I

Anche Sofia aprì il menu. «Bene, e toglimi una curiosità…» Si affacciò da dietro la carta del ristorante. «Da quand’è che tu mi dai retta?»

«Da quando ho capito che la nostra amicizia poteva essere veramente a rischio.»

Sofia si rituffò nel menu e continuò a parlare. «Brava! Oh, così ti voglio. Attenta e intelligente, come a volte non sei… Dammi un’altra buona notizia, finite le scopate folli con il ragazzino?»

«Ehm.»

Sofia abbassò di nuovo il menu e si accorse che il cameriere era davanti a loro con in mano il blocchetto delle ordinazioni. Sperò solo che non avesse sentito. Il suo sorriso divertito però indicava il contrario.

«Scusate il disturbo. Volete ordinare o torno dopo?»

Sofia decise di fregarsene. «Ordiniamo ora. Per me una Caesar salad e poi della frutta. Cosa avete?»

«Tutto… Uva, pesca, cocomero, melone…»

«Ok, una pesca, anzi no, la macedonia ce l’avete?»

«Sì.»

«Allora una macedonia.»

Il ragazzo segnò sul blocchetto. «Acqua?»

«Naturale.»

«Ok.» Poi aggiunse anche l’ordinazione di Lavinia, che prese i tonnarelli cacio e pepe e un dolce.

«Tanto poi devo andare in palestra…» si giustificò Lavinia con Sofia facendole l’occhiolino. «Così smal-tisco…»

«Sì, immagino. Allora? L’hai lasciato o no?»

«Ma mica stiamo insieme per ora, quindi non posso lasciarlo.»

«Va bene, hai smesso di frequentarlo o no?»

«Non credo.»

«Senti, io capisco che all’inizio tutto ti sembri fantastico…»

«Non è solo quello, è che ci sto proprio bene fisicamente, cioè, io del sesso così non l’ho mai fatto… Godo come non ho mai goduto in vita mia…»

Proprio in quel momento tornò il cameriere, posò l’acqua sul tavolo, l’aprì e la versò nei bicchieri. Le due ragazze rimasero in silenzio fino a quando andò via.

Sofia prese il bicchiere. Lavinia seguiva con lo sguardo il cameriere. «Secondo me ci ha preso per due ma-niache. Però… Non è male.»

«Ora anche lui! Crederà che veniamo apposta qui per cercare carne fresca.»

«Non ho capito perché devono essere sempre gli uomini a scegliersi delle donne più giovani…»

Sofia finì di bere e si riempì di nuovo il bicchiere.

«Mi hai fatto venire fin qui per farmi capire cosa mi sto perdendo?»

«In un certo senso…»

«Senti, ho litigato con Andrea per te, non succedeva credo da cinque anni, il giorno dopo mi ha anche tenuto il muso… Piuttosto, com’è andata la serata dell’anniversario?»

«Eh, benissimo, pizza e cinema, poi siamo tornati a casa e abbiamo fatto l’amore nel modo più classico, a letto! Io però ce l’ho messa tutta per farmi sentire calda e passionale! Mi sono inventata dei numeri…»

«Lavinia!»

«Almeno penserà che mi va ancora di scopare… E

meglio se non sospetta nulla, non credi?»

«Ah certo, e secondo te non lo sa? Io credo che abbia capito che non eravamo insieme quella sera…»

«Perché?»

«L’ho visto da come mi guardava…»

Arrivarono la Caesar salad e i tonnarelli cacio e pe-pe. «Ecco qua. Qui c’è del parmigiano, se lo vuoi.» Si allontanò.

«Grazie…»

«Hai visto? Mi ha dato del tu!»


«Eh già.»

«Si vede che sembro ancora una ragazza. Certo che ha proprio un bel culetto quello lì…»

«Ti sei bevuta il cervello.»

«E dai, l’ho detto apposta. Comunque tu mi dovevi reggere il gioco con Andrea, hai sbagliato a “consegnarmi”.»

«Ma se la sera prima ero con lui come poteva credere che invece ero fuori con te!»

