vedere il suo sangue, sentire i suoi

gemiti? A cosa servirebbe prenderlo a calci, sfondargli la mac-

china, rompere i finestrini infilandoci la sua testa? Gli avreb-

be forse restituito nuovi giorni felici con lei, i suoi occhi inna-

morati, il suo entusiasmo? L'avrebbe fatto semplicemente dor-

mire soddisfatto quella sera. Forse neanche quello... Già gli

sembra di sentire le sue parole:

"Hai visto? Non mi sbagliavo su di te, sei un violento! Non

cambierai mai!".

Allora, senza guardare nella macchina da gas. La supera

tranquillo, libero, sulla sua moto, agile nel traffico di quel gior-

no di festa. Solo, senza curiosità, senza rabbia.

Continua ad accelerare sentendo il vento freddo sulla fac-

cia, l'aria della notte infilarsi nel suo giubbotto.

Vedi Babi, non è vero quello che pensi. Sono cambiato. E

poi si sa, a Natale sono tutti più buoni.

313

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Step entra in casa e attraversa il salotto poi all'improvviso

si ferma. Dalla stanza accanto vengono dei rumori, un allegro

cantare. Apre la porta della cucina. Paolo è lì, in piedi vicino

ai fornelli che traffica con delle pentole.

"Ehi, meno male, temevo non tornassi più! Sei pronto per

questo cenone favoloso?"

Step si siede a tavola. Non è in vena di scherzare ma è fe-

lice. Suo fratello si è dimenticato della questione della sera

prima.

"Come mai sei qui? Non dovevi andare a cena da Manuela?"

"Impegno rimandato. Preferisco stare con mio fratello. Fac-

ciamo un patto, però! Anche se il cenone fa schifo, tu lasci sta-

re i miei occhiali..." Paolo tira fuori dal taschino della giacca

un paio di occhiali nuovi di zecca. "Non ti dico quanto li ho

pagati sennò poi dici che penso sempre ai soldi. Comunque è

proprio vero, sotto Natale i negozianti se ne approfittano!"

Paolo posa sul tavolo vicino a Step un'enorme insalata con

rughetta, grana e pezzi di funghi chiari.

"Et voilà! Cucina francese!"

Step nota che si è messo un normale grembiule chiaro.

Quello a fiori che gli ha regalato Babi è attaccato vicino al la-

vandino. Si chiede se il fratello ci ha pensato.

"A parte gli scherzi, come mai non sei a cena da Manuela?"

"Ma che è stasera, un interrogatorio? È Natale, dobbiamo

essere felici, parliamo d'altro. È una brutta storia."

"Mi dispiace." Step prende un pezzo di grana e se lo met-

te in bocca.

"Sì, grazie. Cerca però di non finirti l'insalata, eh? Senti,

perché non vai di là e cominci ad apparecchiare? La tovaglia

è lì sotto."

Step ne prende una a caso.

"No, prendi quella rossa. È più pulita e poi è Natale. A pro-

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posito, hanno telefonato papa e mamma... volevano farti gB

auguri. Perché non li richiami?"

"Ho provato... è occupato." Step va in salotto.

"Perché non riprovi adesso?"

Step decide di non rispondere.

"Fai come vuoi... Io te l'ho detto." Paolo si brucia un dito

per controllare se la pasta è pronta. Anche lui decide di non in-

sistere.

Più tardi, sono seduti uno di fronte all'altro. Un piccolo al-

bero di Natale lampeggia su un mobile là vicino. La televisio-

ne è accesa ma senza volume, presentatori natalizi parlano sul-

la musica allegra dello stereo.

"Cavoli, Paolo, è buonissima questa pasta. Sul serio."

"Ci voleva un po' più di sale."

"No, secondo me va bene così." In un attimo ritorna pri-

gioniero dei ricordi. Babi metteva un altro po' di sale sempre

su tutto. Lui la prendeva in giro perché lo faceva comunque,

con ogni piatto, ancora prima di assaggiarlo.