«E che ne so io, in qualche modo avresti potuto fare.

Quando ti ho conosciuta avevi molta più fantasia, qualcosa ti saresti inventata…»

«Senti basta, ci rinuncio.»

Sofia si tuffò sull’insalata infilzando le foglie quasi con rabbia. Una dopo l’altra fino a prendere anche un crostino sul fondo e, fatta una bella forchettata, se la mise in bocca.

Lavinia si accorse che delle foglie le uscivano dalla bocca, si mise a ridere.

«Ehi, così ti strozzi…»

«Mmm» disse lei senza riuscire a farsi capire.

«Cosa hai detto?»

Sofia aveva finalmente masticato un po’ e mandò giù il boccone. «Che strozzerei te!»

«Grazie, bell’amica… E io che ti metto davanti a tutto.»

«Sì, senz’altro… Non mi far dire cosa metti tu davanti a tutto.»

«Ok. Sai perché ti ho invitato qui?»

«Spero non per copertura.»

«No. Ho capito la storia, non ti metterò più in mezzo, non ti preoccupare.»

«Senti, forse non hai capito bene come sono andate le cose…» Sofia smise di mangiare e posò le posate sul piatto. «Andrea si è sentito in colpa, ha pensato a Stefano, a tutto quello che ha fatto e fa per lui e a come invece lo stava ripagando…»


«Cioè?»

«Non dicendogli niente, si è sentito anche lui un tuo complice.»

Lavinia chinò la testa sul piatto e cominciò a raccogliere un po’ di pasta. «Andrea è esagerato.»

«Forse, ma tu non puoi decidere della sensibilità degli altri.»

Lavinia fece cadere la forchetta nel piatto. «E voi non dovete decidere della mia!» Alzò la voce così tanto che alcuni ragazzi del tavolo vicino si girarono verso di loro.

Lavinia se ne accorse e si tranquillizzò.

Sofia riprese a parlare a bassa voce.

«Già, c’è solo una differenza. Tu ci hai tirato dentro i tuoi casini senza chiederci il permesso e, nel caso tu non l’avessi ancora capito, noi non volevamo esserci.»

Lavinia rimase in silenzio. Questa volta sembrava aver capito il messaggio. «Ok, lasciamo stare. Ormai è fatta.»

Continuarono a mangiare. Sofia invece decise di riprendere il discorso. «Forse non lo sai, ma Andrea voleva dire tutto a Stefano.»

«Sì? Be’, mi avrebbe fatto un favore. Prima o poi glielo dirò io.»

«Sei libera di fare quello che vuoi. Io ti consiglio di non dire nulla.»

«Ma che senso ha. Non ti capisco. Anche mia madre mi ha detto la stessa cosa.»

«GliePhai raccontato?»

«Certo, di lei mi fido…» Rimase un attimo in silenzio.

«E anche di te. Solo che avete tutte e due una visione borghese.»

«Forse ti stiamo solo consigliando in maniera ma-tura. Non mi sembri una persona molto equilibrata in questo periodo…»

«Perché?»

«Fino a qualche mese fa avevi addirittura deciso di fare un figlio con Stefano e ora? Stai addirittura con un altro.»

«Non sto con un altro, ci vado a letto. E non chiamare le cose col loro nome è quello che io definisco visione borghese.»

«Va be’, ora scopi con uno e poco fa volevi un figlio da tuo marito. Va meglio così?»

«Abbastanza. Forse se quel figlio non è arrivato è un segno del destino, anche aver conosciuto Fabio potrebbe essere un segno del destino. Tu non credi nei segni?»

«No.»

«Però credi in un voto…»

«Sì.»

«Anche questo è borghese.»

«No.»

Lavinia si pulì la bocca. «Hai una forza che ti invidio.»

Sofia sospirò. «No. Non sono così forte. È che non mi rimaneva altro.» E subito aggiunse: «Ora però sto bene». Le sorrise. «Non dobbiamo litigare. È che questa tua storia mi ha scombussolato…»

Lavinia le sorrise. «Ma io sono sempre io, sono la tua amica casinara… che scopa solo un po’ di più!»