"Ma provalo no, può essere che è già salatissimo."

"No, non capisci, a me piace proprio metterci il sale..." Dol-

ce testarda. No, non si capisce. Non si può capire. Com'è suc-

cesso? Come può non essere più? Come può stare con un al-

tro? Rivede quella macchina dalla guida sicura. Li immagina

stare insieme, abbracciati.

Di una cosa sono sicuro. Non potrà amarla come l'amavo

io, non potrà adorarla in quel modo, non saprà accorgersi di

tutti i suoi dolci movimenti, di quei piccoli segni del suo viso.

È come se solo a lui fosse stato concesso vedere, conoscere il

vero sapore dei suoi baci, il reale colore dei suoi occhi. Nessun

uomo mai potrà vedere ciò che ho visto io. Lui meno di tutti.

Lui reale, crudo, inutile, materiale. Lo disegna così, incapace

di amarla, desideroso solo del suo corpo, incapace di vederla

veramente, di capirla, di rispettarla. Lui non si divertirà a quei

dolci capricci. Lui non amerà anche la sua piccola mano, le

sue unghie mangiate, i suoi piedi leggermente cicciotti, quel

piccolo neo nascosto, non poi così tanto. Forse lo vedrà sì, che

terribile sofferenza, ma non sarà mai capace di amarlo. Non

in quel modo. La tristezza si impadronisce dei suoi occhi. Pao-

lo lo guarda preoccupato.

"Fa proprio schifo, vero? Se non ti va più, lasciala. C'è un

secondo favoloso."

Step alza il viso verso il fratello, scuote la testa cercando di

sorridere.

"No, Fa', è buona, sul serio." ' .iiwfc.'WM

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; "Ne vuoi parlare?" > , r.< , " * » " , , >, ,_

"No, è una brutta storia."

"Peggio della mia?" Step annuisce. Si sorridono. Uno sguar-

do fraterno nel vero senso della parola, forse solo allora per la

prima volta. Poi all'improvviso, il campanello della porta. Un

suono lungo e deciso spezza l'aria, portando con sé gioia e spe-

ranza. Step corre verso la porta, l'apre.

"Ciao Step."

"Oh, ciao Pallina." Cerca di nascondere la sua delusione.

"Vieni, vuoi entrare?"

"No grazie, sono passata a farti gli auguri. Ti ho portato

questo." Gli da un piccolo pacchetto.

"Lo apro adesso?"

Pallina annuisce. Step lo rigira tra le mani trovando il ver-

so giusto, lo scarta veloce. Una cornice in legno e dentro il re-

galo più bello che avesse mai potuto desiderare. Lui e Pollo

sulla moto, abbracciati, con i capelli corti, le gambe alzate, la

risata al vento. Qualcosa gli fa male dentro.

"Pallina, è bellissima. Grazie."

"Dio Step, quanto mi manca."

"Anche a me." Solo allora si accorge di com'è vestita Palli-

na. Quante volte ha visto quel giubbotto di jeans dietro la sua

moto, quante pacche gli ha dato, con amicizia, con forza, con

allegria.

"Step, ti posso chiedere una cosa?"

"Tutto quello che vuoi."

"Abbracciami." Step le si avvicina timoroso, allarga le brac-

cia e l'accoglie fra le sue. Pensa al suo amico, a quanto ne era

innamorata. "Stringimi forte, più forte. Come faceva lui. Sai

mi diceva sempre... Così non mi scappi più. Resterai sempre

con me." Pallina appoggia la testa sulla sua spalla. "E invece

se n'è andato lui." Comincia a piangere. "Me lo ricordi da mo-

rire, Step. Lui ti adorava. Diceva che solo tu lo capivi, che era-

vate uguali, voi due."

Step guarda lontano. La porta è leggermente sfuocata. La

stringe forte, più forte.

"Non è vero, Pallina. Lui era molto meglio di me."

"Si, è vero." Sorride tirando su con il naso. Pallina si stac-

ca da Step. "Be', ora vado a casa."

"Vuoi che ti accompagno?"

"No grazie. C'è giù Dema che mi aspetta."

"Salutamelo." «i-.hvr' u <, >' >. »\ . <^nr

"Buon Natale Step." "*> r f " '

"Buon Natale."

»w 1 **, i»'?

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La guarda entrare nell'ascensore. Pallina gli sorride un'al-

tra volta poi chiude le porte e spinge il bottone T. Mentre scen-

de tira fuori dal giubbotto il suo pacchetto di Carnei light. Si

accende l'ultima sigaretta, quella capovolta. Ma la fuma con

tristezza, senza speranza. Sa che il suo unico, vero desiderio,

è irrealizzabile.

Step va in camera sua e posa la foto sul comodino poi tor-

na a tavola. Vicino al suo piatto c'è un pacco incartato.

"E questo che cos'è?"

"Il tuo regalo." Paolo gli sorride. "Non lo sai che a Natale

ci si scambiano i regali?"

Step comincia ad aprire il pacco. Paolo lo osservava diver-

tito.

"Ho visto che ieri hai bruciato tutti quei disegni e ho pen-

sato che ora non hai più niente da leggere."

Step lo scarta del tutto. Gli viene quasi da ridere. I y

"II mio nome è Tex." r^a

II fumetto che più odia.

"Se non ti piace lo puoi cambiare."

"Scherzi Paolo, grazie. Non ce l'ho sul serio. Aspetta un at-

timo, anch'io ho qualcosa per te."

Poco dopo torna dalla sua camera con un astuccio. L'ha

comprato quel pomeriggio mentre aspettava sotto casa di Ba-

bi. Prima di vederla. Preferisce non pensarci.

"Tieni."

Paolo prende il regalo e lo apre. Un paio di Ray-Ban neri

Predator appaiono nelle sue mani.

"Sono come i miei. Sono durissimi e non si rompono mai.

Anche se qualcuno te li fa cadere per terra." Gli sorride. "Ah,

a proposito, non li puoi cambiare."

Paolo se li mette.

i "Come ci sto?"

"Benissimo! Cazzo, sembri un duro. Metti quasi paura."

Poi improvvisamente appare nella sua mente, lucida, per-

fetta, divertente.

"Senti Pa', ho un'idea ma non mi dire di no come al solito.

Oggi è Natale, non me lo puoi rifiutare!"

Il vento freddo gli scompiglia i capelli.

"Potresti rallentare, Step?"

"Ma se sto a ottanta."

"In città non bisognerebbe superare i cinquanta."

"Piantala, lo so che ti piace." Step accelera. Paolo lo ab-

braccia forte. La moto corre veloce per le strade della città, at-

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traversa incroci, supera semafori gialli, silenziosa, agile. I due

fratelli sono sopra di lei abbracciati. La cravatta di Paolo si li-

bera dal giubbotto e sventola allegra nella notte i suoi rombi

seri. Più in alto sotto i nuovi occhiali scuri, Paolo guarda ter-

rorizzato la strada, pronto a notare qualsiasi pericolo. Davan-

ti a lui Step guida tranquillo. Il vento accarezza i suoi Ray-Ban.

Alcune persone posteggiano frettolose in seconda fila davanti

a una chiesa. Vanno a messa. Religiosità natalizia, preghiere

appesantite dal sapore di panettone. Per un attimo viene an-

che a lui la voglia di entrare, di chiedere qualcosa, di pregare.

Ma poi si chiede cosa gliene può importare a Dio di uno

come me, di uno così. Niente. Dio è felice. Lui ha le stelle. Guar-

da in alto, nel cielo. Nitide, a migliaia appaiono immobili bril-

lando. Improvvisamente quel blu gli sembra lontano come non

mai, irraggiungibile. Allora accelera, mentre il vento gli pun-

ge la faccia, mentre gli occhi cominciano lenti a lacrimare e

non solo per il freddo. Sente Paolo che si stringe più forte a lui.