«Ah.» Sofia stava per riprendere a parlare quando Lavinia la fermò. «Dai, stavo scherzando.» Poi le fece un bellissimo sorriso. «In realtà ti ho invitato qui perché ho una sorpresa per te.» E senza darle il tempo di replicare tirò fuori dalla tasca un biglietto.

Sofia rimase senza parole. «Gli U. Non ci posso credere!»

Lavinia era tutta contenta. «Hai visto? E tu che mi vuoi sempre e solo cazziare…»

«Perché te lo meriti! Ma quand’è il concerto?»

«Stasera.»

«Cavoli, mi potevi avvisare prima.»

«Lo so, ma non ne ero sicura. Non sai che ho dovuto fare per trovarli!»


«Avrei avvisato Andrea, a che ora è?»

«Alle, è perfetto, dai, ti vengo a prendere fuori dalla chiesa e andiamo al concerto come due sedicen-ni.»

Proprio in quel momento tornò il ragazzo. «Allora, com’erano? Ma non l’avete finito!»

«Ci è passata la fame. Puoi portarci la macedonia e il dolce, per favore?»

«Come volete.» Prese i piatti e si allontanò.

Sofia cercò il telefonino nella borsa e chiamò Andrea. «Ciao, che fai?»

«Sto lavorando al computer, tutto ok?»

«Sì, sono a pranzo con Lavinia…»

Sofia, accorgendosi che l’amica la stava guardando, si alzò e uscì dal locale. Lavinia bevve un po’ d’acqua, poi guardò l’amica che camminava su e giù con il telefonino appoggiato all’orecchio. Stava spiegando tutta la storia ad Andrea, o almeno quella che lei credeva di conoscere. Come avrebbe reagito quando lo avrebbe scoperto?

Sperò solo che non si arrabbiasse troppo. Forse aveva sbagliato ma ormai era tardi, non poteva fare più nulla.

Proprio in quel momento Sofia rientrò e si sedette davanti a lei. Era felice. «Non c’è problema. Andrea si organizza da solo, ordina una pizza, l’ha fatto altre volte.»

Arrivarono la macedonia e il dolce. Iniziarono tutte e due a mangiare.

«Com’è?» chiese Sofia indicando il tiramisù.

«Buonissimo… Vuoi?»

«Non dovrei… Ma oggi è una giornata diversa…» Allungò la forchetta e staccò un pezzo di tiramisù. «Uhm, buono, si mangia bene qui.»

«Sì!»

«Cosa ha detto Andrea? E contento che verrai con me al concerto o no?»

«Sì. Gli ho dovuto inventare che avevamo fatto una litigata pazzesca per il tuo comportamento, io avevo mi-nacciato di non vederti più e tu avevi cercato di recupe-rarmi oggi con gli U…»

«È quasi vero…»

«E sai cosa mi ha detto anche?»

«Cosa?»

«Ma non è che vi coprite a vicenda?»

Lavinia si stava per strozzare. Bevve un po’ d’acqua.

Andrea non sapeva quanto ci era andato vicino.

«Capisci come mi vede ora? Colpevole come te…

Con una piccola differenza.»

«Quale?»

«Che tu scopi con un altro e io no!»

«Già…» Lavinia avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro ma pensò che fosse meglio di no.

«Gli uomini che amano sono gelosi.»

«Sarà…»

Sofia mangiò gli ultimi pezzetti di pesca. «Solo una cosa è strana.»

Lavinia si sentì gelare. “Oh no” pensò. “Cosa ho sbagliato? Lo sapevo, lo sapevo…” «Cosa?» chiese cercando di nascondere il più possibile la sua paura.

«Gli U sono uno dei gruppi rock per i quali impazzi-sco… Solo che… Anche prima ci stavo pensando, io non te l’ho mai detto, noi due non ne abbiamo mai parlato…»

Lavinia non perse tempo. «E perché ormai perdi colpi. Eravamo a casa tua, guardavamo un film alla tv tutti e quattro insieme e c’è stata la pubblicità del loro concerto, tu sembravi come impazzita.»

«Ma quando?»

Lavinia mangiò un altro cucchiaio del tiramisù fingendo naturalezza. «Mah… mi sembra due o tre anni fa.»

«Non mi ricordo.»

«Vuoi?» Lavinia le offrì l’ultimo pezzo del tiramisù cercando di distrarla.

«No, no grazie.» Allora se lo mangiò lei con un sospiro. Ormai era diventata un’attrice perfetta.


Sofia guardò l’orologio.

«E tardissimo… Devo scappare! Paghi tu? Tanto te li restituisco stasera… Ok?»

«Ma sì certo, non ti preoccupare.»

Sofia prese la borsa ma prima di andarsene si girò. «E

qual è il mio cantante preferito, anche più degli U?»

«No, questo non me lo hai mai detto!»

«Norah Jones!» E scappò via veloce.

Lavinia si sedette di nuovo, era sfinita. Chissà come sarebbe andata. Forse dopo quella sera Sofia avrebbe capito la sua storia con Fabio. Oppure non avrebbe capito niente e lei avrebbe perso un’amica. Ormai i giochi erano fatti. Guardò i due tagliandi. E comunque aveva rimediato quei biglietti degli U gratis e, se tutto fosse andato come sperava, avrebbe avuto anche la copertura di Sofia. Prese il cellulare e iniziò a scrivere il messaggio. Guardò l’ora. Si era molto raccomandato. L’avrebbe dovuto mandare tra mezz’ora esatta.

Sofia arrivò di corsa davanti alla chiesa dove c’era la scuola di musica, era fuori allenamento, forse avrebbe dovuto fare come Lavinia e iscriversi in palestra, ma non per distrarsi, solo per avere un po’ di fiato in più. Poi all’improvviso rallentò. Davanti alla scalinata vide una donna, l’aveva già conosciuta da qualche parte ma non ricordava dove. Le sorrideva venendole incontro.

«Buonasera, sono Ekaterina Zacharova, ti ricordi di me? Abbiamo studiato insieme ai primi anni di formazione al Conservatorio di Santa Cecilia.»

Ecco chi era! Come aveva fatto a non riconoscerla?

«Ma certo, come stai?»

«Bene grazie.»

«Sai che per un periodo Olga Vassilieva ha seguito anche me?»


Se lo ricordava benissimo, ne era stata anche molto gelosa. Ma questo non lo avrebbe mai ammesso. Ekaterina era più grande di lei, aveva cominciato prima ed era naturale che in quel periodo avesse vinto più concorsi di lei. Poi però aveva abbandonato tutto, si era sposata, aveva avuto dei figli e Sofia l’aveva persa di vista.

Ora che la guardava meglio, si notava la loro differenza d’età. Aveva il viso segnato e quei capelli scuri, che allora erano la ragione del suo fascino, avevano perso quella lucentezza. Sofia era curiosa ma era anche molto in ritardo, doveva trovare il modo per tagliare corto.

«Be’, è stata una bella sorpresa. Che fai da queste parti? Abiti in zona?»

«Veramente no. Abito a Firenze, sai, insegno lì, ma oggi mi hanno chiamato per sostituirti.»

Sofia rimase senza parole. «Sostituirmi?»

«Sì.» Poi rise quasi imbarazzata. «Mi hanno offerto così tanto che non potevo dire di no. E come un anno di lezioni.» Le si avvicinò e le disse quasi all’orecchio in tono confidenziale: «Sai, sono divorziata. Ho avuto molti problemi ultimamente, questa di oggi è l’unica cosa bella che mi sia capitata nell’ultimo anno…».

Ekaterina la guardò meglio. Non aveva immaginato questa reazione. «Non sarà un problema per te, vero?

Mi hanno già pagato.»

«No, è che non sapevo nulla… Ma chi è stato?»