"Dai Step, non correre. Ho paura!"

Anch'io ho paura Paolo. Ho paura dei giorni che verranno,

di non farcela a resistere, di quello che non ho più, di quello

che sarà preda dei venti. Leva un po' di gas. Scala dolcemen-

te. Per un attimo gli sembra di sentire la risata di Pollo. Quel-

la risata forte e allegra. La sua faccia, la sua voce amica.

"Cazzo Step, ci divertiamo, eh?" E giù birra e giù nottate,

sempre insieme, sempre allegri con la voglia di vivere, di fare

a botte, con una siga a mezzi e tanti sogni. Allora da di nuovo

gas. All'improvviso, di scatto. Paolo urla, mentre la moto si al-

za. Step continua così, accelerando su una ruota sola, pinnando

come ai bei tempi, sorridendo a quel mazzo di fiori fermo sul

ciglio della strada.

Lontano, più lontano, sul divano di una casa elegante, due

corpi nudi si accarezzano.

"Sei bellissima." Lei sorride vergognandosi, ancora un po'

estranea. "Ma cos'è questo?"

.,»j Un leggero imbarazzo. "Niente, un tatuaggio."

"È un'aquila, vero?"

"Sì." Poi un'amara bugia. "L'ho fatto con una mia amica."

E in quel momento non c'è nessun gallo a cantare. Ma un

senso di tristezza le prende ugualmente il cuore. E un cattivo

destino radiofonico si accanisce contro di lei, quasi a punirla.

Beautiful. La loro canzone. Babi comincia a piangere.

"Perché piangi?"

"Non lo so." *> « tf, * *}'>>' " ,.n . /*" *> 1 >*"!<.>'>!>.,

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Non trova nessuna risposta. Forse perché non ce ne sono.

Altrove gente gioca urlando e facendo confusione. Fiches

colorate cadono su panni verdi. Stanche nonne vengono riac-

compagnate a casa. Una ragazza bruna si addormenta ro-

mantica stringendo il cuscino. Sogna di incontrare quel ra-

gazzo che ha visto passare.

Dolcemente la ruota torna a terra, così, come si è alzata,

senza problemi.

Paolo torna a respirare. Step rallenta. Sorride.

È estate. Sono tutti e due piccoli. Sua madre e suo padre

sono lì, felici sotto l'ombrellone. Chiacchierano su due sdraio

azzurre, quelle con il nome dello stabilimento sopra. Step esce

dall'acqua correndo verso di loro, con i capelli bagnati, con

gocce salate che gli scendono giù sulle labbra.

"Mamma, ho fame!"

"Prima cambiati il costume e poi ti do la pizza."

Allora sua madre lo avvolge con un grosso asciugamano.

Glielo tiene sulle spalle sorridendo. Lui si sfila ubbidiente il

costume. Poi, timoroso di restare nudo, si infila subito quello

asciutto. Cerca di non sporcarlo con la sabbia bagnata e più

scura che è lì sulle sue caviglie. Non ci riesce. Sorride ugual-

mente. Sua madre lo bacia. Ha delle labbra morbide e calde e

un profumo di sole e di crema. Step corre via felice, con il suo

pezzo di pizza bianca in mano. Morbido, ancora caldo, con il

bordo croccante, proprio come piace a lui.

Piano piano la moto inizia a curvare. È ora di tornare a ca-

sa. È ora di ricominciare, lentamente, senza strappi al moto-

re. Senza troppi pensieri. Con un'unica domanda. Tornerò mai

lassù, in quel posto così difficile da raggiungere. Lì, dove tut-

to sembra più bello. E nello stesso istante in cui se lo chiede,

purtroppo, sa già la risposta.

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