«Ah non lo so… È venuto da me un signore molto elegante, avrà avuto sui sessant’anni, è stata la scorsa settimana. Mi ha organizzato viaggio, albergo e mi ha pagato subito in contanti.»

Poi Ekaterina vide che Sofia aveva gli spartiti sottobraccio. «Posso?»

Sofia la lasciò fare, incapace di reagire.

«Ah, anche tu usi Hanon per gli esercizi di tecnica…

È quello che adoro! E l’ideale per i primi passi sul pianoforte, anch’io uso gli stessi testi, sai? Meglio così…


Ora vado, è già arrivato uno dei tuoi ragazzi. Vedrai che li metterò a loro agio.» Si era accorta che Sofia era rimasta senza parole e cercò di essere carina.

«Non essere gelosa. È solo per oggi. Saranno ancora più felici quando tornerai. Sei sempre stata così brava, deve essere un onore fare scuola con te.»

Poi salì le scale veloce.

Ekaterina Zacharova sparì all’interno della chiesa e improvvisamente un’auto si fermò dall’altra parte della strada. Rimase con il motore acceso, aveva i vetri scuri.

Sofia si chiese se fosse un caso. Quando lo sportello si aprì, fu tutto chiaro.


Scese dall’auto sorridendo, allargò le braccia alzando le mani in alto come per scusarsi. «Aspetta, non ti arrabbiare.» Tancredi la guardò cercando di convincerla.

«Ti rubo solo un minuto…»

Sofia non ci voleva credere, stava sognando. Tancredi le andò incontro mentre lei scendeva dalle scale. Era piuttosto arrabbiata.

«Come ti permetti di entrare nella mia vita senza permesso?»

«Ma non sono entrato, ho solo dato una sbirciatina e ho visto che lavori troppo.»

Era una storia completamente assurda. Sofia pensò che fosse meglio andarsene a casa. Tancredi la stava os-servando. Capì quali erano i suoi pensieri.

«Ok, allora facciamo così, oggi pomeriggio stiamo un po’ insieme e uniamo l’utile al dilettevole.» Si accorse che Sofia stava per innervosirsi, così continuò. «Il dilettevole potrebbe essere che fai una piccola vacanza ma soprattutto una buona azione, visto che Ekaterina Zacharova, come sai, non se la passa troppo bene. L’utile, che ci conosciamo.»

«E perché dovrebbe essere utile?»

«Perché così poi deciderai se vuoi ancora vedermi, altrimenti sparirò.»

«Lo avevi già promesso e invece eccoti qui.»

«No. Passavo per caso quando ti ho vista su quella scalinata e ho capito che improvvisamente avevi il pomeriggio libero… A proposito, non ti sembra strano che ci incontriamo sempre di fronte a una chiesa?»

«Non mi sembra strano. Mi sembra tutto assurdo…»

Tancredi era lì di fronte a lei. Indossava una giacca blu, una camicia bianca e un paio di pantaloni di cotone grigi. Era molto elegante. Sofia non riusciva a capaci-tarsi di quella situazione. Era accaduto di nuovo e le dava fastidio quell’intrusione nella sua vita. Era anche vero che la costanza di Tancredi aveva in qualche modo acceso la sua curiosità.

«Tu non ti arrendi mai, eh?»

«Quasi mai. A volte sì, solo quando mi rendo conto che potrei diventare maleducato. Se mi dirai di non cer-carti più, questa volta lo farò.»

«Manterrai sul serio la parola?»

Tancredi incrociò le dita sulla bocca. «Giuro.»

Sofia si mise a ridere. «Non vedevo un gesto del genere da quando ho smesso di fare gli scout! Circa vent’anni fa!»

«Vedi, ci volevo io per farti tornare scout e soprattutto per farti ridere.»

Sofia alzò un sopracciglio. «Non ci vedremo più do-po oggi?»

«Se non vorrai tu no, te l’ho già detto.»

«E se mi rapisci?»

Tancredi sospirò. «Gregorio?» Si aprì il finestrino davanti. E si affacciò Savini. «E vero che non la rapi-sco?»

«Assolutamente no, signora, si può fidare.»

Sofia guardò Tancredi che allargò le braccia come per dire: “Hai visto, come fai a non fidarti?”. Allora anche lei sorrise. In effetti la situazione era abbastanza divertente, non c’era niente di male a scambiare quattro chiacchiere con lui. Avrebbero fatto un giro e poi non si sarebbero più rivisti. Decise di accettare quell’invito.

«Ok.»


Tancredi aprì lo sportello dell’auto e la fece salire, poi lo chiuse e fece il giro dall’altra parte, salì anche lui e l’elegante Bentley Mulsanne partì silenziosa. Tancredi la guardò. Sofia sembrava a suo agio.

«Sono proprio contento di essere riuscito a convincerti, sarebbe stato uno sbaglio non darci quest’occasione di conoscerci un po’ meglio.»

Sofia alzò le sopracciglia. «Uno sbaglio per chi?»

«Per tutti e due forse…»

L’auto procedeva veloce. Tancredi spinse un pulsante e un grosso vetro di cristallo salì tra loro e l’autista.

Quando si chiuse Tancredi la guardò. Era più bella di come la ricordava, di come l’aveva vista in tutti quei filmati e in quelle foto. Mentre osservava la sua bocca, i suoi occhi che guardavano avanti, le sue mani immobili sulle gambe, si ricordò i temi che aveva letto, le sue poe-sie, le frasi che lei aveva sottolineato in quei libri, quelle che aveva scritto nei suoi diari. Si ricordò di come l’aveva vista da ragazza nelle foto del paese, su quel motorino…

Sofia si voltò verso di lui. «Hai ottenuto quello che volevi, sei contento?»

«Molto. E tu no?»

«Io non l’ho cercato.»

«Hai ragione.»

«E se fosse capitata a te una sorpresa del genere, co-me l’avresti presa?»

Tancredi sorrise. «Bella domanda. Mi ci fai pensare un attimo?»

«Certo.»

Sofia invece pensò alla sua vita, i suoi alunni con Ekaterina Zacharova, lei su quell’auto con uno sconosciuto. E poi suo marito. Cosa avrebbe detto Andrea di tutto questo? E all’improvviso si ricordò una frase di Lavinia.

“Il senso di colpa è della nostra cultura, ce lo ha in-culcato la Chiesa…”


“È così? Io mi sento in colpa?” E in quell’attimo ca-pì. “No. Mi sento libera.”

«Forse mi avrebbe fatto paura.»

Le parole di Tancredi la risvegliarono dai suoi pensieri. «In che senso?»

«Oggi il mondo è pieno di folli… Però se poi avessi visto Savini mi sarei tranquillizzato. Anzi, mi sarebbe piaciuta una sorpresa così. Me ne vuoi fare una anche tu?»

«Non sarei capace. Non sono testarda come te, non sarei mai riuscita a trovare Ekaterina. E poi quando mi dicono no a me basta una volta…»

«È che io faccio finta di non sentire.»

«Questa volta hai giurato.»

«È vero…» Rifece il segno degli scout e Sofia rise di nuovo.

«E comunque verso le venti e trenta devo essere di nuovo alla chiesa. Ho un impegno stasera.»

«Sicura?»

«Certo. Non ti dico bugie.»

Tancredi rimase un attimo in silenzio. «Allora facciamo così, se l’impegno di stasera salta stai con me.»

«È impossibile che sia saltato.»

«Allora scommettiamo.»

«E io cosa vinco?»

«Quello che vuoi. Vuoi scendere dalla macchina?

Hai paura?»

«Non ho paura.»

«Ma magari ci hai ripensato e non ti va più di stare con me.»

«Non ci ho ripensato.»

Sofia guardò avanti e le venne un’idea. «Se il mio impegno non è saltato tu mi lasci con questo signore qui davanti per tutto un giorno a mia scelta così che mi faccia da autista e mi porti dove voglio.»

«Compresa la macchina?»


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